Nessuno può pensare di eliminare Viviani!
Elia conclude in bellezza il Mondiale azzurro sulla pista di Saint-Quentin-en-Yvelines: un altro oro nell'Eliminazione per lui, Italia seconda del medagliere. Harrie Lavreysen e Lea Sophie Friedrich iridati nella Velocità e nel Keirin
“Il Campionato del Mondo su pista è una manifestazione che si apre con una vittoria di Martina Fidanza nello Scratch e si chiude con una vittoria di Elia Viviani nell'Eliminazione”. Chissà se un giorno leggeremo questa definizione su Wikipedia, ma il concetto ci piace molto, oltre a essere piuttosto vero: di conferma in conferma, dall'anno scorso a Roubaix a questa settimana di Saint-Quentin-en-Yvelines, sempre terra di Francia, ma sempre all'Italia il compito di aprire e chiudere col botto la rassegna.
Oggi Elia ha rasentato la perfezione, anzi no: è stato proprio perfetto. E dire che hanno provato tre volte a farlo fuori, involontariamente s'intende, fatti di gara, pieghe della corsa, un danese che ti cade sulla ruota posteriore e te la buca subito in avvio (era Tobias Hansen, andato giù dopo 5 giri insieme all'olandese Philip Heijnen e al trinidense Akil Campbell); poi un cinese (Ze Yu) che appena la corsa riparte dopo la precedente neutralizzazione fa una mossa azzardata in alto sulla parabolica e prende in pieno con la sua anteriore la posteriore del veronese, e ti chiedi come abbia fisicamente fatto a restare in piedi l'azzurro. E ancora, nel finale, quando sono rimasti in gioco in 7, il tedesco Tim Torn Teutenberg che gli entra da dietro - non sa nemmeno lui cosa volesse fare - e lo prende in pieno sul pedale, causandogli un improvvido sgancio, e pure stavolta il funambolo nato a Isola della Scala non perde l'equilibrio, né la concentrazione: il piede dalla pedivella sì, ma non c'è tempo per recriminare, si riassesta e guarda avanti, pensa a come dovrà fare per sbarazzarsi di quegli ultimi cinque avversari che rimangono tra lui e l'oro (Teutenberg si è staccato in occasione del citato incidente). E poi, con naturalezza, li fulmina, uno dopo l'altro.
Un grande della pista non solo italiana, ma ormai le parole a effetto le abbiamo spese tutte per questo gigante del nostro ciclismo, un simbolo, uno di quelli che indicano la strada. Di lui si parlerà ancora tra decenni, con buona pace di chi in questi suoi anni di carriera troppo l'ha criticato, senza reale motivo. Lo diciamo ogni anno, a ogni competizione in cui il 33enne capitano azzurro (ma è più che un capitano: è un guru) lascia un segno, una zampata, un colpo di classe.
C'è da dire che l'UCI gli ha fatto un bel regalo, promuovendo la sua gara preferita, l'Eliminazione, a prova iridata l'anno scorso. E lui, Elia, ha risposto presente, iridato di specialità nel 2021, iridato di specialità nel 2022, due ori mondiali che si aggiungono a quello - indimenticabile - olimpico e agli 8 europei: un decennio di presenza costante, consistente, sostanziale nelle piste di tutto il globo, e il ruolo di padre nobile di un gruppo che da lui tanto ha imparato, e che in lui ha sempre potuto trovare ispirazione. Un gigante, l'abbiamo già detto?
Della gara di oggi abbiamo già detto, dei rischi corsi da Elia suo malgrado. Superati quelli, il resto è venuto in maniera naturale: gli ultimi a resistere - dopo l'intoppo con Teutenberg - sono stati nell'ordine il portoghese João Matias (pure caduto dopo essere stato eliminato), il sorprendente israeliano Rotem Tene, peraltro danneggiato dallo stesso Matias che di fatto gli è caduto addosso; e poi, quarto e primo dei non medagliati, il belga Jules Hesters, eliminato con un colpo di classe da Viviani, che si è inserito di forza nella volata che stavano imbastendo il britannico Ethan Vernon e il neozelandese Corbin Strong.
Due giri dopo, Elia ha accelerato con l'oceanico e di Vernon si sono perse le tracce; l'azzurro non ha traccheggiato nemmeno un metro a quel punto, ha lasciato che Strong prendesse qualche metro in curva, e all'ingresso sul controrettilineo del penultimo giro è partito, sfruttando l'abbrivio dell'uscita dalla parabolica. Si è capito già lì che Elia del buon Corbin avrebbe fatto polpette. All'ultimo passaggio i due erano affiancati ma Viviani aveva già cominciato il suo sprint, proseguito per tutta la tornata conclusiva e finito nel boato dei tifosi italiani presenti sugli spalti e soprattutto della sua “seconda famiglia”, come lui stesso l'ha definita: quella del gruppo azzurro che l'ha celebrato in tutti i modi, compresa una spiritosa maglietta (indossata durante le premiazioni da tutti, compreso il ct Villa e il presidente federale Cordiano Dagnoni) che lo sfotteva in vista del matrimonio con Elena Cecchini: “Da Profeta in patria a Profeta in gabbia”. Chiusura con risate dopo il tripudio che tutti i compagni, da un esaltato Filippo Ganna a un incontenibile Simone Consonni, gli avevano tributato subito dopo la vittoria, festeggiata da un'esultanza con ampio giro del dito indice, come a dire “e allora avete visto chi è che comanda?”: quel dito a cui si era legato il mancato podio di ieri nell'Omnium, un risultato che l'aveva riempito di voglia di riscatto, subito messa sul parquet oggi a rimettere ogni cosa al proprio posto.
Il Keirin femminile ha caratterizzato, con lo svolgersi del suo torneo, l'intera ultima giornata. Miriam Vece non ha superato il primo turno ed è stata poi eliminata ai ripescaggi; in finale la tedesca Lea Sophie Friedrich ha impostato una volata lunga ed è riuscita a tenere fino alla linea d'arrivo, su cui ha preceduto (esattamente come un anno fa a Roubaix) la giapponese Mina Sato. Briciolo d'amarezza in conclusione per la beniamina di casa Mathilde Gros, rimasta giù dal podio venendo preceduta al fotofinish dall'olandese Steffie van der Peet.
Si è poi completato il torneo della Velocità maschile, nel quale Harrie Lavreysen ha come al solito dominato la scena: l'olandese è arrivato in finale dopo aver eliminato per 2-0 il polacco Mateusz Rudyk in semi, e nell'atto conclusivo si è sbarazzato per 2-0 pure dell'australiano Matthew Richardson, che aveva superato al turno precedente il connazionale Matthews Glaetzer. Quest'ultimo ha preso il bronzo battendo nella finalina Rudyk, sempre per 2-0. Per Lavreysen è "appena" il quarto titolo di fila nello Sprint.
Il medagliere si chiude con il secondo posto dell'Italia alle spalle dell'Olanda: 4 ori, 4 argenti e 2 bronzi gli oranje, 4 ori e 3 argenti gli azzurri. 7 medaglie totali a dare seguito ai risultati di un ciclo che prosegue sontuoso negli anni. A seguire Francia e Germania (3-3-1), Gran Bretagna (3-2-5), Belgio (2-0-2), Australia (1-1-1), Stati Uniti (1-0-2), Canada (1-0-0), Nuova Zelanda (0-2-1), Giappone (0-2-0), Danimarca (0-1-2), Cina (0-1-1), Portogallo (0-0-2), Colombia e Spagna (0-0-1).