Mathieu, o come si onora un Giro d'Italia
Alla vigilia della Corsa Rosa, Van der Poel era il corridore più atteso; dopo 21 giorni di volate vinte, cronometro sfiorate, tapponi sognati e fughe pazze, il fenomeno neerlandese lascia l'Italia con un carico numeroso di tifosi conquistati
In un grande giro, le tappe e i protagonisti che suscitano maggior interesse sono solitamente quelli legati alla classifica generale, tutto il resto è visto come un simpatico contorno, più o meno ricco a seconda delle edizioni, della portata principale. Certo, vincere una frazione di qualsiasi tipo a Giro, Vuelta e soprattutto Tour ha il suo valore, ma l'importanza del successo finale sovrasta ogni altra cosa e così la lotta per le singole tappe passa in secondo piano quando a far sul serio sono i contendenti alla classifica .
In questo Giro, però, la latitanza dello spettacolo scaturita dalla scarsa lotta per il trofeo senza fine, ha messo ulteriormente in risalto quei corridori che già prima della partenza ungherese si erano presi grazie alla propria fama il ruolo di primattori nonostante non fossero in lizza per la maglia rosa. Uno in particolare suscitava nel pubblico enorme curiosità: Mathieu van der Poel. Dopo una preparazione invernale interrotta per ben due volte a causa dei dolori alla schiena ed una primavera conclusa con le batterie scariche, il capitano della Alpecin-Fenix si presentava ai nastri di partenza del Giro con molti dubbi da togliere a se stesso e agli appassionati; la domanda principale che serpeggiava tra gli addetti ai lavori e tra i tifosi era se Mathieu avesse intenzione di concludere il grande giro oppure ritirarsi dopo qualche tappa come al Tour 2021, proprio con l'intenzione di preparare a puntino la centonovesima edizione della Grande Boucle, anche perché la breve preparazione faceva temere per la tenuta sulle tre settimane. Quesito sciolto da subito con le dichiarazioni del neerlandese, deciso ad arrivare a Verona sia per onorare la corsa che per mettere alla prova il proprio fisico e compiere un ulteriore passo nella propria crescita come stradista (dov'è oggetto in parte ancora ignoto).
A questo punto si poteva prevedere da parte sua una gestione accorta delle energie, c'è pur sempre un Tour da disputare a distanza di poche settimane da oggi. Nel mirino l'arrivo di Visegrád e la prima maglia rosa, oltre a qualche frazione ondulata, si pensava a Napoli, Jesi e Cuneo principalmente; forse la volata di Treviso e ascoltando le sue dichiarazioni anche una tappa di montagna da affrontare in avanscoperta per testarsi sui grandi passi alpini. Infine, gli allenamenti sulla bicicletta da cronometro nei giorni antecedenti alla partenza facevano presagire un suo interesse per le due prove contro il tempo, in particolare la prima di Budapest.
Alla prima frazione Mathieu ha confermato i pronostici della vigilia prendendosi tappa e maglia dopo uno sprint al cardiopalma contro Girmay, altro campione che questo Giro ha avuto la fortuna di ospitare e, in parte, di lanciare verso un radioso futuro. Raggiunto dunque l'obiettivo principale rimanevano altri 20 giorni da colorare con azioni di vario genere e il modo scelto da Van der Poel è stato senza dubbio spettacolare. Nella prova ungherese contro le lancette, favorito dal profilo planimetrico con tante curve e molti rilanci e da quello altimetrico con lo strappetto conclusivo, solamente un Simon Yates versione extra-lusso è riuscito nell'impresa di batterlo, mentre un validissimo cronoman come Tom Dumouin gli è finito alle spalle. Tornati in Italia, dopo essersi impiegato nello sprint di Balatonfüred al servizio di Jakub Mareczko, Mathieu se l'è presa comoda sull'Etna, rinunciando a difendere la leadership e svestendo la maglia rosa per indossare quella ciclamino, un altro potenziale obiettivo del quattro volte iridato del ciclocross, le cui rinunce alle volatine per i traguardi intermedi hanno di fatto sancito molto presto il suo più totale disinteresse per la classifica a punti, ritenuto obiettivo tagliato più per velocisti puri che per un classicomane come lui. Nella tappa numero cinque, la sua squadra ha scremato il gruppo sulle rampe della Portella Mandrazzi per liberarsi del maggior numero possibile di sprinter, ma nel convulso finale Van der Poel non è stato abile a districarsi tra i vari trenini e, ostacolato, ha dovuto tirare i remi in barca e rialzarsi. Non lo vedremo più tentare fortuna in uno sprint a ranghi compatti nella corsa rosa e questa rimane forse l'unica curiosità che non è riuscito a toglierci in questa sua cavalcata italiana.
Giornata di riposo attivo tra Palmi e Scalea e poi di nuovo a testa bassa verso Potenza. Fuga mancata, ma la volontà di esser ancora protagonista è stata ripagata 24 ore più tardi a Napoli, dove praticamente da solo ha sganciato il drappello buono per giocarsi la vittoria. Tanti rivali e l'assenza di compagni a rendere ancor più complicate le ambizioni di successo, ma il neerlandese non si è perso d'animo e nonostante le tantissime energie spese nelle prime fasi a 45 km dalla linea d'arrivo ha sganciato la prima bomba. In pochi l'hanno seguito, in molti son rientrati a causa del tentennamento di chi ha forse avuto paura di affrontare a viso aperto un mostro simile; poca collaborazione poi per riprendere il quartetto sganciatosi tra un contrattacco e l'altro e occasione mancata di bissare il successo di Visegrád per Mathieu, tanto criticato per la tattica utilizzata, anche troppo, dato che tutto avrebbe dovuto girare nel verso giusto per permettere al figlio di Adrie di alzare le braccia; chi ha ben più da rammaricarsi per quella tappa è invece lo stesso Girmay, passivo per buona parte delle fasi calde nonostante il migliore spunto veloce.
Per raffreddare gli animi dopo lo scotto del giorno precedente, in chiusura di prima settimana il nostro ha tentato nuovamente di inserirsi in fuga in vista del Blockhaus, venendo però stoppato da numerose squadre, ma riuscendo ugualmente a regalare emozioni in quei minuti di mezza follia (date le caratteristiche del soggetto).
La seconda settimana si è aperta con il traguardo posto a Jesi, in una frazione dal profilo altimetrico ondulato che perfettamente si adeguava alle doti del fuoriclasse neerlandese, che infatti ha messo la sua Alpecin a tirare insieme all'Intermarché di Girmay, entrambi pronti a scrivere un'altra pagina di una rivalità appena nata ma che promette molto per il futuro. Nel finale, stavolta sì, Mathieu ha peccato di generosità sprecando in tentativi velleitari quelle forze che gli sarebbero tornate utili nella palpitante volata persa per pochi metri contro l'eritreo, autore di uno degli sprint più impressionanti del 2022.
Seguiva tappa piatta e dunque dormitina, anche se il pericolo vento gli ha fatto drizzare le antenne per qualche istante, ma a Genova è di nuovo protagonista, stavolta più per lanciare Oldani, poi vincitore parziale, che per sé. A Torino, prima dello sparpaglio creato dai Bora, è nuovamente in cerca di gloria con attacchi da lontanissimo, mentre il giorno seguente, ancora in avanscoperta, ha resistito incredibilmente bene fino al Verrogne, dove ha dovuto arrendersi a scalatori migliori di lui.
Chi a questo punto si aspettava un'ultima settimana di relativo riposo incentrata sulla cronometro di Verona, dopo 14 tappe molto dispendiose, si sbagliava alla grandissima; il capitolo salite infatti non si era chiuso a Cogne. Fallito l'assalto nella frazione regina dell'Aprica, Mathieu ci ha riprovato con successo nella tappa seguente, quella che da Ponte di Legno portava a Lavarone, dopo tre GPM molto duri (più il Tonale non classificato) e 168 km, inserendosi nella fuga di giornata. Evaso dal gruppetto nella discesa del Vetriolo in compagnia di Leemreize, Mathieu ha fatto sognare ad occhi aperti i suoi ammiratori (non per forza tifosi, nel senso più limitato del termine) per metà Menador, staccando il giovane scalatore della Jumbo e dimostrandosi per la prima volta in carriera un potenziale campione anche in salita. Il peso nettamente superiore a quello dei rivali si è fatto sentire nella seconda parte di ascesa, dove il neerlandese si è piegato al ritorno di Leemreize e a quello ancor più vigoroso di Buitrago, venendo nel finale ripreso anche da Carapaz e Hindley.
Da Treviso in avanti ha dichiarato di volersi risparmiare in vista della cronometro finale, ma è ugualmente riuscito a farsi notare per le sue impennate sul Kolovrat e per la fuga del penultimo giorno su San Pellegrino e Pordoi, stavolta interpretandola come un vero e proprio allenamento. E così ha chiuso a Verona con un brillante terzo posto dietro a chi, come Sobrero, era giorni che aveva messo nel mirino questa prova, battendo un buon numero di specialisti del settore, sebbene i migliori siano tutti attesi al via della prossima Grande Boucle.
Nel momento di tracciare un bilancio del Giro d'Italia di Mathieu bisogna ricordarsi di tutto questo e non limitarsi al, forse avaro, numero di vittorie (per uno come lui da cui ci si aspetta sempre una caterva di primi posti). Sì perché in Italia MVDP si è divertito davvero e ha fatto innamorare di sé molti spettatori con le sue giocolerie in bicicletta e con i suoi attacchi continui, anche nelle tappe apparentemente meno adatte alla tipologia di ciclista che rappresenta. Inoltre, si è scoperto fortissimo a cronometro, dando un seguito concreto alle impressioni del passato, e solidissimo sulle tre settimane, tanto da dimostrarsi quasi più in palla a fine Giro che ad inizio Corsa Rosa, da cui esce con un elevato grado di fiducia in vista del prossimo grande obiettivo: il Tour de France. Mathieu lascia l'Italia con un successo parziale, la maglia rosa delle prime tre giornate ed il premio di corridore più combattivo di una corsa onorata dalla prima all'ultima pedalata, ma soprattutto portando via con sé un volto nuovo, empatico, che appena 30 giorni fa era probabilmente inedito a buona parte del pubblico italiano. I 21 giorni del Giro sono stati vissuti come un parco avventura e noi gli siamo grati perché guardandolo giocare ha fatto divertire anche noi. Grazie Mathieu, alla prossima!