Ridi Mathieu, ridi come solo tu sai vincere!
Un fantastico finale dal Poggio in avanti produce la prima vittoria di Van der Poel alla Milano-Sanremo. Filippo Ganna gran piazza d'onore davanti a Wout van Aert, Tadej Pogacar innesca tutto ma resta appena fuori dal podio
Lo chiamiamo Il Fenomeno perché appena l'abbiamo visto, anni fa, ci è sembrato in grado di fare cose fenomenali in sella a una bicicletta. Lo chiamiamo anche WonderPoel perché è una meraviglia di corridore e meraviglie ne regala spesso. A volte te le aspetti, perché ha dei momenti di tale superiorità rispetto a tutti che non può non vincere la prossima corsa, il prossimo traguardo. A volte non te le aspetti, e oggi era uno di quei giorni, perlomeno per quelli che - a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca spesso - non ritenevano si fosse nascosto nei giorni della Tirreno, più che mai anonima per uno come lui che solitamente emana luce.
E invece si era proprio nascosto, il Mathieu. O se vogliamo dirla in altri termini, si era ben riservato per l'obiettivo grosso. Del resto - parole sue - da qui in avanti vuol correre più centrato sulle gare davvero importanti, più orientato a non sprecarsi su traguardi minori. L'obiettivo di 10 Monumento in carriera (ascrittogli da alcuni sedicenti giornalisti ciclofili tipo chi sta scrivendo queste righe) è ancora lontano, ma intanto siamo a 3 che è meglio di 2 e soprattutto siamo a due Monumento diverse, la prima Milano-Sanremo dopo due Giri delle Fiandre.
“Prima Milano-Sanremo” significa che ne potrà conquistare altre (come porgli limiti?), ma quella di oggi è già e per sempre “la” Milano-Sanremo di Mathieu. Perché è la prima, perché l'ha vinta benissimo, perché ha piegato fior di avversari, anzi proprio di rivali dato che il terzo al traguardo è la sua nemesi storica, e il quarto è al secondo quarto posto in due Monumento mentre Mathieu gliela vince davanti al naso, dopo che i due hanno incendiato insieme la corsa (do you remember Flanders 2022, Tadej?).
La seconda Milano-Sanremo più veloce di sempre (45,773 km/h contro i 45,806 di Bugno 1990) significa vento in poppa, a favore, e quindi meno fatica per i velocisti, che infatti erano più o meno tutti ancora lì ai piedi del Poggio, in un gruppone da 100 che era tutt'altra cosa rispetto ai 40 scarsi di un anno fa. Eppure lo stesso sono saltati tutti sull'ultimo ostacolo, stroncati dal ritmo folle della UAE Emirates e quindi dall'ennesimo sensazionale attacco di Pogacar, stavolta uno che valeva per tutti, e non gli scatti ripetuti di 12 mesi fa.
E con Tadej son rimasti in quattro, ovvero i due Van, che non possono mai mancare in certi scenari ciclorgasmici, e uno nuovo del club, Pippo Ganna. Primo italiano sul podio sanremese cinque anni dopo Vincenzino nostro, e la sensazione di una nuova carriera che si schiude davanti agli occhi del verbanese. Oddio, la sensazione ce la diede già con la bella Roubaix 2022, ma oggi l'ha straconfermata: questo qui è uno da classiche, e da qui in avanti è bene che in casa INEOS ne tengano gran conto, perché di vederlo tirare per gli altri quando può giocare per vincere in proprio anche basta. Ma se ne renderanno conto, gli zietti britannici, non sono scemi. Magari a volte dovrà dividere i gradi con il Pidcock di turno (mica un passante qualsiasi, eh), ma oggi ci sembra di vedere i titoli di coda sulla carriera da mulo di Filippo (perlomeno fuori dai GT).
A completare il podio, alle spalle di Van der Poel e Ganna, non poteva che essere colui che si sta configurando come il più fantastico perdente di quest'epoca di pazzi, quest'epoca da pazzi. Uno come Wout doveva capitare nel ciclismo dei Mathieu e dei Tadej e dei Remco, accidenti alla sorte. Condannato dalla sua forza a condividere certi podi quasi sempre da una posizione scomoda, solitamente la seconda, oggi la terza, il senso non cambia granché. Se MVDP deve ambire a vincerne 10, di Monumento, per WVA cominciano a sembrare lontanissime anche la metà di quelle 10. Però quanto saremo felici per lui quando festeggerà un Fiandre o una Roubaix?
Infine Tadej. "Ma se non c'è Tadej come farei?", cantano certi sgrammaticati musici da cabaret, però quanta verità in quel verso: come indirizza lui le corse, anche quando le perde magnificamente come oggi (o come il Tour 2022, o ancora come il citato Fiandre), nessuno. Le perde da campione perché un campione è, totale, uno che riporta il ciclismo al suo giusto asse, al correre come se fosse ancora l'epoca del Cannibale, a voler vincere i Tour e le Sanremo, non a trovarcisi beninteso, ma a provarcisi, anno dopo anno, edizione dopo edizione. Le Sanremo e i Fiandre. Che spettacolo. Grazie mamma per averci fatti con gli occhi per vedere tutto ciò. Per vedere Pogacar quando vince e per vedere Pogacar quando perde.
Milano-Sanremo 2023, la cronaca della gara
294 km da Abbiategrasso a Sanremo, la 114esima edizione della Classicissima si è svolta in una giornata assolata e pure ventosa. La corsa non è manco cominciata che già nel tratto di trasferimento Tadej Pogacar (UAE Emirates) è caduto, per fortuna senza farsi nulla. Dopo 5 km di gara ha già cominciato a formarsi la fuga del giorno, innescata da Mirco Maestri (Eolo-Kometa) e Alessandro Tonelli (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè) e poi rinforzata da altri 7 uomini sopraggiunti poco dopo: Alexandr Riabushenko (Astana Qazaqstan), Samuele Rivi (Eolo), Samuele Zoccarato (Green Project), Negasi Haylu Abreha (Q36.5), Alexandre Balmer e Jan Maas (Jayco AlUla) e Aloïs Charrin (Tudor). Al km 21 il drappello di attaccanti della Milano-Sanremo 2023 era bello e formato.
Il gruppo, contrariamente ad altre volte, non ha concesso medioevi di vantaggio, tenendo il guinzaglio cortino dato che 9 fuggitivi non erano pochi da riprendere con la consueta eventuale pipa in bocca. 3'15" dopo 30 km un margine mai più toccato, con la distanza sempre vicina più ai due minuti e mezzo che ai tre, anzi addirittura scesa a 1'30" dopo il Turchino. Dietro erano varie squadre a collaborare all'inseguimento, la Trek-Segafredo di Mads Pedersen, la UAE Emirates di Tadej Pogacar, la Bahrain-Victorious del campione uscente Matej Mohoric, la Jumbo-Visma di un Wout van Aert voglioso di assumersi le giuste responsabilità.
Il fatto più rilevante capitato sulla salita del Turchino, a 150 km dalla conclusione, è stato la caduta di Julian Alaphilippe e Yves Lampaert (Soudal-Quick Step), Jonathan Milan (Bahrain), Jasper Philipsen (Alpecin-Deceuninck) e Harrison Wood (Cofidis); senza conseguenze come il capitombolo di Maciej Bodnar (TotalEnergies) sulla successiva discesa.
All'approdo sulla Via Aurelia il margine dei battistrada è tornato a salire per andare a stabilizzarsi sui 2'30", intanto che il sole della Pianura Padana lasciava spazio a un po' di nuvolo passeggero. Ma il finale sarebbe stato nuovamente sereno. Un paio di cadute in gruppo, ai -64 Jan Tratnik (Jumbo) su una rotonda, ai -46 scendendo dal Capo Cervo Alex Aranburu (Movistar), per fortuna ancora senza conseguenze, intanto i battistrada cominciavano a perdere pezzi: Charrin ai -53, appena arrivati ai Capi, sul Mele; Abreha (primo etiope alla Classicissima, ed è andato pure in fuga!) e poi Riabushenko e Zoccarato sul Berta ai -40. Negli stessi metri perdevano contatto dal gruppo nomi come Mark Cavendish (Astana) e Jonathan Milan (Bahrain). Quanto al vantaggio rimasto dopo i Capi ai 5 superstiti (Maestri, Tonelli, Rivi, Balmer e Maas): mezzo minuto.
Ai -34 - mentre Zoccarato rientrava sui primi - purtroppo si segnalava in gruppo una caduta più dolorosa, causata da un segnale stradale basso e non protetto (follia! follia!) in corrispondenza di una rastrelliera da biciclette (ironia della sorte). Finiti pesantemente per terra i due Bora-Hansgrohe Sam Bennett e Cesare Benedetti e i due DSM Pavel Bittner e Matthew Dinham. No words. Ai -30 è finito giù di nuovo Tratnik, con Michal Kwiatkowski (INEOS Grenadiers) costretto a mettere piede a terra
Milano-Sanremo 2023, dalla Cipressa all'entusiasmante finale
La fuga è stata annullata a 27.5 km dalla fine, un attimo prima che si imboccasse la Cipressa, con Lotto Dstny e INEOS nelle prime posizioni. Ritmo non eccessivo a inizio salita, poi la UAE di Pogacar ha preso con decisione in mano la situazione, Diego Ulissi a tirare, poi Felix Grossschartner a menare fendenti sempre più ficcanti, con Tadej a incitare i suoi ad aumentare sempre più l'andatura, senza che ciò determinasse chissà quale selezione (di sicuro meno che l'anno scorso). Nel centinaio di corridori componenti il gruppo non c'erano comunque alcuni velocisti come Fernando Gaviria (Movistar) e Arnaud de Lie (Lotto).
Allo scollinamento dei -21.6 Mathieu van der Poel (Alpecin) si è messo in testa per fare la difficile discesa nelle prime posizioni, poi le traiettorie le ha disegnate Matteo Trentin (UAE) che al riapprodo sull'Aurelia ai -18 era con MVDP e l'altro Alpecin Søren Kragh Andersen con qualche metro di vantaggio. L'azione non è comunque proseguita e il gruppo si è ricompattato per un attimo. Ai -17.5 si è mosso da solo Nils Politt (Bora) ma lui per primo ha presto smesso di crederci, sicché è stato ripreso ai -14.5.
E allora volata fino al Poggio, preso in testa dai Bahrain ai -9 con Fred Wright che ha passato subito il testimone ad Andrea Pasqualon, autore di una gran trenata; quindi è toccato a Bilbao, passato ai -8 (e a 2.5 dalla vetta), ma è durato un attimo, perché con arroganz-baldanza Tim Wellens è uscito via a portare fuori Tadej. Kragh Andersen si è francobollato allo sloveno, seguito da Filippo Ganna (INEOS), Mads Pedersen, Matej Mohoric, Van der Poel, Van Aert e via via gli altri protagonisti più attesi.
Ai -7 il nono della fila, Matteo Trentin (UAE), ha fatto il buco. Che sia stato volontario (per favorire Pogacar) o no, non cambia la questione, la selezione era ormai fatta. Neilson Powless (EF Education-EasyPost) ha pure provato a riscattare da dietro per accodarsi ai primi, ma non ce n'era. E meno ancora ce n'è stata 400 metri più avanti, quando ai -6.6 Tadej ha messo in strada il suo assalto. Wellens ovviamente si è sfilato, Pedersen e Mohoric sono andati in apnea, poi anche Kragh Andersen è saltato, e invece Ganna ha avuto il gambone per andare a chiudere sul Re del Ciclismo. Un passo indietro, loro: Wout e Mathieu.
Il belga ha fatto lo sforzo finale per tappare la falla e a 6 dal traguardo avevamo il quartetto dei sogni. Pogi ha continuato a tirare per un altro mezzo chilometro finché, ai 5.5, il mondo ha potuto ammirare la sparata di Van der Poel. Mathieu è scattato proprio davanti al cartello “POGGIO” e subito si è capito che ci sarebbero stati problemi a riprenderlo. In discesa è andato liscio, senza prendere rischi eccessivi ma spingendo come un ossesso sui tratti rettilinei. Van Aert si è sfibrato per inseguire al massimo, Ganna era alla sua ruota ma la perdeva a ogni uscita di curva, rallentando pure Pogacar che gli era dietro.
Si aspettava che Pippo trenasse da paura una volta finita la discesa, ma a quel punto la sensazione era che i buoi fossero definitivamente scappati dal recinto, e non è che nel terzetto ci fossero tutte queste grandi gambe. Ganna qualcosa si era lasciato da parte, per un recupero impossibile sul rettilineo finale: non sufficiente per raggiungere Mathieu, ma abbastanza per assicurarsi il secondo posto davanti a Wout e Tadej, quest'ultimo di un soffio fuori dal podio proprio come al Fiandre 2022.
Quanto a Van der Poel, mentre l'italiano centrava il suo primo podio in una monumento, stava festeggiando già da 15", il margine che alla fine c'è stato tra lui e i primi inseguitori; a 26" il terzo gruppetto con SKA, Pedersen, Mohoric - ottavo - e gli altri; Peter Sagan (TotalEnergies) ha chiuso la sua ultima Sanremo al 44esimo posto a 58". Mathieu è il quarto olandese di sempre a vincere la Classicissima dopo Arie den Hartog 1965, Jan Raas 1977 e Hennie Kuiper 1985; secondo della famiglia dopo nonno Raymond Poulidor 1961; primo assoluto nella graduatoria dei Poggio più veloci, 5'38" contro i 5'46" di Giorgio Furlan 1994. Terza grande classica incamerata dopo due Fiandre, certo non l'ultima. Un palmarès che comincia a prendere una forma sempre più bella e tornita per uno dei corridori più significativi di questo fortunato scorcio di secolo.