Remco Evenepoel si appresta a conquistare la seconda Liegi-Bastogne-Liegi consecutiva (© ASO)
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Anche senza Pogacar, Remco è Heavenepoel

Il rischio di sottovalutare l'impresa del campione del mondo, anche a causa della delusione per il duello mancato con Pogacar, è alto. Ci stiamo forse abituando, con troppa superficialità, allo straordinario?

Non è carino, proprio per niente, caricare di pathos l'attesa per un duello che noi ciclomaniaci attendevamo da settimane, se non mesi, per poi lasciarci in preda a un senso di vuoto paragonabile a quello di un bambino a cui, subito dopo averlo ricevuto in regalo, viene rotto il giocattolo bramato per chissà quanto tempo. Già la foratura di Van Aert sul Carrefour de l'Arbre ci aveva tolto molto, ma questa volta è andata addirittura peggio. Hai voglia a consolarti pensando che di sfide tra quei due, in futuro, ne vedremo a volontà! No, la delusione per la conclusione più anticlimatica possibile della primavera più strabiliante dell'ultimo decennio non riesce proprio a passare.

Dopo giorni, settimane di attesa, dopo che Pogacar aveva sconfitto Van der Poel e Van Aert nel loro giardino di casa, per poi disporre con apparente semplicità dei suoi avversari come a Valkenburg così a Huy, candidandosi a diventare il primo uomo a poter abbinare la vittoria al Giro delle Fiandre con quella in tutte e tre le prove del Trittico ardennese, dopo aver atteso il ritorno di Evenepoel dal periodo in altura di preparazione alla Liegi e al Giro; bene, dopo tutto questo, non siamo riusciti a goderci nemmeno un secondo del primo, vero capitolo di una rivalità che promette di infiammare le prossimi stagioni. La diretta televisiva è, infatti, iniziata pochi minuti dopo il fattaccio, la caduta di Pogacar (e del povero Honoré che, suo malgrado, ha rovinato la festa a cui milioni di appassionati si stavano preparando), che lo ha costretto al ritiro prima e un'operazione la polso fratturato poi. Un evento più unico che raro, per uno i cui ritiri si contano sulle dita di due mani; una vera e propria iattura, che Pogacar aveva confessato di aver schivato per un pelo mercoledì, ma che oggi non gli ha lasciato scampo.

Da quel momento in poi, la corsa ha seguito l'andamento che era più logico immaginare: la Soudal-QuickStep ha preso in mano le redini della corsa e non le ha più lasciate, mettendo il proprio capitano nelle condizioni migliori per fare ciò che gli riesce meglio: demolire la concorrenza. Evenepoel non si è lasciato sfuggire l'occasione, ha attaccato - come l'anno scorso - sulla Redoute e si è involato verso Liegi scrollandosi di dosso il malcapitato Pidcock, costretto a un altro fuorigiri, dopo quello della settimana scorsa per provare a tenere l'accelerazione di Pogacar sul Keutenberg. A dispetto dell'anno scorso, l'azione di Evenepoel è stata ancora più mostruosa: tutti sapevano che avrebbe attaccato esattamente in quel punto, dopo il lavorone di Van Wilder, ma nessuno è riuscito a tenergli la ruota, con il solo Pidcock che, come accennato poco fa, è riuscito a rimanergli a ruota - riufiatondo di dargli il cambio: come biasimarlo… - per un paio di chilometri, dopo essere riuscito a rientrare nella discesa della Redoute.

Forse ci stiamo abituando con troppa superficialità allo straordinario, ma quello che fa Evenepoel ha ben poco di normale, forse nulla. Remco, non fosse Remco, sarebbe il colpo di scena nel copione un po' stantio, a cui la Liegi-Bastogne-Liegi ci ha abituato negli ultimi anni, quelli in cui anche solo pensare di attaccare sulla Redoute, non farlo, era considerato demenziale, eretico, masochista. È vero, c'erano Saint Nicolas e Ans a bagnare un po' le polveri, ma pensate che farebbe differenza a uno come Evenepoel? Uno che potrebbe anche aspettare un po', soprattutto in giornate come oggi, in cui la concorrenza non è - con tutto il rispetto possibile - delle migliori e che, invece, saluta la compagnia scattando dalla testa del gruppo, prende in un amen un minuto di vantaggio e si permette di passare gli ultimi chilometri alla stregua di un cicloturista in arrivo a Liegi, con tanto di saluti e celebrazioni a favore di telecamera. Senza che gli avversari, più che mai umanissimi, possano fare alcunché per disturbarlo, impensierirlo, agitarlo. Il tutto a 23 anni compiuti a gennaio, alla seconda partecipazione alla LBL (gli unici due corridori capaci di vincere le prime due Liegi a cui presero parte furono il belga Léon Houa, che si aggiudicò le prime tre edizioni della Doyenne a partire dal 1892, e lo svizzero Ferdinand Kübler nel 1951-52, ma a trent'anni già compiuti), con indosso la maglia iridata e sulle spalle il peso di salvare, per il secondo anno consetivo, la stagione delle classiche della sua squadra.

È ovvio, il duello con Pogacar avrebbe infiammato come non mai una corsa che, chissà, sarebbe passata alla storia, ma questo non deve in alcun modo ridimensionare quanto fatto oggi da Evenepoel. A pensarci bene, grazie a lui questa edizione della Liegi entrerà comunque nella storia. Sarebbe andata allo stesso modo anche senza quella maledetta caduta? È la domanda che più o meno tutti si sono fatti e di faranno anche nei prossimi giorni ma, per quanto sia facile ipotizzare di no, pensando al Pogacar che abbiamo ammirato in questi mesi, non avremo mai un'effettiva controprova. Potremo farci un'idea godendoci le prossime sfide tra questi due straordinari fuoriclasse e, in tutta onestà, non vediamo l'ora.

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Nonostante tutto, il ciclismo è la mia unica passione.