Quanto Valverde! (Nel senso della fisica quantistica)
Alejandro conferma di non finire mai e vince la sesta tappa del Delfinato su Tao Geoghegan Hart e Patrick Konrad. Saltato Lukas Pöstlberger, Alexey Lutsenko è il nuovo leader; domani si sale ancora (di più)
Per qualcuno il tempo scorre in maniera lineare, poi i fisici relativisti ci hanno insegnato nell'ultimo secolo e mezzo che questo non è un dato assoluto, e la quantistica ci ha detto ancor meglio che il tempo stesso si può dilatare o comprimere, per arrivare poi ai grandi paradossi che il cinema di fantascienza ha reso comprensibili (forse) per il grande pubblico, da Interstellar in giù, e dire che non servivano le centinaia di milioni di dollari di budget a disposizione di Chris Nolan per arrivare a una conclusione che si sarebbe raggiunta anche solo filmando gli ultimi due anni di Alejandro Valverde (non sarà mica un caso se Netflix sforna serie a ripetizione sulla Movistar?!).
L'uomo che già nel 2017 più di qualcuno diede per ciclisticamente spacciato, quando si spaccò un ginocchio a Düsseldorf in partenza di Tour de France, si rimise in piedi, tornò e poi, tanto per smentire gli sciagurandi di turno, vinse una corsetta chiamata Mondiale (Innsbrück 2018). Nel 2019 continuò a fare il suo, si laureò campione nazionale spagnolo, una tappa alla Vuelta se la portò a casa ma soprattutto il secondo posto finale, dopo la top ten al Tour e una miriade di piazzamenti rilevanti (tra cui l'ottavo al primo Fiandre disputato in carriera!), e chiuse pure con un grosso rammarico, l'ennesimo Lombardia fuggito via, stavolta sulle gambe di Bauke Mollema: secondo pure lì, ma tutto questo alla bella età di 39 anni.
L'appuntamento con le rivincite dell'anno successivo fu, come sapete, rallentato - per non dire subissato - dai fatti della pandemia. E quando si è tornati a correre, la scorsa estate, Valverde pareva il cugino emaciato e tremarello di quello che conoscevamo. I piazzamenti son continuati ad arrivare, anche se in misura minore rispetto al passato, e di pregio inferiore; ma per la prima volta mancò l'appuntamento con l'amica vittoria. E allora ecco lì le sentenze, è finito, è finito.
"Ma finito un corno!", ci risponde oggi Alejandro da una località con tipico nome francese in-ricordabile (si scherza: Le Sappey-en-Chartreuse). Ha vinto di nuovo nel World Tour, il ragazzo, ed ecco che tutto il discorso di partenza sul tempo e su Nolan trova la sua sintesi. Ha vinto la sesta tappa del Criterium del Delfinato, e non è il primo successo stagionale dato che in aprile aveva già timbrato al GP Miguel Indurain, e va detto che la qualità e la quantità dei suoi piazzamenti è tornata a crescere: terzo alla Freccia Vallone, tanto per dirne uno, ma anche quarto alla Liegi e quinto all'Amstel, e in mezzo qualche podio tra Catalunya e Paesi Baschi. Quindi oggi, dopo un mesetto abbondante di stacco dalla Doyenne, questa vittoria che gli permette di spazzare via il record di più anziano vincitore di tappa al Delfinato (era Gilbert Duclos-Lassalle, a segno nel 1993 a 38 anni e 8 mesi... Valverde si scrolla le spalle e fa uno sbuffetto con la bocca dall'alto dei suoi 41.1).
Non ci sarebbe altro da dire che possa superare il mero dato numerico, nell'incensare oggi l'infinito Alejandro, per cui passiamo alla breve cronaca di tappa.
Criterium del Delfinato 2021 giunto alla sesta tappa, da Loriol-sur-Drome a Le Sappey-en-Chartreuse di 167.2 km con le salite tutte nel finale (Placette, Col de Porte e arrivo in quota). Grande velocità (con vento a favore), molteplici tentativi, e fuga a 14 partita solo dopo 43 km. Il drappellone era formato da Lawson Craddock (EF Education-Nippo), Olivier Le Gac (Groupama-FDJ), Anthony Perez (Cofidis, Solutions Crédit ), Greg Van Avermaet (AG2R Citroën), Omer Goldstein (Israel Start-Up Nation), Laurent Pichon (Arkéa Samsic), Matthew Holmes (Lotto Soudal), Sven Erik Bystrøm (UAE-Emirates), Josef Cerny (Deceuninck-Quick Step), Julien Bernard (Trek-Segafredo), Damien Howson (BikeExchange), Martin Salmon (DSM), Franck Bonnamour (B&B Hotels p/b KTM) e Jan Bakelants (Intermarché-Wanty).
Il vantaggio massimo degli attaccanti non ha mai superato i 3' (tenuti a lungo intorno al km 100), e dire che loro ci davano dentro a tutta, ma il gruppo, tirato dall'Astana-Premier Tech del leader in pectore Alexey Lutsenko, teneva botta, e il risultato di tutto ciò sono state due ore intere tirate a 50 all'ora. Al Gpm del Col de Placette (-48) il vantaggio è sceso a 2'20" e la tendenza è continuata anzi rafforzandosi: un minuto ai -30, quando si era già sul Col de Porte e tutte le marcature erano saltate (per esempio è qui che si è staccato dal gruppo il capoclassifica Lukas Pöstlberger: da un paio di giorni l'austriaco della Bora-Hansgrohe salvava un secondo su Lutsenko).
Bernard ha provato a più riprese ad attaccare, incominciando intanto a spezzettare il drappello; ma la botta più decisa l'ha data Craddock a 2 km dalla vetta (e 22 dal traguardo), e lì l'americano ha allungato, sperando in qualche modo di anticipare l'inevitabile ritorno del gruppo; Holmes ha provato a seguire l'uomo EF, poi è stato superato da Bernard e Bakelants in discesa, ma a quel punto è stata la Movistar a spingere a tutta dietro, e via via ha ripreso tutti quelli che poteva riprendere tra la prima parte della salita finale (in realtà una rampa a sé, la Côte de la Frette) e quella conclusiva: a 3 km dalla vetta si è conclusa l'avventura solitaria di Craddock.
E si è conclusa su un contrattacco di Louis Meintjes (Intermarché), partito poco prima ma destinato a essere raggiunto ai 2400 da un altro contrattacco, portato da David Gaudu (Groupama). Ma il francese non ha avuto abbastanza brillantezza da fare il vuoto, o più probabilmente erano le pendenze a non essere all'altezza delle ambizioni del ragazzo; fatto sta che ai 1800 un'avanguardia dell'ancora folto gruppo di testa ha chiuso su di lui: c'erano Sepp Kuss (Jumbo-Visma), Tao Geoghegan Hart (Ineos Grenadiers) e Miguel Ángel López (Movistar), in pratica i più forti erano tutti lì, con Alejandro Valverde convinto di poter mettere tutti a posto, tanto che appunto Superman lavorava per il murciano.
Ma ai 300 metri è partito - previo buco di Geraint Thomas - TGH, e anche molto bene. Kuss ha provato a mettere nel mirino il vincitore del Giro 2020, ma molto meglio è uscito dal gruppo proprio Valverde, che ha tenuto a distanza i Bora alle sue spalle, si è fiondato su Tao, si è messo in scia sull'ultima semicurva ai 30 metri e solo lì l'ha superato, vincendo a braccia alzate.
Quella che di fatto è stata una volata all'insù non vede distacchi tra i primi: alle spalle di Valverde troviamo Geoghegan Hart, quindi i due Bora Patrick Konrad e Wilco Kelderman, Enric Mas (Movistar), Kuss, Lutsenko, Jack Haig (Bahrain-Victorious), Ben Hermans (Israel) e Steven Kruijswijk (Jumbo); con lo stesso tempo sono stati cronometrati i primi 20 e val la pena citarli tutti nell'ordine: Thomas, Nairo Quintana (Arkéa), Richie Porte (Ineos), Gaudu, Ion Izagirre (Astana), Ilan Van Wilder (DSM), Damien Howson (BikeExchange), Meintjes, Guillaume Martin (Cofidis) e López. Fabio Aru (Qhubeka Assos) ha chiuso a 25" dai primi, 24esimo.
La generale cambia padrone, per il momento: Alexey Lutsenko eredita la maglia gialla con 8" su Izagirre, 12" su Kelderman, 13" su Thomas e Van Wilder, 15" su Porte, 27" su Konrad, 34" su Haig, 39" su Kruijswijk, 42" su López, ma entro i 2' (e quindi teoricamente - e non solo - in corsa per il successo finale) sono in 24, e il 24esimo è, pure qui, proprio Aru, a 1'59" dal kazako. Nel progredire di difficoltà del tracciato di questo Dauphiné, domani la settima tappa prevede un duro arrivo in salita a La Plagne, al termine di 17 km di scalata al 7.4%, e di 171.2 km di tappa con partenza a Saint-Martin-le-Vinoux e le ascese al Col du Pré e al Cormet de Roselend strada facendo: non potranno più esserci sconti per nessuno.