Remco un'altra perla, ma che rimpianti per Tadej!
L'attesissima sfida fra il belga e lo sloveno si risolve con un nulla di fatto a causa della caduta di Pogacar. Evenepoel irraggia la giornata di pioggia con un numero da autentico fuoriclasse. Pidcock secondo, Buitrago terzo
L'avevamo attesa tutti come la sfida dell'anno, forse anche più della Parigi-Roubaix tra Van der Poel e Van Aert e più dello stesso Giro delle Fiandre, gara che resterà a lungo impressa nei cuori e nelle menti degli amanti del ciclismo. L'assenza di precedenti scontri diretti non faceva altro che aumentare ulteriormente la febbrile attesa verso quella che doveva essere Liegi-Bastogne-Liegi più bella del millennio, quella del confronto tra Remco Evenepoel e Tadej Pogacar, mai incrociatisi prima d'ora durante questa stagione. L'acquolina in bocca per un duello che aveva tutti i connotati per poter essere descritto e narrato a lungo come corsa epica è svanita nell'esatto momento in cui Mikkel Honoré - per colpa di una sfortunatissima doppia foratura - ha portato a terra con sé anche Pogacar. Lo sloveno si è provocato la frattura del polso e, sperando che questo non lo rallenti troppo nella rincorsa al Tour de France, non ha potuto dare seguito alla sfida con Remco, il quale, da un momento all'altro, si è ritrovato tutto il peso della Doyenne sulle spalle e, per l'ennesima volta, ha dato dimostrazione non solo di grandi gambe, ma anche di tanta testa e grinta fuori dal comune.
Inutile negarlo, il numero tecnicamente straordinario che l'iridato ha confezionato dalla Redoute in avanti, lasciando a oltre un minuto tutta una serie di altri ottimi atleti, bravissimi e capacissimi, ma nemmeno lontanamente vicini alla categoria dei Remco e dei Tadej, non basta per consolare chi attendeva da ormai diversi giorni se non settimane una battaglia campale tra due ciclisti che dentro di loro hanno la forza di un esercito.
Certo, quantomeno la corsa ci consegna qualcosa di cui ci ricorderemo a lungo: lo scatto con la maglia di campione del mondo - che volente e nolente aggiunge sempre qualche emozione - di Evenepoel in cima alla Redoute, che è esso stesso espressione dello splendido ciclismo contemporaneo, in cui solamente chi è dotato di quel tocco divino del talento può emergere ed ergersi come dominatore. E poi ancora il modo in cui ha mandato gambe all'aria un Pidcock i cui problemi con il chilometraggio e soprattutto con la costanza di rendimento sono sempre più evidenti giorno dopo giorno; ma ancora la compostezza con cui ha affrontato serenamente salite, discese, pianura negli ultimi venti chilometri, il carattere, il carisma e la personalità nel chiamare l'esultanza e il grido del pubblico sul rettilineo finale. Un'unica azione per risollevare una primavera disastrosa su quasi tutti i fronti per una squadra, la sua, la Soudal Quick-Step, per nulla abituata a perdere continuamente.
Adesso per Evenepoel arriva il Giro d'Italia, appuntamento che ha messo nel mirino sin dalla conclusione della scorsa Vuelta e che ha preparato meticolosamente in altura al Teide con alcuni dei compagni che l'hanno affiancato anche oggi in questa sua ennesima dimostrazione - artistica - di potenza. Sulla sua strada ci sarà Primoz Roglic, rivale decisamente ostico, oggi purtroppo assente ai nastri di partenza della Liegi, così come l'altro grande uomo da grandi giri della Jumbo Visma, Jonas Vingegaard. Il danese si sta godendo qualche settimana di riposo insieme alla famiglia prima di iniziare la preparazione in vista del Tour e ha scelto di non prender parte alle Ardenne, lasciando così un vuoto notevole dietro a Pogacar prima e Remco poi.
Sì, perché se prima avevamo comunque meritatamente elogiato coloro che hanno battagliato per il podio nella gara odierna, durissima sia sotto l'aspetto delle condizioni metereologiche che per l'andamento in gara, va ugualmente sottolineato come il livello degli altri contendenti - oltre a Pogi e Remco, appunto - in assenza soprattutto di Vinge e Roglic in queste corse delle Ardenne sia stato abbastanza basso. E non solo perché i fenomeni attuali fanno sfigurare gli “umani”, perché altrimenti certe prestazioni di Ganna, Pedersen, Powless, Küng e Philipsen non sarebbero esistite, ma anche per la mancanza in queste tipologie di gare qui di quegli uomini, all'infuori forse di Pidcock - di cui si è però descritta la cronica incostanza - che possano realmente minacciare il primato degli Evenepoel e dei Pogacar, trovando magari il coraggio di prodigarsi in azioni come quella in cui erano coinvolti tutti i maggiori oustider del Giro delle Fiandre, quasi capaci di mettere nel sacco Pogacar, Van der Poel e Van Aert. La speranza con cui lasciamo il Trittico 2023 è dunque quello di ritrovare delle seconde linee credibili (non solamente per un piazzamento) e soprattutto dotate di grinta e coraggio per variare sullo spartito che li vede costantemente passivi a subire le straordinarie azioni dei Fenomeni attuali.
Liegi-Bastogne-Liegi 2023: la corsa
In conclusione della primavera delle classiche infine c'è lei, la Doyenne, corsa dal sapore antico come quasi tutte le altre grandi che animano la stagione più bella dell'anno, ciclisticamente parlando. 258.1 chilometri da Liegi a Liegi, ovviamente, con l'arrivo posizionato in Quai des Ardennes dopo ben dieci côte. Le più importanti: Côte de Stockeu (1 km al 12.5% medio) ai - 78.5 km dall'arrivo, Col du Rosier (4.4 km al 5.9%) ai - 60 e poi, negli ultimi quaranta chilometri, Côte de La Redoute (1.6 km al 9.4%) seguita dalla salita di Cornémont, Côte de Forges (1.3 km al 7.8%) e Côte de la Roche-aux-Faucons (1.3 km al 11%) con il successivo tratto in salita che termina poco prima dei -10. La giornata inizia subito con tre brutte notizie: non partiti a causa di un tampone positivo Tosh Van Der Sande e Sam Oomen (Jumbo Visma) e per un malanno dell'ultima ora Samuele Battistella (Astana Qazaqstan).
Rispetto a Fiandre e Roubaix il copione della Liegi-Bastogne-Liegi 2023 è decisamente più aderente a quello che si siamo stati abituati a chiamare “sviluppo tradizionale”, almeno nelle prime battute di corsa: dopo pochi chilometri parte una fuga di comprimari, abbastanza numerosa - ben 11 corridori; i nomi dei fuggitivi in questione sono Jason Osborne (Alpecin-Deceuninck), Mathis Le Berre (Arkéa-Samsic), Lars van den Berg (Groupama-FDJ), Paul Ourselin (TotalEnergies), Georg Zimmermann (Intermarché-Circus-Wanty), Fredrik Dversnes (UNO-X Pro Cycling Team), Simone Velasco (Astana Qazaqstan), Johan Meens (Bingoal WB), Alexandre Balmer (Team Jayco-AIUIa), Ruben Apers (Team Flanders-Baloise), Héctor Carretero (Equipo Kern Pharma).
Il ritiro di Tadej Pogacar
A tenere sotto controllo il vantaggio dei battistrada ci pensano ovviamente le squadre dei due favoriti, vale a dire Soudal Quick-Step e UAE Team Emirates. Grazie al lavoro dei gregari della compagine belga e di quella emiratina il gap degli undici non supera mai i cinque minuti, un margine decisamente facile da gestire. Il primo colpo di scena tuttavia non attende ad arrivare ed è uno di quelli che rischia di togliere gran parte del significato alla gara: a 174 chilometri dal traguardo Mikkel Honoré (EF Education-EasyPost) e Tadej Pogacar (UAE) rimangono coinvolti in una caduta mentre le immagini non sono ancora disponibili. Il verdetto è il medesimo per entrambi: ritiro immediato. Remco Evenepoel (Soudal) diviene per distacco l'indiziato numero uno per la conquista della Decana dopo l'abbandono di quello che, secondo tutti i pronostici, era il suo grandissimo rivale nella corsa odierna.
Il lavoro da questo momento in poi è tutto riposto sul Wolfpack, con Mauro Schmid ad impegnarsi per recuperare mano a mano sulla fuga. A 100 chilometri dal traguardo gli undici hanno due minuti esatti di vantaggio rispetto ad un plotone rispetto al quale perdono contatto sia lo stesso Schmid - il quale passa il testimone a Pieter Serry (Soudal) - che un David Gaudu (Groupama) ancora decisamente costipato. Per il resto, oltre ad un George Bennett (UAE) sorprendentemente in difficoltà, non si segnalano altri scossoni né in gruppo né davanti.
Mont-le-Soie e Wanne: la prima selezione
Bisogna aspettare la Côte de Mont-le-Soie (1.7 km al 7.9%) perché davanti si muova qualcosa: sotto l'impulso prima Van den Berg, poi di Osborne e Zimmermann, perdono il treno dagli altri battistrada Apers, Carretero e Balmer. Nel plotone la Soudal alza brutalmente l'andatura per rendere la corsa il più dura possibile, sfilacciando il gruppo e allungandolo. Sia davanti che dietro si verifica dunque un sensibile aumento del ritmo (e della tensione, soprattutto tra gli inseguitori) e tutto va a favore di chi predilige una gara tirata, cioè il campione del mondo, brillantissimo in terza posizione a ruota dello scudiero d'eccezione Julian Alaphilippe (Soudal).
Ulteriore selezione sulla Côte De Wanne (3.6 km al 5.1%). Davanti rimangono in sei: Velasco, Le Berre, Osborne, Van den Berg, Ourselin e Zimmermann. Jan Tratnik (Jumbo) cerca di anticipare la Soudal attaccando a metà salita, portandosi dietro Magnus Sheffield (INEOS Grenadiers) e un opaco Valentin Madouas (Groupama), il quale ben presto perde metri dalla coppia sloveno-americana, che nel frattempo raccoglie per strada Balmer. In coda, a causa della risposta del trenino del Wolfpack con Louis Vervaeke, perdono terreno e dicono addio ad ogni velleità di piazzamento sia Enric Mas (Movistar), colpito da problemi allo stomaco, che Mikel Landa (Bahrain-Victorious), sorprendentemente staccato nonostante una condizione apparentemente molto buona. Nemmeno Michal Kwiatkowski (INEOS) migliora alla Liegi una primavera per lui totalmente negativa.
Abbastanza ininfluente lo Stockeu, dov'è Alaphilippe a dettare un passo non esageratamente alto. Tratnik stacca Sheffield e si lancia all'inseguimento della fuga, in cui sono rimasti solo Velasco, Osborne, Van den Berg, Ourselin e Zimmermann. Il ritardo dello sloveno dai battistrada è di una trentina di secondi sulla Côte de la Haute-Levée (2.2 km al 7.5%) ai -75, mentre il suo vantaggio sul gruppo è di circa 50" (1'20" dalla fuga per il sempre meno cospicuo plotoncino). Sheffield, rimasto a bagnomaria, viene ripreso ai -72. Mollano la presa in questo frangente anche Alexey Lutsenko (Astana), Benoît Cosnefroy (AG2R Citroën Team), reduce da una settimana molto difficile in cui ha sofferto anche di problemi di salute e rischia di farlo, una volta terminato il gregariato per Remco, anche Alaphilippe.
Jan Tratnik primo protagonista di giornata
Il francese riesce però a salvarsi e si mette nuovamente a disposizione dell'iridato nel tratto scorrevole che porta al Col du Rosier. Nel frattempo, ai -65, Tratnik riesce nell'aggancio alla fuga, che con l'aggiunta del portacolori della Jumbo conta quindi sei componenti e un vantaggio di circa un minuto sul gruppo dove sono sempre i Soudal a menare. Sulla salita più lunga di giornata Tratnik stacca tutti i fuggitivi meno Velasco e riesce anche a mantenere invariato il margine nei confronti del gruppo in cui prima tira Alaphilippe - poi staccatosi definitivamente - e nella seconda parte Vervaeke.
Passando per SPA ai -55, la situazione di corsa è la seguente: in testa Tratnik e Velasco con circa 20" su Osborne e 1'00" sul gruppo in cui sono presenti ancora una sessantina di corridori. Avvicinandosi alla Côte de Desnié (1.6 km al 8.1%) Vervaeke tutto solo riesce a rosicchiare una ventina di secondi alla coppia di battistrada e a riprendere Osborne. Sulla salita provano ad anticipare Bauke Mollema (Trek-Segafredo) e Pavel Sivakov (INEOS), ma Ilan Van Wilder (Soudal) fa buona guardia e mantiene l'ordine all'interno del gruppo, facendo un lavoro preparatorio perfetto per il probabile attacco di Evenepoel sulla Redoute.
La mossa di Remco
Grandissima bagarre per prendere davanti la Côte de la Redoute. Gran lavoro svolto da Sheffield e Omar Fraile (INEOS) per Tom Pidcock e da Giovanni Aleotti (BORA Hansgrohe) per Aleksandr Vlasov. Sfortunatissimo Quinten Hermans (Alpecin), il cui problema meccanico proprio prima dell'imbocco della salita gli impedisce di giocarsi le proprie carte in una giornata in cui sembrava abbastanza brillante. Arrivati sulla Redoute tornano davanti i Soudal con Van Wilder a scandire un ritmo forsennato per preparare il terreno a Remco. Tutti sono al gancio, ma il campione del mondo aspetta il tratto un po' meno pendente in cima alla Redoute per scatenare il proprio attacco. Pidcock e Giulio Ciccone (Trek) reagiscono, ma l'abruzzese rinuncia presto all'impresa di tornare a ruota del belga, mentre il campione olimpico della MTB con uno sforzo disumano gli si riporta sotto sfruttando anche la discesa.
Pidcock ed Evenepoel davanti, a 15" la coppia Trek Ciccone-Mattias Skjelmose Jensen e a 30" un drappello con alcuni degli altri outsider: Tiesj Benoot (Jumbo), Romain Bardet (Team DSM), Ion Izagirre (Cofidis), Santiago Buitrago (Bahrain) e Ben Healy (EF). La resistenza di Tom sembra però destinata a spezzarsi da un momento all'altro e infatti, nel tratto di Cornémont non indicato da una specifica côte, il britannico alza bandiera bianca e lascia andare uno scatenato Evenepoel.
Evenepoel viaggia a gonfie vele sino al traguardo; dietro si pensa al podio
Sulla Côte de Forges (1.3 km al 7.8%) Ciccone e Skjelmose si riportano su Pidcock (ritardo che già sfiora il minuto nei confronti di un irraggiungibile Remco) e dal gruppetto dietro rientra su di loro Healy, seguito a stretto giro di posta da Izagirre e Buitrago. Non molto distanti un'altra quindicina di corridori, tutti in gioco per il podio ma non più per la vittoria, che come assai prevedibile è appannaggio dell'unico fenomeno presente in corsa dopo il ritiro di Pogacar: il campione del mondo Remco Evenepoel.
La cavalcata del belga prosegue senza minacce nonostante la pioggia battente che sin dai -50 si è scatenata sui corridori; il suo margine continua a lievitare e ai -15 tocca il minuto e venti su un plotoncino comprendente circa venti unità (ripresi dunque i contrattaccanti tra cui figuravano Ciccone e Pidcock) che ha però perso lungo la discesa dalla Côte de Forges Andreas Kron (Lotto Dstny), finito malamente dentro una siepe e tirato fuori solamente grazie all'ausilio del medico di gara.
Sull'ultima difficoltà di giornata, la Côte de la Roche-aux-Faucons, sono Healy e Sivakov ad animare il gruppo inseguitore, ma l'irlandese è decisamente superiore al francese che infatti si stacca prima di arrivare in cima, a differenza di Buitrago, ancora molto bravo a tenere le ruote del migliore degli altri. Dietro però non sono affatto lontani e prima di gettarsi del tutto a capofitto verso il centro di Liegi Pidcock riesce con una sparata eccellente a riportarsi su Healy e Buitrago; tre corridori per due posti sul podio, ma Guillame Martin (Cofidis), Marc Hirschi (UAE), Madouas e poi ancora Bardet e la coppia Trek Ciccone-Skjelmose non vogliono arrendersi ad un "misero" piazzamento nei dieci. Questi succitati e gli altri componenti del gruppo distano meno di 10" dal terzetto dei primi inseguitori di Evenepoel (1'30" sui tre) a dieci chilometri dal traguardo.
Non riuscendo però a trovare l'accordo, il loro ritardo da Healy, Pidcock e Buitrago inizia a crescere e supera la soglia dei 30" a cinque dalla fine: ciò significa che seconda e terza posizione se la giocheranno allo sprint l'irlandese, il britannico e il colombiano.
Sulla retta finale di Quai des Ardennes Remco può godersi il successo e il pubblico di casa scatenato per l'idolo di una nazione intera, alla seconda vittoria consecutiva nella Liegi-Bastogne-Liegi, un avvenimento che non si verificava dalla doppietta di Bartoli nel 1997-1998. Tornando alla sfida per il podio, Healy tenta di sorprendere gli altri due all'interno dell'ultimo chilometro sapendo di essere il più lento allo sprint, ma né Pidcock né Buitrago si fanno cogliere impreparati; raggiunto Ben, Santiago lancia la volata e conferma di avere uno spunto abbastanza buono, tuttavia non sufficiente a respingere la rimonta di Pidcock, secondo al termine di una gara parecchio discontinua. Ma d'altronde si sa, è proprio l'incostanza il carattere distintivo dell'alfiere della INEOS, sia all'interno di una stessa competizione (in linea o a tappe che sia) che in una singola stagione. Giù dal podio, dietro ad Healy, si piazzano Madouas, Martin e Benoot, tutti fuoriusciti dal gruppo nel finale. A regolare il plotoncino ci pensa l'austriaco della BORA Patrick Konrad. Ciccone, miglior italiano, è tredicesimo; un piazzamento che non rende del tutto onore alla gara coraggiosa dell'abruzzese, il quale comunque continua a lanciare ottimi segnali in vista dell'appuntamento clou del suo 2023: il Giro d'Italia.