Lo chiamavamo Madrazo, invece era Mandrake...
Vuelta a España, grande festa della Burgos sull'Alto de Javalambre. López stacca i rivali e torna leader, distacco pesante per Aru
100. No, non si tratta di un refuso, è semplicemente la posizione che la Burgos BH vanta nell'UCI World Ranking a squadre. Dietro ai cinesi del Shenzen Xidesheng, agli svedesi del Memil Pro Cycling, ai bahreiniti del VIB Sports e agli hongkonghesi dell'HKSI Pro Cycling. Posizione strameritata quella degli iberici, incapaci per tutto l'anno, se non per qualche sporadico acuto, di essere nelle prime piazze - da gennaio a giugno l'unica top 5 è stato il secondo posto di Ezquerra nella seconda tappa della Vuelta Aragón.
Con l'arrivo dell'estate la situazione è decisamente cambiata: vittoria di José Neves in Portogallo al GP Torres Vedras e quella di Matthew Gibson in Cina al Tour of Qinghai Lake hanno ridato morale ai burgalesi che oggi hanno vissuto la più importante giornata della loro storia. Vittoria e secondo posto nella stessa tappa di un grande giro, cosa mai riuscita quest'anno a nessuno, neppure agli squadroni da 40 milioni di euro di budget (nel World Tour solo la Bora una volta in Turchia e una la Deceuninck in Svizzera); figurarsi se può riuscirci uno da 2 milioni e poco, più. E invece...
Traguardo all'insù sull'Alto de Javalambre, salita non banale
Il primo arrivo in salita alla Vuelta a España 2019 è già programmato nella quinta giornata: partenza da L'Eliana e arrivo, 170.7 km più tardi, sull'Alto de Javalambre. In quello che è considerato, un po' pomposamente, il Mont Ventoux di Spagna, gli scalatori puri possono mettersi in mostra: dopo una frazione con due innocui gpm ma il cui dislivello totale è superiore ai 3700 metri, il clou è per l'asperità conclusiva.
L'inedita ascesa di prima categoria misura 11.1 km e ha una pendenza media del 7.8%: dopo un paio di chilometri dolci la strada si impenna toccando la doppia cifra di pendenza sino all'arrivo, fatto salvo un breve tratto in contropendenza a metà scalata. Il punto più duro è a metà del guado con un tratto di mezzo km al 16% di pendenza media. Non si respira neppure nell'ultimo km, dove si è sempre sopra l'8%.
Fuga immediata, c'è il solito Madrazo
Alle 12.54 parte ufficialmente la tappa, la prima che prende le mosse dalla cittadina valenciana di L'Eliana. Come ormai di consueto, il primo attacco è quello buono per formare la fuga di giornata: lo spagnolo José Herrada (Cofidis, Solutions Crédits) va ad aggiungersi a due maglie della Burgos-BH, che sta approcciando la sua seconda Vuelta nel miglior modo possibile. Il neerlandese Jetse Bol accompagna lo spagnolo Ángel Madrazo: il cantabrico è presenza abituale dato che nei 563.1 km affrontati nelle tre tappe in linea, lui ne ha vissuti ben 292 col vento in faccia.
Al km 15 il trio vanta 2' di margine che si espande a 7'20"al km 31.7, in vetta al Puerto de Alcubas; sul seconda categoria passa ovviamente in testa Madrazo, che incrementa la leadership nella speciale graduatoria. Dietro non lavora nessuno e il Team Sunweb rimane nell'avanguardia per dovere e non per volontà; il vantaggio massimo tocca i 10'25" attorno al km 65, in una giornata con una media oraria bassa come testimoniano i 34.8 km/h fatti registrare dopo le prime due ore.
Banale caduta di quattro, gli attaccanti guadagnano ancora
Non succede nulla di rilevante, se non una banale e fortunatamente innocua caduta a circa 90 km dalla fine: nella parte terminale del plotone Darwin Atapuma (Cofidis, Solutions Crédits), Rémi Cavagna (Deceuninck-Quick Step), Jempy Drucker (Bora Hansgrohe) e Kilian Frankiny (Groupama-FDJ) finiscono banalmente a bordostrada, scivolando sui sassettini lì presenti. Con il plotone che marcia blandamente, tutti rientrano senza problemi.
Tutto calmo e placido il passaggio sull'Alto Fuente de Rubielos; nulla da segnalare davanti, con Madrazo che al km 98.6 passa per primo, e qualcosa da riportare dietro, dove l'andatura cala ulteriormente tanto che il ritardo poco prima del scollinamento tocca un nuovo picco in 11'05". Ma proprio qui cambia lo scenario: in un battibaleno risalgono il plotone le maglie della UAE Team Emirates, con un incerottato Fernando Gaviria e il bendato Oliviero Troia che si mettono in testa a tirare. Se per la causa di Aru o per quella di Pogacar (oppure per entrambi), lo si vedrà in seguito.
Madrazo fatica ma rientra, la Bahrain rischia di causare un patatrac
I lavoro dei tre UAE (ai due citati si somma Sebastián Molano) fa riportare il ritardo a 9'30" ai meno 50 km ma nel tratto seguente, invece di continuare a scendere, il gap risale complice anche un José Herrada che mena forte tanto che ai meno 45 km, su un dentello, Madrazo si stacca. L'occhialuto leader dei gpm riesce a rientrare in pianura ai meno 42 km, proprio mentre dietro le maglie bianche degli emiratini si fanno da parte, venendo sostituite da quelle di Astana, Jumbo-Visma e Movistar.
Ma questi non fanno un ritmo simile a quello precedente, tanto che in gruppo c'è anche tempo della terza pausa pipì della giornata. E così, al traguardo volante di Manzanera (km 135) conquistato da Bol, il ritardo supera quota 10'30" per poi nuovamente oltrepassare la barriera degli 11' ai meno 30 km. Nel mentre si verifica una tanto stupida quanto pericolosa caduta: mentre Phil Bauhaus è intento, con lo speciale zainetto, a distribuire borracce ai compagni della Bahrain Merida, l'altro alfiere della squadra, lo sloveno Luka Pibernik, si distrae e centra la ruota del tedesco. Finiscono a terra anche Gaviria, Shane Archbold (Bora Hansgrohe) e Sergio Samitier (Euskadi-Murias): tutti si rialzano, ma di certo avrebbero preferito evitare tale intoppo.
Ritiro della patente auspicato per l'ammiraglia Burgos, il gruppo si riavvicina
Mentre giunge la notizia del ritiro di Gregor Mühlberger (Bora Hansgrohe), il Team Sunweb traina il gruppo ai meno 25 km, ma il ritardo è sempre attorno ai 10'30". E gli attaccanti rischiano, loro malgrado, di veder minata la loro salute: l'ineffabile guidatore dell'ammiraglia della Burgos BH, mentre è intento ad allungare una borraccia a Bol, non si avvede di star per centrare Madrazo. Il contatto tra il paraurti e la ruota posteriore dello spagnolo c'è, tanto che l'incolpevole corridore scarta andando addosso a Herrada: i due fortunatamente rimangono miracolosamente in piedi.
La velocità aumenta nell'avvicinamento all'imbocco della salita: la squadra più attiva è sorprendentemente il Team Ineos, ormai già fuori dai giochi di classifica ma evidentemente interessato alla tappa facendo lavorare Doull, Kiryienka e Stannard. Se ai meno 15 km il distacco è di circa 9'30, il gruppo inizia la salita conclusiva solamente 7'10" dopo i tre battistrada; davanti, intanto, i tre procedono assieme sino ai meno 7.3 km quando Madrazo alza bandiera bianca. Ma non definitivamente, perché il cantabrico per due volte si cimenta in un tira e molla, rientrando e addirittura accelerando ai meno 6 km, nell'unico tratto di falsopiano.
Madrazo ci prova, viene ripreso e si stacca, Ineos fuori forma
Solo selezione da dietro nel plotone, che saluta velocisti, gregari e quanti non disinteressanti alla tappa; non c'è una squadra vera e propria che prenda le redini della situazione, tanto che ai meno 6 km il ritardo è attorno ai 5'40". Cataldo per l'Astana, Gesink per la Jumbo-Visma e Poljanski per la Bora Hansgrohe sono uniche le facce che si vedono, ma non impongono un ritmo serio; davanti, intanto, Madrazo viene subito ripreso dai due colleghi d'avanscoperta non appena la strada risale per poi staccarsi ai meno 4 km.
L'incomprensibile lavoro Ineos trova il suo compimento con la perdita di terreno sia di David De la Cruz che di Wout Poels, che ammainano la bandiera prima ancora di entrare negli ultimi 5 km. Da qui in poi inizia a lavorare la EF Education First con Van Garderen e Carthy che fanno un ritmo che screma ulteriormente, portando al distacco di Louis Meintjes, Daniel Navarro e anche due giovani interessanti come Mark Padun e James Knox.
Valverde ci prova due volte e fa male (anche a Quintana...), López una e si invola
Quando rimangono 4 km dalla fine per il gruppo, c'è il primo attacco: slalomeggiando tra gli avversari, Alejandro Valverde parte in maniera decisa. Sull'iridato rientrano solo Primoz Roglic e il gregario Sepp Kuss, Miguel Ángel López e il baby Tadej Pogacar. Mentre Esteban Chaves, Rafal Majka, Nairo Quintana, Rigoberto Urán e il leader Nicolas Roche provano a chiudere, perdono subito tanto Fabio Aru, Davide Formolo e Sergio Higuita, tre nomi che, per motivi diversi, erano particolarmente attesi.
Mentre Quintana sta per rientrare, nel quintetto c'è una nuova accelerazione: chi la fa? Valverde, dando così avvio all'abituale "Movistar drama" che, quasi ad ogni grande giro, è tema abituale delle discussioni - stavolta forse è l'ultima volta, data la partenza del colombiano. Ma se il murciano non fa la differenza, ben più valido è lo scatto seguente: giusto prima di entrare negli ultimi 3 km, Miguel Ángel López parte con il rapporto lungo distanziando tutti, con Roglic e Valverde che si coalizzano per tentare di ricucire e Kuss e Pogacar che si staccano.
Madrazo rientra e vince davanti a Bol, López guadagna. Distacco pesante per Aru
Davanti, intanto, Bol e Herrada cincischiano tanto che Madrazo pare quasi rientrare a 1500 metri dalla conclusione. López si avvicina, pagando 1'15" all'ultimo km, ma a giocarsela sono i fuggitivi: non solo i due che parevano più in palla dato che, clamorosamente, ai meno 800 metri rientra anche Ángel Madrazo, che quasi subito si mette al comando. E proprio il cantabrico scatta a 400 metri dalla fine, diventando imprendibile: per questo solido corridore di Santander è la terza vittoria da pro' dopo la Prueba Villafranca 2015 e una tappa dell'Étoile de Bessèges 2016.
Per la Burgos BH è una leggendaria doppietta dato che Jetse Bol è secondo a 10", con un deludente José Herrada terzo a 22". Miguel Ángel López spinge fino all'ultimo ed è quarto a 47", guadagnando così su tutti a cominciare dai 12" presi a Alejandro Valverde e Primoz Roglic.
È ben superiore, invece, il vantaggio ottenuto sugli altri. Tadej Pogacar paga 42", Nairo Quintana e Sepp Kuss 54", Esteban Chaves 59", Rafal Majka 1'05", Pierre Latour 1'18", Rigoberto Urán 1'24" e la maglia rossa uscente Nicolas Roche 1'30". Seguono, fra i nomi ancora in discreta posizione di generale, Rubén Guerreiro e Óscar Rodríguez con un ritardo di 1'39" da Superman, Davide Formolo lascia 1'45" al pari di Wilco Kelderman e Víctor De la Parte, George Bennett cede 1'49" mentre gli sconfitti di giornata sono Fabio Aru, distanziato di ben 2'12" dal colombiano, e Sergio Higuita in ritardo di 2'36".
López si veste di rosso, domani arrivo in salita ma più facile
La classifica, come prevedibile, muta: la nuova maglia rossa è Miguel Ángel López che guida con 14" su Roglic, 23" su Quintana, 28" su Valverde, 57" su Roche, 59" su Urán, 1'17" su Chaves, 1'18" su Majka, 1'49" su Pogacar e 1'50" su Kelderman. Formolo è dodicesimo a 1'58", Aru è diciassettesimo a 2'47".
Domani nuova tappa con arrivo in salita, ma di certo ben più agevole rispetto a quella odierna. La Mora de Rubielos-Ares del Maestrat di 198.9 km ha due gpm nella fase iniziale ed altrettanti, ma di terza categoria, nel finale; l'ascesa conclusiva non si discosta molto da una Montevergine piuttosto che da Montecassino o San Martino di Castrozza, giusto per citare tre famosi finali del Giro. L'ascesa valenciana misura 7.9 km e ha una pendenza media del 5%, quasi sempre regolare al 6% fatti tranne il penultimo km pianeggiante e l’ultimo km leggermente più duro.