A Merksplas è Nieuwenhuis a incarnare il vento del cambiamento!
Quarta tappa del Superprestige in Belgio su un percorso tecnico ma soprattutto molto lento e fangoso. L'alfiere della Baloise domina dall'inizio alla fine, seconda piazza per Iserbyt, terzo Vandeputte
Merksplas, quarta tappa del Superprestige. In partenza è scattato subito fortissimo Niels Vandeputte, seguito da Joris Nieuwenhuis che già alla metà del secondo giro ha deciso di prendersi la leadership e imporre il proprio passo al connazionale, mentre alle loro spalle arrancava un po' stancamente Eli Iserbyt, sempre però grintoso nel reagire insieme allo spagnolo Felipe Orts Lloret. Dietro i primi quattro un folto gruppetto del cui faceva parte anche Gerben Kuypers, partito meglio del solito, ma non Laurens Sweeck, rimasto intruppato ai box e già pesantemente attardato rispetto alla testa della corsa. A lungo andare nel primo giro si è creato un piccolo gap tra i primi due, che poi si sarebbe rivelato già decisivo. Al primo passaggio sulla linea del traguardo Nieuwenhuis aveva 5" su Vandeputte e 9" su Iserbyt, mentre Orts veleggiava a poco meno di 15". Gli altri lontanissimi.
Nieuwenhuis e Vandeputte hanno continuato ad insistere mettendo tra loro (seppur sempre separati da qualche secondo) e i due inseguitori sempre più terreno. Alle loro spalle invece risaliva bene Sweeck, sbloccatosi minuto dopo minuto. Anche Kuypers avrebbe fatto un giro degno di nota quasi riprendendo Orts e Iserbyt se non fosse stato per i continui errori, piccoli e grossi, commessi in praticamente qualunque parte del percorso: la gamba del belga è ottima, la tecnica invece ancora da affinare. Al termine della seconda tornata la situazione vedeva Nieuwenhuis sempre in testa con 10" su Vandeputte e ben 27" su Iserbyt e Orts Lloret, mentre Kuypers e Corné van Kessel (che rinasce al tocco delle paludi fangose) transitavano a 41", precedendo di una decina di secondi gli altri inseguitori.
A questo punto è iniziato in modo netto il dominio di Joris, che ha guadagnato ben 15" in un solo round a Vandeputte, rimasto comunque a galla grazie all'eccellente guida della bici che in un tracciato simile emerge sempre (non a caso Merksplas è uno dei suoi percorsi preferiti) e fa la differenza. Restavano a circa 15" Orts e Iserbyt, mentre Sweeck si prendeva la quinta piazza provvisoria a 1'06" dal leader.
Eli ha quindi provato, intorno a metà gara, di aumentare il proprio ritmo, finendo però per commettere tutta una serie di sbavature - sul fango, sulle salitelle e le collinette presenti nel circuito - che gli sono costate care (proprio come all'Europeo). Il prezzo era la ruota di Orts Lloret, che Eli vedeva allontanarsi sempre di più nel quarto giro di corsa. Alle spalle di Iserbyt invece si formava la coppia Kuypers-Sweeck, che dopo aver staccato i restanti in lotta per la top ten cercava di riavvicinarsi, senza successo, alla zona podio.
Nella terzultima tornata è stato Orts Lloret a mettere pressione a Vandeputte, con un coriaceo Iserbyt che non cedeva ulteriori secondi, rimanendo non troppo distante dai due crossisti in lotta per il podio (Vandeputte + 52", Orts + 57", Eli + 1'10"). Kuypers invece riperdeva secondi dopo essersi capovolto cadendo e perdendo la bici, rallentando anche Sweeck. A loro si avvicinavano in quella circostanza Jens Adams (altro amante del fango) e il solito Kevin Kuhn, uomo da costante top ten nelle prove più prestigiose.
Il penultimo giro è stato caratterizzato dalla continua fuga in avanti di Nieuwenhuis, sempre più lontano da ogni altro atleta in corsa, e dal riavvicinamento complessivo dei tre pretendenti al podio alle sue spalle, con Iserbyt che alla lunga si è dimostrato il più grintoso e resistente, principali virtù del folletto belga. La resa finale è giunta nel round finale: Orts Lloret ha perso metri, Iserbyt ha invece avuto la forza di sorpassare e subito staccare Vandeputte, prendendosi il secondo posto a 1'36" (distacco abissale) dal dominatore Nieuwenhuis. Niels ha completato il podio a 1'45". Per lo spagnolo comunque ennesimo buon piazzamento, quarto a 1'58" dall'alfiere della Baloise. Top five completata da Kuypers, capace di imporsi sugli altri inseguitori 2'19" dopo l'arrivo di Nieuwenhuis.
Nella generale del Superprestige, giunto al giro di boa, Iserbyt vive sonni tranquilli: in vetta con 59 punti (quasi punteggio pieno per lui che nel SP ha messo in fila tre primi e un secondo posto in quattro gare), ne ha 20 di vantaggio sul suo più diretto inseguitore, ovvero Sweeck.
Nieuwenhuis, la Baloise, la vecchia e nuova guardia
Il ciclocross a partire dalla stagione 2014-2015 è entrato in un periodo storico che verrà ricordato come tra i più proficui della disciplina, di quelli che poi, dai posteri, vengono spesso definiti come “età dell'oro". Inutile dire che i protagonisti di quest'epoca rispondono al nome di Mathieu van der Poel, il più forte ciclocrossista di tutti i tempi, e Wout van Aert, che entra quantomeno nella top five. Per adesso è bene invece non riconoscere alcun ruolo in tal senso (la storicità di queste stagioni) a Tom Pidcock, campione del mondo sì, ma mai all'altezza degli altri due.
Dal 2020, però, MVDP e WVA hanno dovuto scendere a patti con la multidisciplina, abbandonando i campi durante i mesi di settembre, ottobre e novembre, concentrando le proprie forze solamente tra dicembre e gennaio, per giocarsi quantomeno alcune “classiche” e il Mondiale. Al di là delle decisione specifiche di questi giorni (Van der Poel correrà a Tabor, Van Aert invece sosterrà un programma ben limitato; di Pidcock, invece, poche notizie, ma probabilmente non sarà al via della rassegna iridata), da ormai tre stagioni a questa parte altri hanno dovuto supplire alle assenze dei due big nella prima metà dell'inverno (inteso in senso lato).
All'interno di quest'età dell'oro (la quale si concluderà probabilmente con il ritiro di Mathieu e Wout tra qualche - speriamo tanti- anni), dunque, come l'avevamo definita (attribuendola ai posteri), si potrebbe segnalare un punto di svolta abbastanza evidente nel momento del passaggio a tempo pieno dei due su strada (stagione 2019-2020). Da allora sino al 2022-2023 il totale dominio delle classifiche più importanti (Coppa del Mondo, Superprestige e X2O Trofee) e delle prove principali delle challenge è stato affare di cinque uomini, tutti, chi più chi meno, chi prima chi dopo, cresciuti e giunti alla ribalta all'ombra di Van der Poel e Van Aert. Stiamo parlando di Lars van der Haar (in realtà approdato al massimo livello prima dei due Cannibali), Toon Aerts (rientrerà a fine stagione scontata la squalifica), Laurens Sweeck, Michael Vanthourenhout ed Eli Iserbyt.
Il loro monopolio ha caratterizzato negli ultimi anni praticamente la totalità delle gare di primo piano di settembre, ottobre, novembre e febbraio, diventando una costante a cui ormai ci eravamo abituati. Tanto che sembrava irrealistico immaginare scenari in cui a salire sul gradino più alto del podio non fosse uno di questi cinque (quattro più uno da quando Toon è fermo ai box).
Invece questo 2023-2024 ha determinato un'altra svolta a suo modo storica all'interno del periodo iniziato nel 2015. Per la prima volta dal 2020 infatti troviamo più atleti che contemporaneamente sono, anche se non ancora complessivamente, al livello di Iserbyt & co. Su tutti non può che spiccare Thibau Nys, dominatore del Koppenbergcross, ma vanno segnalati anche gli exploit di Gerben Kuypers - rientrato un po' nei ranghi negli ultimi tempi - di Cameron Mason, di Pim Ronhaar e del vincitore odierno Joris Nieuwenhuis.
Un ricambio generazionale che la vecchia guardia (non per età ma per esperienza in certi scenari) sta cercando di arginare, riuscendoci solamente in parte, trainata dalla costanza del solito Iserbyt. Una ventata di nuovo che domenica è stata incarnata da Ronhaar a Dendermonde ed oggi da Nieuwenhuis a Merksplas. Prima di dedicare un meritato paragrafo al succitato, andrebbe sottolineato come in questa stagione di grandi novità e (quasi) rivoluzioni si stia verificando un cambiamento anche al vertice dei team: è infatti la Baloise-Trek-Lions di Sven Nys ad essere la compagine dominante dell'inverno (non più la Pauwels-Sauzen-Bingoal), guidata da Van der Haar e Thibau, sostenuti da Ronhaar e Nieuwenhuis, ma anche da una schiera non particolarmente folta di seconde linee e giovani rampanti (pensiamo ad esempio a David Haverdings) che nei prossimi anni potrebbero dare ulteriori motivi d'orgoglio al Kannibal van Baal.
Venendo alla strettissima attualità, due parole su Nieuwenhuis, il cui complicato cognome si farà sempre più spazio all'interno dell'universo crossistico. Campione del Mondo U23 a Bieles nel 2017 con una prestazione alla Van der Poel (non è un'esagerazione!), si era poi un po' perso dedicandosi alla strada, militando nella Sunweb/DSM, con la quale - tra le varie co(r)se - aveva partecipato a due edizioni del Tour de France. Tornato sui propri passi l'anno scorso ci ha messo un anno buono per recuperare il feeling con la disciplina e la gamba da crossista, ma adesso sembra ben avviato a prendersi un ruolo di primissimo piano nel panorama mondiale. In particolare, come aveva dimostrato anche a Niel la settimana scorsa, appare a proprio agio su terreni molto pesanti e scivolosi, in cui l'equilibrismo è dote fondamentale. Bene - per lui e per noi - dunque che il fango nelle ultime stagioni sia tornato elemento fondante e protagonista del ciclocross, dopo un paio di cattivi inverni circa un lustro fa. La sua ascesa non terminerà certo qui, difficilmente sarà questo l'apice della sua carriera, ma adesso arriva la parte più difficile del lavoro (e lo sarà anche per Ronhaar): confermarsi uno dei tanti papabili alla vittoria su più di una tipologia di percorso e ripetere con sufficiente costanza questo tipo di prestazioni.
Infine, piccola postilla sulla querelle delle ultime ore tra il mondo del ciclocross e David Lappartient, che vorrebbe i crossisti sempre presenti nelle prove di Coppa del Mondo: con una disciplina così accattivante e che sempre più si dimostra competitiva oltreché palestra fondamentale per la tanto cara (all'UCI) strada, perché dover intervenire a gamba tesa su un mondo che funzionava già bene, almeno in Belgio, fino all'ingresso della mastodontica CDM (che ha sminuito tutte e tre le classifiche principi del cross, compresa la Coppa stessa)? Non sarebbe forse meglio dare ascolto agli organizzatori e tecnici del settore fiamminghi che hanno per anni tenuto in vita il ciclocross e trovare quindi un compromesso ragionevole che tenga in conto anche gli obiettivi di Aigle, evitando di imporre autoritarie decisioni dall'alto?