Tadej senza limiti e senza pensieri
Dopo la strepitosa Strade Bianche rivedremo Pogacar in gara da oggi alla Tirreno-Adriatico. Un corridore sensazionale, che (con altri colleghi) ci sta facendo amare di nuovo alla follia il ciclismo
Sabato abbiamo assistito ad una clamorosa pagina di storia di questa sport, anche se va detto che negli ultimi anni si sono viste molte pagine di storia notevoli. Quello che è certo è che in 16 edizioni di Strade Bianche non si era mai vista un'azione così da lontano, tantomeno in solitaria. Come solo i grandi riescono a fare, Tadej si è sganciato "a fagiano" dopo la rampa al 20% di Poggio d'Arno, nel tratto di discesa tecnica prima della salita a Monte Sante Marie; una volta giunto sul ponte si gira per due volte, capisce di essere rimasto solo e tira dritto, tenendo quei due metri di margine quanto basta per poter mandare fuori giri il campione del modo ed involarsi nel giro di un paio di curve: solo una mente un po' malsana poteva pensare a 50 km dal traguardo "ma sì, io vado". E la cosa più impressionante è che per noi spettatori, sia sul divano, sia lungo le strade, l'ha fatta sembrare la cosa più facile del mondo, gestendosi con grande intelligenza, senza andare a tutta sugli ultimi sterrati in doppia cifra e preferendo rilanciare sull'asfalto dove era prevedibile che gli inseguitori tendessero ad appallarsi e rallentare.
Ma è stato davvero tutto così semplice? Lui stesso in conferenza stampa ha detto che le cose stavano diversamente quando gli è stato chiesto se si fosse goduto la corsa o fosse stata solo sofferenza: "more or less only suffering" è stata la risposta, più o meno solo sofferenza. A noi sembrava tutto scontato, mentre Tadej ha avuto mal di gambe per 50 km e in alcuni momenti non ha avuto la più pallida idea di come proseguire. Ed è bellissimo sentirselo dire da un extraterrestre come lui, tanto disumano nella capacità di raschiare il fondo del barile e mettersi alle spalle gli avversari, quanto umano nel dirci che pure lui dura una fatica tremenda, come tutti gli altri. È bellissimo anche perché fino a pochi anni fa eravamo ossessionati dal terrore degli scattini all'ultimo km, invece lui, così come altri svariati fenomeni di questa generazione, ci sta rioffrendo il piacere del ciclismo d'antan, dove si dà tutto, senza calcoli, perché non conta solo il successo, ma conta anche l'estetica, conta dimostrare di essere nettamente superiori agli altri. Ci sta restituendo la bellezza dell'atleta in quanto tale e non in quanto macchina gestita dall'ammiraglia e prodotto di una società sportiva. Ci ha restituito il titanismo più sincero di questo sport.
I primi a capire questo sono i dirigenti stessi dell'UAE Team Emirates (come detto anche da Alessandro Covi dopo la corsa) che non hanno intenzione di fare molti piani, se non di assegnare a ciascuno il suo ruolo; dopodiché Pogacar è libero di fare quello che vuole: ci torna in mente il racconto di Kristian Sbaragli su SmartCycling in merito alla Freccia del Brabante del 2020, prima della quale a fine riunione Mathieu Van der Poel prese la parola e disse che andava tutto bene, però lui voleva partire a 50 km dall'arrivo; così il toscano anziché pilotarlo all'ultimo km, lo pilotò solo fino agli ultimi 48. Lo stesso meccanismo vige anche in casa UAE, con gran parte della squadra a disposizione dello sloveno, che però poteva partire dove e quando voleva. Lui stesso lo ha riconfermato in conferenza stampa, facendoci capire che questa sua genuinità è innanzitutto favorita da un ambiente estremamente sereno: con una risposta serafica ci ha fatto sapere che "la squadra non mi ha messo pressione, quindi io non sentivo pressione", un'espressione teoricamente banalissima, che però ha espresso con una tale calma e sicurezza, nonché con la faccia di chi non capisce di cosa si stia parlando, da sembrare rivoluzionaria.
Questa clamorosa semplicità e genuinità non è mancata nemmeno nelle dichiarazioni seguenti, dove è emerso quanto Tadej, innanzitutto, voglia fare quello che gli piace senza farsi troppe domande. Così ha glissato con naturalezza alle domande sui prossimi appuntamenti, quasi come uno junior che, tutto sommato, non ha obiettivi e la domenica parte sempre per vincere. Risposte spiazzanti, come quella in merito alla Sanremo; a grandi linee: "È una corsa molto diversa, non ci sono salite ripide ed è molto più lunga, però io voglio fare qualcosa". Insomma senza sbilanciarsi oltre ci ha fatto sapere che anche se si tratta di un'altra corsa, diametralmente opposta, lui comunque c'è, perché in fondo che si adatti o meno alle sue caratteristiche non gli interessa minimamente. Non meno clamorosa è stata la risposta successiva, data con il tono di un bambino che sceglie il gusto del gelato: messo di fronte al fatto che Wout Van Aert ha deciso di andare alla Parigi-Nizza per avere un avvicinamento meno logorante al Giro delle Fiandre, primo grande obiettivo stagionale del belga, Pogacar ha dichiarato che per lui la Ronde (come in fondo quasi tutte le altre corse) non è un obiettivo, perché non l'ha mai fatta, non sa come sia e non sa che risultato possa raggiungere; quindi intanto andrà a difendere il titolo alla Tirreno-Adriatico (che parte oggi), perché è una corsa che gli piace e vuole vincerla proprio come un anno fa. E dato che nessuno glielo aveva chiesto, RCS farebbe bene a segnarsi questa frase da qualche parte, perché è un clamoroso attestato di stima.
Insomma è un corridore senza limiti e senza pensieri, che corre per il piacere di correre e per il gusto di soffrire, senza porsi troppe domande. Parafrasando il nostro caro Pierangelo, Tadej vincerà le sue corse sulla strada ed affronterà la carriera a muso duro, lasciando le masturbazioni cerebrali a chi è maturo al punto giusto, perché le vittorie vuole dedicarle a chi sa masturbarsi per il gusto.