Mezgec: "Come Pogacar ha cambiato il ciclismo, in Slovenia e non solo"
"Quando ho iniziato a pedalare, gli automobilisti mostravano il dito medio, ora invece alzano il pollice in segno di approvazione". Merito di Pogacar e Roglic
È uno della vecchia guardia, Luka Mezgec. Quest'anno ha compiuto 36 anni e sarà lui uno dei gregari più importanti per consentire a Tadej Pogacar di aggiudicarsi il Mondiale su strada, in programma a Zurigo. Non sarà un campionissimo, ma Mezgec ha le idee molto chiare sul movimento ciclistico.
Nato il 27 giugno 1988 a Kranj, in Slovenia, ha iniziato la sua carriera professionistica nel 2011 con il team Geox-TMC. Mezgec si è affermato come un velocista potente, capace di competere ai massimi livelli nelle corse a tappe e nelle classiche di un giorno, ma anche come prezioso apripista per altri sprinter.
Uno dei suoi momenti più importanti è stata la vittoria di una tappa al Giro d'Italia nel 2014, la 21esima, quella che portava da Gemona del Friuli a Trieste. Nel corso della sua carriera, Mezgec ha corso per squadre di rilievo come Giant-Shimano e Team Jayco AlUla (dove milita attualmente), e la sua carriera è un esempio di costanza e abilità, e lui è a ragione considerato uno dei migliori ciclisti sloveni della sua generazione.
Al servizio di Tadej
Mezgec è testimone del profondo cambiamento che il ciclismo ha vissuto nel suo Paese. Il corridore riflette sull'evoluzione non solo del ciclismo sloveno, ma anche della sua stessa carriera, segnata appunto dalla dinamica che ha portato questo sport ai vertici grazie ai suoi connazionali, come Tadej Pogacar, Primož Roglič e, in misura minore, Matej Mohorič. Pogacar e Roglic, infatti, hanno portato il ciclismo sloveno sulla mappa mondiale grazie alle loro vittorie nei Grandi Giri e alle prestazioni costanti nelle gare più prestigiose.
Mezgec, che ha sviluppato un forte legame con Pogacar, ricorda in una intervista rilasciata a Wieler Revue di aver dato un consiglio al giovane talento: “Dopo i suoi primi successi da neoprofessionista, gli ho detto di divertirsi, perché non sarebbe sempre stato così facile. Ma Tadej non ha mai smesso di vincere e divertirsi”.
Per Mezgec, Pogacar è la vetrina ideale del ciclismo sloveno, e vede nel futuro del paese grandi possibilità di continuare a produrre talenti. “Credo che resteremo un Paese ciclistico di alto livello. In Slovenia, lo sport è una parte fondamentale della nostra cultura. L'attività fisica viene promossa fin dalle scuole primarie, e questo stile di vita è reso evidente da campioni come Pogacar e Roglič, che sono i nostri più grandi esempi”.
Il cambiamento del dito
In tono scherzoso, Mezgec racconta spesso la differenza più evidente tra il passato e il presente: “Quando ho iniziato a pedalare, gli automobilisti mostravano il dito medio, ora invece alzano il pollice in segno di approvazione. Questa è la differenza più grande rispetto a dieci anni fa, sono davvero grato di aver visto questo sviluppo”.
Secondo Mezgec, sia Pogacar che Roglič sono ciclisti rilassati, ma con differenze nel loro approccio. "Tadej è come un ragazzino che gioca, è l’unica persona nel ciclismo che non lo vive come uno sport, ma come un gioco. Primož, invece, è meno spettacolare nella vita privata, mentre in gara rimane invariato".
Ciò che colpisce Mezgec è che Pogacar non si lascia mai abbattere, nemmeno dopo le sconfitte più dolorose, come quelle subite al Tour de France contro Jonas Vingegaard nel 2022 e 2023. “Gli ho detto che ha guadagnato più fan per il modo in cui ha perso: non era amareggiato, ha dimostrato di essere una grande persona, sempre educato e mai arrogante”.