La locandina inglese del documentario su Mark Cavendish © Netflix
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La depressione di Mark Cavendish in un documentario Netflix

Un periodo buio ha caratterizzato il biennio 2018-2019 dell'inglese: "Non credevo che esistesse davvero, pensavo fosse una scusa, invece può colpire tutti". Il film in uscita il 2 agosto si intitola "In corsa contro il tempo"

30.07.2023 14:31

Fino a un certo punto il suo 2023 era perfetto, quasi da sogno: dopo aver centrato un successo di tappa al Giro, con lo sfondo del Colosseo, aveva sfiorato la vittoria al Tour e aveva fondate speranze di riuscire a strappare quel successo numero 35 che l'avrebbe isolato al comando della graduatoria dei plurivittoriosi di tappa alla Grande Boucle. Poi quella banale, stupida caduta sulla strada per Limoges, un crack, la clavicola che si rompe interrompendo la perfetta stagione d'addio al ciclismo di Mark Cavendish.

Quella che - oltre che col tripudio di pubblico che gli ha scaldato il cuore a ogni passaggio in strada - avrebbe celebrato il campione dell'Isola di Man anche con un documentario intitolato "Mark Cavendish: Never Enough", in uscita mercoledì 2 agosto su Netflix (in realtà il titolo italiano è “In corsa contro il tempo”, traduzione che suggerisce che forse i programmatori nostrani della piattaforma capiscono poco di ciclismo…). Il film uscirà lo stesso, ma rischia di perdere l'aura di aureo bilancio di una carriera, dato che non è proprio escluso, a questo punto, che Cannonball prolunghi di qualche mese, fino a 2024 inoltrato, per inseguire sempre il 35esimo squillo al Tour.

Intervistato dal Times in vista dell'uscita del documentario, Cavendish ha parlato della depressione che l'ha colpito tra il 2018 e il 2019: Quello che volevo da questo film è mostrare che la depressione può colpire chiunque nel mondo”, ha spiegato il 38enne velocista dell'Astana Qazaqstan al quotidiano londinese. “Ti chiudi in un isolamento che ti porta a fare tutti i tipi di pensieri, anche autolesionisti. E dall'esterno tutto ciò può non essere evidente. È importante però che le persone sappiano che non sono sole. C’è una scala in mezzo a quella spirale verso il basso e puoi salirla e ricominciare. Non importa dove ti trovi, l’importante è mantenere quella speranza, avere brave persone intorno a te, come mostra il film”.

A causa del suo male, Mark lasciò per un periodo la famiglia per andare a vivere dalla madre, in quanto la convivenza con la moglie Peta si era fatta insostenibile: “Avevo perso ogni slancio, essere una persona, un padre, un amico, un marito”. Alla base del periodo buio dell'inglese anche diversi infortuni patiti in bicicletta e una seria carenza di risultati.

Mark riconosce quanto sia difficile a volte dall'esterno capire la portata di questo problema: “Non avevo mai creduto alla depressione, pensavo fosse una scusa, una scappatoia. Quando le persone intorno a me dicevano di soffrire non capivo come fosse possibile. Ho capito invece che può colpire chiunque: non importa dove ti trovi nella tua vita, da che background vieni, cosa fai di professione, siamo tutti esseri umani. Ed è sorprendente scoprire quanto del tuo sentirti solo quando soffri sia comune a tante altre persone”.

Cavendish è uscito rafforzato dalla depressione: “Ho il privilegio di avere avuto tutto dalla vita. Vincere le gare in bicicletta è il mio lavoro. Lo adoro. Sono fortunato a fare un lavoro che è la mia passione, incredibilmente fortunato, ma è un lavoro. Il mio scopo, però, è essere marito e padre più di ogni altra cosa. Nella mia vita, ora, guardo molto di più alle cose positive e capisco cosa è realmente fondamentale. Questa vita è un bel posto dove stare”.

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