Bettiol e Mozzato promossi, ma l'Italia è rimandata
Analisi delle prestazioni dei nostri corridori al Tour de France. Una vittoria sfiorata e tanti piazzamenti, ma è una Grande Boucle avara di risultati
Sin dalle prime indiscrezioni sui partecipanti a questa 109esima edizione della Grande Boucle poteva sembrare che quest’anno i colori italiani non fossero quelli più attesi oltralpe, e con la progressiva costituzione della lista partenti quest'impressione prendeva man mano campo. Gli azzurri in gara sono stati complessivamente 14, un numero a dire il vero non del tutto deludente se pensiamo ai soli 9 italiani al via l'anno scorso. Il numero in realtà sarebbe dovuto essere ancora maggiore, visti i forfait all’ultimo minuto di Matteo Trentin (UAE) e Sanuele Battistella (Astana Qazaqstan) causa Covid. Gli azzurri hanno così costituito il terzo gruppo di nazionalità più numeroso dopo Belgio e, ovviamente, Francia.
Come si sente dire da tempo, il ciclismo italiano sta attraversano un periodo di transizione, con la "vecchia guardia" che per ragioni anagrafiche sta cedendo il passo ai nuovi volti. Al recente Giro d'Italia infatti, 4 delle 5 vittorie azzurre sono state opera di atleti nato dal 1997 in poi, parliamo dei bei successi di Matteo Sobrero, Alessandro Covi, Alberto Dainese, e Stefano Oldani oltre alla vittoria di Giulio Ciccone. Si tratta infatti di tutti atleti dall'indubbio talento ed in costante crescita, pronti ad imporsi con sempre maggior frequenza su palcoscenici di spessore internazionale, e qualche sprazzo di talento si è visto anche in questo Tour, dove però la concorrenza è a livelli massimi ed emergere risulta più complicato. A livello meramante di risultati non si può quindi considerare questa Grande Boucle un successo per i colori italiani, viste l'assenza di vittorie di tappa e di risultati in classifica generale. L'ultimo successo parziale risale infatti al 2019, quando Vincenzo Nibali s'inventò un mezzo miracolo a Val Thorens, mentre l'ultima maglia gialla indossata risale sempre a quell'edizione e fu vestita da Giulio Ciccone. Ma la spedizione francese dei nostri corridori è stata veramente un fallimento o non si poteva fare di più? Proviamo quindi ad analizzare nel dettaglio le prestazioni dei nostri connazionali.
Il sogno di tutti era quello di vedere una maglia gialla italiana sin dal primo giorno, e le aspettative erano tutte rivolte su Filippo Ganna (Ineos Grenadiers), ma il campione del mondo a cronometro non riesce a dare il meglio di sé sull’asfalto bagnato di Copenaghen, complice anche una foratura poi autoriparatasi grazie al sistema tubeless, e conclude in quarta posizione. Il verbanese, dopo giornate di duro lavoro in pianura al servizio del compagno di squadra Geraint Thomas ed una fuga che gli frutta un sesto posto di tappa, ha una grande occasione di riscatto nella cronometro della penultima giornata, sicuramente più adatta a lui rispetto a quella d’apertura. Purtroppo, però, anche qui gli uomini di classifica (ed un Wout Van Aert monumentale) si frappongono tra un Ganna affaticato e la vittoria di tappa, ed il suo primo Tour si dimostra avaro di successi, anche se l'esperienza e la fatica immagazzinate gli torneranno sicuramente molto utili, pur senza lo sperato acuto personale.
Acuto che è mancato anche ad Alberto Bettiol (EF Education-EasyPost), tra tutti il più vicino ad alzare le braccia al cielo. Il vincitore del Fiandre 2019 sembra comunque aver ritrovato una buona gamba dopo una primavera difficile ed interpreta un Tour offensivo come tutta la sua squadra. Il toscano prova a dire la sua nella tappa del pavè, nei finali con sprint ristretti, come testimonia il quinto posto a Losanna, ed inserendosi nelle fughe di giornata. Nella tappa con arrivo a Megève sceglie di anticipare tutti con un attacco solitario, ma l’impressione è che corresse per il compagno di squadra Magnus Cort, poi vincitore quel giorno. La sua grande possibilità arriva invece a Mende, quando inspiegabilmente la sua EF lo mette nuovamente al lavoro per i compagni, ma Alberto ha grande gamba e si trova in prima posizione sullo strappo finale, vedendo però i propri sogni di gloria infrangersi contro un mai domo e motivatissimo Michael Matthews (BikeExchange-Jayco) che rimonta e lo stacca. Un secondo posto di tappa è sempre amaro, ma Alberto sembra aver trovato la propria dimensione nei grandi giri, dimostrandosi un cacciatore di successi parziali molto pericoloso.
Chi invece può dirsi pienamente soddisfatto del proprio Tour è invece Luca Mozzato (B&B Hotels-KTM). Il 24enne veneto militante nella Professional transalpina conferma le buone cose fatte vedere nelle corse del nord centrando ben 5 top10 (ed un undicesimo posto sui Campi Elisi) gettandosi nelle volate meno banali, confermandosi corridore con ottimo spunto veloce ma anche buone doti di resistenza su percorsi nervosi. Pur senza una squadra a suo supporto Luca riesce a destreggiarsi alla grande tra treni ed avversari blasonati, facendosi conoscere ed apprezzare dal grande pubblico e guardando al futuro con ulteriore ottimismo. Alla sua carriera, ora, manca solo una vittoria, ma c’è da aspettarsi che l’affermazione possa arrivare presto visti i costanti miglioramenti. Conferma i segnali di crescita anche Alberto Dainese (DSM) che dopo aver portato a termine il Giro d’Italia vincendo la tappa di Reggio Emilia con una bellissima volata termina anche la sua prima Grande Boucle, mostrandosi così come un velocista sempre più solido ed affidabile. Le gambe probabilmente iniziano a risentire dei tantissimi giorni di corsa stagionali, ma il padovano riesce comunque a conquistare un terzo posto nella 19esima tappa, al termine di un finale tutt’altro che banale. Ora avrà bisogno di tempo per recuperare le energie, ma la strada imboccata sembra essere quella giusta. Per entrambi, appuntamento all'anno prossimo.
Tour invece difficile e lontano dai riflettori per Andrea Bagioli (Quick-Step AlphaVynil) all’esordio in un grande giro e che sembra pagare lo stress ed il ritmo folle di corsa, ma comunque immagazzina chilometri ed esperienza sul palcoscenico più prestigioso al mondo. Il suo compagno di squadra Mattia Cattaneo invece rinuncia a curare la classifica generale, cosa che invece scelse con discreto successo lo scorso anno, visto il tredicesimo posto finale. Il bergamasco sembra carburare pian piano cercando di raggiungere una buona condizione con le fughe, per poi dare tutto nella cronometro del penultimo giorno conclusa con un settimo posto prestigioso, visti i nomi di chi l’ha preceduto. Erano invece ben 3 gli italiani dell’Astana Qazaqstan, formazione che salva un Tour anonimo grazie al nono posto finale del kazako Alexey Lutsenko. L’unico ad arrivare a Parigi è stato Simone Velasco, che riesce a terminare il suo primo grande giro in trentunesima posizione. Nulla di eclatante, ma sicuramente una dimostrazione che l’elbano è un corridore solido e perfettamente a suo agio anche su palcoscenici di assoluto livello, non subendo le 3 settimane di gara.
Nei 21 giorni di corsa si vede poco anche Kristian Sbaragli (Alpecin-Deceuninck), che però svolge un ruolo tanto prezioso quanto silenzioso di supporto al proprio capitano, il velocista Jasper Philipsen, vincitore di due tappe. Tour di grande solidità anche per Andrea Pasqualon (Intermarché-Wanty-Gobert), che alterna giornate al servizio di Alexander Kristoff a momenti di maggiore libertà personale, grazie ai quali riesce a entrare due top10 nella seconda settimana. Ci si aspettava infatti proprio questo da un corridore di grande costanza ed affidabilità su più terreni come il 34enne veneto. Giulio Ciccone (Trek-Segafredo) invece è autore di un Tour a 2 facce. L’abruzzese, dopo aver ritrovato gamba e morale al Giro si presentava al via della Grande Boucle da battitore libero a caccia di una tappa. La prima metà di gara però gli risulta fatale, con Giulio debilitato da un virus intestinale che gli impedisce di essere protagonista sin da subito. Con l’arrivo delle grandi salite l’abruzzese inizia gradualmente a riprendersi, concludendo decimo sull’Alpe d’Huez e tentando l’assalto alla maglia a pois di Simon Geschke. La battaglia tra i due tiene banco qualche giorno, con belle sfide testa a testa sui GPM, finché arriva la maglia gialla Jonas Vingegaard a mettere tutti d’accordo aggiudicandosi anche l’ambita classifica. La spedizione francese di Ciccone resta così amara ed incompleta.
Passiamo infine a chi invece non è giunto fino a Parigi, in un’edizione particolarmente ricca di ritiri rispetto al recente passato, con ben 41 corridori che hanno dovuto abbandonare strada facendo. Sono solo 5 le tappe portate a termine da Daniel Oss (TotalEnergies), che cade rovinosamente sul pavé della quinta frazione impattando con uno spettatore a bordo strada e fratturandosi una vertebra cervicale. Per il trentino sarebbe stato un Tour a servizio del proprio capitano ed amico Peter Sagan, che sembra comunque essere tornato ad un buon livello dopo un periodo lontano dalle corse. L’altro trentino al via del Tour, Gianni Moscon (Astana Qazaqstan) non riesce invece a svoltare una stagione deludente su tutti i fronti; alle prese infatti con le debilitazioni dovute al long-Covid è costretto a gettare la spugna dopo 8 tappe di sofferenza e sempre lontanissimo dai migliori. Si ritira dopo 17 tappe anche il compagno di squadra Fabio Felline (Astana Qazaqstan), che dopo un buon Giro d’Italia corso al servizio di Vincenzo Nibali deve abbandonare per malattia. Infine deve lasciare dopo 18 tappe con un tampone positivo al Covid Damiano Caruso (Bahrain-Victorious), che tuttavia non riesce mai a trovare buone sensazioni e risultati soddisfacenti nei suoi giorni in gara, il siciliano infatti, che alla vigilia aveva grandi ambizioni in classifica generale, si trovava ventunesimo in classifica generale al momento dell’abbandono, con un decimo posto nella tappa di Foix come miglior risultato.