Remco (e Tadej) contro Jonas? Ma che litighino pure, anche questo è ciclismo!
I fatti della tappa degli sterrati (e soprattutto del dopotappa) hanno fatto tanto discutere, con le accuse di Evenepoel (e il controcanto di Pogačar) nei confronti di Vingegaard
…vidi e conobbi l'ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto.
(La Divina Commedia – Inferno, III canto, 60mo verso)
Mal immaginiamo Jonas Vingegaard nelle vesti dell’eremita Pietro da Morrone, che, come Celestino V abbandonerà l’incarico papale e poco si confà anche il profilo di Remco Evenepoel a quello aquilino di Dante Alighieri.
Ma se il Tour de France è una lunga e colorata “Commedia”, allora ogni tappa ne rappresenta un canto, dove i protagonisti ne sono allo stesso tempo i narratori. Così, improvvisatosi novello Alighieri, Remco sbatte all’inferno Jonas (e immaginiamo che Tadej Pogačar non sia stato troppo in disaccordo) per il suo rifiuto di collaborare nel tentativo di fuga a tre di domenica, nella insidiosa tappa degli chemins blancs con partenza e arrivo a Troyes.
Si può essere d’accordo o meno, naturalmente, con le parole di Remco e con il suo disappunto, resta il fatto che quello che stava accadendo a poco meno di 80 km dal traguardo stava assumendo, o poteva farlo, i contorni di un momento magico, leggendario; proprio quello che ogni appassionato di ciclismo cerca, in questo sport.
Nona tappa del Tour, lì dove nasce la diatriba
Evenepoel parte, per un po’ alle sue spalle non succede niente, poi Pogačar decide di andarlo a cercare e si porta dietro Vingegaard. Alzi la mano chi non ha avuto un sussulto quando c’è stato il ricongiungimento e i tre erano insieme lanciati. Remco subito mulina la mano e ammonisce: diamoci i cambi e andiamo!
Tadej ci sta, Jonas no.
Certo, è rientrato da poco dall’infortunio, non era sulla sua bici, chi glielo faceva fare di aiutare gli altri due correndo il rischio di rimanere staccato?
Tutto giusto.
Ma… la gara è gara e il dopogara ci presenta corridori “caldi” e quando si è così, si fa anche bene a esternare.
Sono così arrivate le dichiarazioni di Evenepoel e di Pogačar con tanto di “non ha avuto le palle” da parte della maglia bianca. Ora, Remco potrà anche non piacere a tanti (e a tanti non piace, anche se non si capisce bene il perché) ma non gli si può non riconoscere un’innata capacità di tenere alta l’attenzione. Non ha peli sulla lingua, il ragazzo belga e se ha qualcosa da dire… lo dice.
E vivaddio!
Chi ha qualche annetto si ricorda alla perfezione le battaglie verbali fra Moser e Saronni, che condivano di un sale particolare ogni corsa, in quegli anni a cavallo fra la fine dei ’70 e gli ’80. Bartali e Coppi non se le mandavano certo a dire e anche campioni come Hinault non erano certo degli angioletti.
Quindi Remco aveva da dirle a Vingegaard? Ha fatto bene, casomai ne risponderà lui e solo lui, mica qualcun altro. Vingegaard lo straccerà staccandolo in montagna di ottocento minuti? Saranno problemi suoi, non certo nostri o di chi sta a commentare, a sua volta, un qualcosa che riguarda i corridori e la loro corsa.
Vingegaard poteva lasciarsi andare… ma ben vengano le polemiche!
Fatto sta che esistono due modi di interpretare le corse: andare all’arrembaggio e all’attacco, oppure star lì a vedere cosa succede e approfittare dei momenti giusti. Sicuramente in casa Visma sono, da sempre, molto attenti alla tattica, anche estrema, a ottimizzare qualsiasi situazione… a vincere, che, come diceva qualcuno, è l’unica cosa che conta.
O forse no.
Proprio per la natura del ciclismo, che si glorifica nella leggenda, nelle imprese, nel coraggio.
Ecco, il coraggio. Quello che ci vuole a partire a 80 km dal traguardo, senza che sia stato deciso da qualche Direttore Sportivo la mattina.
Il coraggio della fantasia, di crederci, di provarci… e anche di sbagliare, perché no?
Il coraggio che hanno corridori come Pogačar e come Evenepoel, che quando ci sono loro le corse hanno tutt’altro sapore e da quando ci sono loro il ciclismo è cambiato, meno robotico, meno insipido.
Ma non per tutti, perché, giustamente, ognuno le corse le vive a modo suo. E vivaddio un’altra volta; è dalle differenze che si coglie l’essenza di qualsiasi cosa, non solo del ciclismo o dello sport in generale.
D’altronde la risposta di Vingegaard è stata precisa: “se avessi seguito Pogacar e Remco e poi fossi stato eliminato, avrei perso il Tour de France domenica. Non è stata una mancanza di coraggio, ma una corsa intelligente e strategica”.
Non fa una piega, ma ben vengano, comunque, la vis polemica, le frecciate, le occhiatacce… non fanno altro che farci stare con ancora più passione lì… attaccati alla televisione o sulla strada. La Commedia del Tour è ancora lunga, altri Canti ci aspettano e, perché no, magari anche altre polemiche.
“Forse non lo sai ma pure questo è… ciclismo”.