La consacrazione di una grande corsa
Da eccezione a nuova tendenza del ciclismo: il gioiello RCS fa un ulteriore step verso la Storia
Facciamo una premessa: oggi non era il caso di dare le pagelle allo spettacolo di Siena. Meriterebbero un 10 tutti dal primo all'ultimo, signore e signori, corridori e organizzatori, per il bello spettacolo di sé che una volta tanto, il ciclismo riesce a dare. Ci sarà qualcosa da rifinire di questa corsa, certo, ma forse ne sentiremo l'urgenza tra qualche anno: per adesso sono solo minime osservazioni, ciò che separa questa corsa dalla perfezione; ma per una volta tanto, pensiamo ad elencare soprattutto il bello.
Una corsa "del Nord", ma ancora tutta da scoprire
Per chi racconta la Strade Bianche è qualcosa di impegnativo, perché insolito e ancora fuori dai canoni: con le altre corse del Nord condivide la peculiarità dell'ampliamento estremo delle difficoltà in caso di meteo ostile (oggi abbiamo visto cosa può fare un po' di pioggia e un po' di vento), della condotta caotica, il continuo rimescolamento delle carte, ma dalla sua ha il terreno e lo scenario completamente differente, e per noi ancora poco conosciuto. Che non si limita a mettere insieme campioni di più ambiti (corse a tappe, corse di un giorno, classiche del nord), ma che sta creando, e creerà, dei veri specialisti da Strade Bianche, con lo sterrato che potrebbe veramente diventare la nuova tendenza del ciclismo del 21secolo: sono diversi gli organizzatori (tra i quali anche l'invidiosissima ASO) che si stanno aprendo a questa nuova strada, e qualcuno ha già sperimentato con successo (questa estate non perdetevi la Dwars Door Het Hegeland, la prima edizione professionistica, con successo di Niki Terpstra, ha lasciato tutti a bocca aperta)
Stybar e Van Avermaet si profilano come specialisti
Vogliamo fare degli esempi? Michal Kwiatkowski potrebbe essere uno, visto che è il primo a bissare assieme a Cancellara (ed in entrambi i casi, si tratta di due perle della sua carriera), ma forse è il più improprio, anche a causa delle ultime due stagioni discontinue. Quello che calza più a pennello è quello di Zdenek Stybar: ex-campione del mondo di ciclocross che su strada non disdegna l'azione in salita, chi meglio di lui può immedesimarsi nel ruolo di...come vogliamo definirlo, campestre? Ha esordito vincendo nel 2015 e quella odierna è la sua "peggiore" prestazione: quarto. Per non parlare di Greg Van Avermaet: ormai gli manca solo il successo, alla sua settima prestazione ha conseguito due secondi, un quinto, due sesti, un nono e un tredicesimo posto. Per vincere oggi gli è mancata la giornata di grazia di Kwiatkowski e qualche astuzia in più, ma l'anno prossimo questa corsa potrebbe diventare uno dei suoi obiettivi principali. E poi ci sono i grandi campioni che proprio non riescono a digerirla, come Peter Sagan: oggi è capitata la giornata storta, e ci può anche stare, ma il modo in cui ha perso nelle passate edizioni suggerisce come questa potrebbe diventare la sua bestia nera.
Pochi dettagli verso la perfezione
In buona sostanza, la consacrazione è già avvenuta, e il processo di crescita che può portare questa corsa ad avvicinare l'aura di "Monumento" (per ora è una bestemmia, ma tra 10 anni, chi lo sa) è inarrestabile. Mancano, come dicevamo, ancora pochi dettagli: il pubblico aumenta, ma non è ancora tantissimo, e di sicuro non c'è l'attesa di un Giro delle Fiandre o di una Roubaix. Non c'è neanche la distanza, ma questo è un dettaglio secondario, è una corsa alla quale già 175 km bastano a diventare dura, 200 potrebbero essere l'ottimo per renderla similare alle altre grandi (ma senza aggiungere altro sterrato, che probabilmente esagererebbe la brutalità). Il vero peccato è che questa corsa, forse perchè corsa del Nord a quasi tutti gli effetti, i corridori italiani non la riescono proprio a interiorizzare, e lo testimonia quell'unico successo di Moser in 11 edizioni.
Corsa di casa indigesta agli italiani
Il risultato odierno è oltremodo ingeneroso nei confronti di coloro che si sono impegnati come Matteo Trentin, di fatto sacrificatosi come (troppe) altre volte per i suoi compagni, o per Fabio Felline, che la gamba per stare coi migliori doveva avercela eccome, per aver concluso 13esimo e migliore azzurro nonostante un incidente meccanico che gli ha fatto perdere troppi minuti nelle fasi calde, costringendolo a correre in rimonta. Chi in realtà ha deluso corrisponde al nome di Vincenzo Nibali e Diego Rosa, che di solito sulle classiche danno l'anima; il siciliano, a dire la verità, ha beccato anch'egli la sua bella dose di sfighe in data odierna (l'apice: farsi 20 km con la bici di Siutsou), mentre era lecito aspettarsi più di un 83esimo dal piemontese, dopo l'exploit nel 2015; non molto meglio Fabio Aru, tornato dopo una buona esperienza nel 2013, bravo a farsi trovare pronto nelle fasi calde ma non oltre il 32esimo posto. Più che le gambe ai nostri è mancata la destrezza: un'esperienza che ai più giovani di loro servirà in altri appuntamenti.