Si può vincere un Grande Giro non disponendo d'una buona squadra?
Al primo arrivo in salita del Giro 2023 Remco Evenepoel si è ritrovato senza compagni al cospetto di formazioni avversarie in forze. Resta da vedere come si comporterà se nelle prossime settimane verrà preso in qualche tattica a tenaglia
Quattro tappe sono andate, ne restano 17: in pratica l'80% del Giro d'Italia 2023 è ancora da correre. Fino a ieri, c'era la sensazione in molti che si stesse assistendo a una recita dal finale scontato con Remco Evenepoel destinato a emulare Eddy Merckx nel 1973 e Gianni Bugno nel 1990 vestendo la maglia rosa per l'intera durata della gara. La frazione di ieri, terminata a Lago Laceno, oltre a rendere irrealizzabile questa ipotesi, ha messo a nudo quello che il sottoscritto ripete da mesi: l'inadeguatezza del Wolfpack per essere competitivo in una grande corsa a tappe.
Quanto avvenuto ieri nella fase finale di corsa merita sicuramente un approfondimento. Remco, a 30 chilometri dal traguardo, si è reso conto che la tanto auspicata fuga che doveva liberarlo del fardello della maglia rosa stava guadagnando un margine troppo ampio, nello specifico 5'48". Ha, quindi, schierato la Soudal Quick-Step davanti a tirare il plotone, recuperando così un minuto in 20 chilometri ma perdendo per strada tutti i suoi gregari. In questo modo, è stato costretto ad affrontare la salita finale completamente solo mentre tutte le principali squadre avversarie erano presenti in forze. A questo punto, la INEOS Grenadiers ha preso il comando delle operazioni arrivando vicinissima a far sì che il piano di Evenepoel di lasciar andare la maglia finisse in frantumi. Definire il tutto grottesco, mi pare limitante.
Da quando, il 30 novembre scorso, Remco ha annunciato che avrebbe centrato il suo 2023 sul Giro d'Italia, ho ripetuto fino alla noia, cosa di cui mi scuso, che la sua non era una squadra all'altezza di supportare un capitano che puntasse al successo finale in una grande corsa a tappe. Si potrà obiettare che, in passato, ci sono stati casi illustri di corridori vincenti senza una formazione alle spalle. Stefano Garzelli (Mercatone Uno) nel 2000 ha costituito l'esempio più lampante nella recente storia del Giro d'Italia. Non più di 32 mesi fa, nel settembre 2020, Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) ha fatto qualcosa di simile al Tour de France. Ebbene, cosa hanno questi due casi in comune tra loro? Sono stati successi in cui il simbolo del primato è stato conquistato a fine corsa, nell'ultima occasione disponibile, grazie a delle grandi prove a cronometro ossia nell'unico tipo di gara in cui la squadra non serve.
Se si volesse applicare quanto sopra citato al Giro d'Italia in svolgimento, ciò significherebbe che il millennial fiammingo dovrebbe puntare a riconquistare la maglia rosa nella cronoscalata del Monte Lussari in programma al penultimo giorno di gara. C'è un altro fattore, però, che non può essere trascurato. Il percorso di quest'anno, al netto delle mutazioni che potrà subire per circostanze esterne, difficilmente porterà ad una sentenza tardiva.
Ripensando a quattro anni fa, quando la Movistar, con un attacco nella tappa valdostana della sua seconda punta, Richard Carapaz, andò a conquistare la vittoria finale, ci si può domandare cosa farà Remco se confrontato con una situazione analoga. In presenza d'uno scatto di Tao Geoghegan Hart o Geraint Thomas partirà all'inseguimento a 60 chilometri dall'arrivo, sul terzultimo GPM, rischiando, così, di saltare per aria? Indubbiamente, la fuga a lunga gittata è nelle corde del fuoriclasse di Schepdaal. Se la mettesse in pratica in modo vincente nei prossimi 17 giorni, ci sarebbe solo da togliersi il cappello in ammirazione.