Ciclisti di...versi - Giuseppe Azzini
Ottavo appuntamento con la rubrica che abbina poesia e ciclismo eroico. Dopo le due puntate iniziali con i transalpini Lucien Petit-Breton e Louis Trousselier, l'arrivo in Italia con Giovanni Cuniolo e Carlo Galetti, il ritorno in Francia con Octave Lapize, il passaggio in Belgio con Philippe Thys e il nuovo sbarco Oltralpe con Gustave Garrigou, ecco un nuovo protagonista italiano, ovvero sia Giuseppe Azzini.
GIUSEPPE AZZINI
Pedalate poderose.
Nei giorni infiniti.
Troppo grande è il sogno
d'un Giro.
In uno scorrer d'ore
senza sonno.
Quiete di campagna,
che i pensieri porta via,
che abbracciava presta un uomo
incurante del destino.
Generoso, pure aitante
fu l'Azzini,
in mezzo ai grandi.
Quanto grama fu la vita!
Che anche te non aspettò.
Giuseppe Azzini (Gazzuolo 26 marzo 1891 – Ospedaletti 11 novembre 1925) fu uno dei grandi protagonisti del ciclismo italiano all'inizio degli anni Dieci del Novecento. Terzo fratello ciclista della famiglia dopo Luigi ed Ernesto, eccelleva sul passo grazie ad un fisico prestante ed era dotato di un valido spunto veloce. Arrivò alla massima categoria dopo aver conquistato il Giro dell'Umbria e il titolo italiano dei dilettanti.
Fu subito eccellente protagonista nel suo primo Giro d'Italia disputato nel 1913, dove si aggiudicò due tappe consecutive a Salerno e Bari e conquistando la leadership nella terzultima tappa ad Ascoli Piceno. Nella penultima frazione però andò incontro ad un epilogo rocambolesco: fermatosi a riposare per un po' prima di proseguire verso Rovigo, prolungò il sonno per qualche ora, venendo così superato da vari concorrenti e scivolando dal primo al terzo posto in classifica dietro a Carlo Oriani (poi vincitore) ed Eberardo Pavesi.
Ancor più incredibile quanto accadde l’anno successivo, nell'edizione del 1914 passata alla storia per numerosi record destinati a rimanere imbattuti nella storia della Corsa Rosa: dopo aver detronizzato Alfonso Calzolari (poi vincitore del Giro) nella Roma-Avellino, colse una memorabile vittoria nella Avellino-Bari, in cui dopo 328 chilometri staccò proprio Calzolari di 1 ora 3 minuti e 22 secondi, massimo distacco della storia nel corso di una tappa tra primo e secondo classificato (ad incidere furono anche le forature: si disse che Calzolari bucò ben tredici volte mentre Azzini "solo" sette). Con la vittoria ormai in pugno però Azzini patì una forte crisi nella lunghissima Bari-L'Aquila di 428 chilometri in cui, dopo aver preso una cotta tremenda sul Macerone, fece sparire per qualche ora le proprie tracce, tanto che nessuno lo vide tagliare il traguardo. Fu ritrovato l'indomani in un fienile di Barisciano, ad una decina di chilometri da L'Aquila: alcuni sostengono che anche in quel caso si fosse fermato a riposarsi per un tempo eccessivo, altri invece che fosse completamente ubriaco e in preda ai deliri per via delle precarie condizioni di salute, tanto da essersi ritirato per un principio di polmonite.
Buon protagonista delle gare in linea, con la perla della Milano-Torino 1913, non riuscì mai a conquistare una grande classica, seppur ottenendo ottimi piazzamenti: due volte terzo alla Milano-Sanremo (nel 1921 e 1923), due volte secondo al Giro di Lombardia (nel 1914 e nel 1922) e ottavo nella sua unica Paris-Roubaix nel 1920. Costretto ad interrompere forzatamente l’attività a causa della Prima Guerra Mondiale, si distinse anche come gregario in appoggio ad alcuni tra i principali protagonisti del tempo, su tutti Costante Girardengo. Morì a soli 34 anni l'11 novembre 1925 a causa della tisi, andando così incontro allo stesso tragico destino dei suoi due fratelli.