Vincono Kron, Piccolo e... il sindacalismo che serpeggia in gruppo
Seconda tappa della Vuelta tra bracci di ferro, proteste, neutralizzazione del finale, cadute di big, un altro giovane italiano in maglia rossa e la vittoria di Andreas, dedicata al povero Tijl De Decker
Mettetevi nei panni di Jaume Collboni. Già è una vita che tutti lo prendono in giro chiamandolo Geometra Collboni, ma pazienza. Due mesi fa è diventato sindaco di Barcellona, e ha ereditato dalla predecessora Marta Colau l'organizzazione di questa benedetta grande partenza della Vuelta a España 2023. “E va bene”, s'è detto, “ottimo, cosa mai potrà andare male in un bell'evento come questo?”. Risposta: tutto!
Ora si ritrova con la municipalità di questa bellissima, affascinante città, che ha pagato fior di quattrini per avere la grande partenza della corsa per farsi così questo po po di spottone a beneficio di turisti che - se avevano una mezza idea di farsi un weekend in Catalogna - dopo aver visto quel che hanno visto in questi due giorni, opteranno ora per la più secca foresta pluviale del Manipur.
L'unica salvezza per il buon nome di Barcellona è che - essendo la Vuelta una gara decisamente minore - sarà difficile che resti negli annali un indelebile ricordo di "quella cronosquadre disputata di notte sotto la pioggia, quella in cui non si vedeva niente"… così come solo i più biechi appassionati si ricorderanno dei fatti della seconda tappa: delle precipitazioni che, dopo essere mancate nella zona per sei mesi, “avevano continuato a martellare la città”, obbligando gli organizzatori a neutralizzare il finale, in un braccio di ferro coi corridori che conferma quanto da un po' di tempo facciamo notare, e cioè che i ciclisti sono meno scemi di un tempo, hanno più volontà e soprattutto capacità di farsi rispettare, di non farsi mettere i piedi in testa, di non essere considerati come l'ultima ruota del carrozzone.
Vedere Remco Evenepoel che ieri inveisce senza remore per l'oscurità in cui è stato costretto a gareggiare, e insistere oggi per il taglio del circuito finale; vedere Jonas Vingegaard che va al bus della Movistar per parlare con Enric Mas del da farsi, non escludendo anche di non partire per niente; vedere gli organizzatori dapprima proporre la neutralizzazione light, dalla cima del Montjuïc, e poi piegare la testa accordando quella hard, degli ultimi 9 km; vedere ancora Remco e Jonas esercitare il ruolo di rappresentanti sindacali nel cuore del gruppo, a tappa in corso… vedere tutto questo ci fa volere un po' più di bene all'umanità.
Piccolo, un primo posto per una carriera che riparte di slancio
Se ci fosse un concorso per il premio "Peggior inizio di evento 2023", avremmo un vincitore per distacco, questo si è capito. Però in mezzo al casino di inizio Vuelta vengono fuori come fiorellini di campo due giovani italiani, ieri Lorenzo Milesi, oggi Andrea Piccolo. Che si tratti - incidentalmente ma magari non proprio casualmente - di due dei più interessanti nomi del nostro ciclismo, particolarmente (ma non solo) in chiave gare a tappe, è un elemento di grande rilievo.
Con tutto il rispetto per i cacciatori di tappe, quelli che in carriera ne vinceranno magari tre al Giro, una al Tour, due alla Vuelta, sapere che il movimento produce qualche ragazzo che magari un GT in futuro lo vincerà, e che già a 20 anni o poco più riesce a farsi rispettare davanti ai grandi del mondo, rinfranca non poco il tifoso nazionalpopolare.
22 anni e mezzo, lombardo nato a Magenta, Andrea Piccolo ha avuto un percorso un po' tanto complicato tra i professionisti, passato in un biennio dall'Astana alla Gazprom alla Drone Hopper alla EF, approdo che gli ha permesso di lasciarsi alle spalle un periodo fatto anche di tanti problemi fisici: covid, mononucleosi, un'infezione al fegato e i conseguenti malumori, acuiti anche dalla consapevolezza di avere un valore che per mille motivi non riusciva a esprimere in tutto il suo potenziale.
In questo 2023 tanti chilometri per il ragazzo, arrivato finalmente a esordire ieri in un grande giro, e già oggi vestito del liderato… appena peggio di quanto fatto da Lorenzo Milesi (in rosso al primo colpo), ma comunque uno score di tutto rispetto, anche alla luce del fatto che la fuga che l'ha portato a questa grande gioia l'ha voluta lui in prima persona, l'ha pensata, l'ha promossa, l'ha alimentata e alla fine ne ha raccolto i risultati.
Nessuno gli chiederà di difendere la maglia rossa domani, ma l'innesto di fiducia che gli deriva dai fatti di oggi è prezioso e mette - anche più dello stesso primo posto provvisorio in classifica - decisamente in positivo il bilancio del ragazzo in questa Vuelta.
Vuelta a España 2023, la cronaca della seconda tappa
La giornata numero 2 della Vuelta a España 2023 è cominciata oggi col comunicato degli organizzatori che annunciavano la neutralizzazione dei 3.6 km finali della Mataró-Barcellona, seconda tappa lunga 181.8 km il cui finale era allagato sin dalla mattinata. Ma ai corridori, già scazzati abbastanza per i fatti di ieri sera, non andava ancora bene questa misura, e tira e molla e tira e molla alla fine la neutralizzazione è stata allargata agli ultimi 9 km, comprendendo quindi pure la scalata al Montjuïc: la classifica sarebbe stata fissata ai -9, nessun distacco conteggiabile dopo, anche se ovviamente i corridori si sarebbero giocati liberamente la tappa (con tanto di abbuoni sia in cima al Montjuïc che all'arrivo).
La fuga del giorno è andata di forza sul Coll de Sant Bartomeu, Gpm di terza affrontato subito dopo la partenza, ed è stata animata da quattro corridori, due italiani e due spagnoli: Andrea Piccolo (EF Education-EasyPost), Matteo Sobrero (Jayco AlUla), Javier Romo (Astana Qazaqstan) e Joal Nicolau (Caja Rural-Seguros RGA). Romo ha vinto il Gpm su Nicolau e Sobrero, poi in discesa sui primi è rientrato anche Jetse Bol (Burgos-BH) mentre il gruppo rotolava a più di due minuti. Il vantaggio sarebbe arrivato a un massimo di 3'24" al km 30, dopodiché la DSM-Firmenich del leader Lorenzo Milesi ha tenuto il distacco intorno ai due minuti.
Il secondo Gpm, il lungo e facile Coll d'Estenalles (2a categoria), è stato vinto ai -115 da Sobrero (destinato a prendersi i pois) su Romo e Nicolau, quindi in discesa, una volta entrati nei 100 km finali, Remco Evenepoel (Soudal-Quick Step) è rimasto attardato da una foratura, aiutato dai suoi a rientrare senza patemi nonostante il ritardo fosse arrivato a superare il minuto. Negli stessi frangenti venivano attardati da forature anche Enric Mas (Movistar) e Thymen Arensman (INEOS Grenadiers), avremmo saputo poi che il buontempone di turno aveva buttato delle puntine sul percorso.
A 50 km dalla fine, su una discesina resa più insidiosa dalla pioggerella, davanti Nicolau e Bol hanno perso contatto da Piccolo, Sobrero e Romo, e dietro ci sono state alcune cadute, tra cui una di Alberto Dainese (DSM); un altro DSM, invece, il giovane Oscar Onley, si è ritirato. Con l'andare della frazione le condizioni della strada sono nettamente peggiorate, sia nel senso della scivolosità che in quello degli ostacoli incontrati: una teoria infinita di rotonde, rotonde, rotonde.
In una di queste, ai -33, Jay Vine (UAE Emirates) è scivolato portandosi giù Primoz Roglic (Jumbo-Visma): perfetto, due dei principali caditori del gruppo hanno così timbrato il primo cartellino della propria corsa, per fortuna senza conseguenze. Abbiamo già detto rotonde? In una ai -32 è stato Andrea Piccolo a finire per terra, salvo poi cambiare bici e dedicarsi a uno spericolato dietromacchina che l'ha riportato nel giro di tre chilometri su Romo e Sobrero.
Intanto in gruppo accadeva di tutto: tanti tronconcini qua e là e alcuni capipopolo che si premuravano di andare a moderare la velocità davanti, invitando con ampi gesti i colleghi a rallentare. Nella fattispecie, gli Jumbo Dylan van Baarle e Jonas Vingegaard e - immancabile - Remco Evenepoel. In effetti l'andatura è rallentata per un po' e molti degli attardati sono rientrati. Per il momento. (Abbiamo detto rotonde?).
Ai -24 di colpo Matteo Sobrero è rimasto a secco e ha perso contatto da Piccolo e Romo, irrimediabilmente. Con l'avvicinarsi alla periferia di Barcellona son riprese le cadute, rotonde e cadute, anche curve e cadute: Santiago Buitrago (Bahrain-Victorious), Michael Storer (Groupama-FDJ), Simone Petilli (Intermarché-Circus-Wanty) e François Bidard (Cofidis) sono andati giù su una svolta a destra, quindi abbiamo scoperto che anche Geraint Thomas (INEOS) aveva toccato l'asfalto, e a un certo punto, intorno ai -20, abbiamo ritrovato staccato e sanguinante anche il leader della generale Lorenzo Milesi, abbandonato a se stesso dalla DSM che giustamente si curava di proteggere il vero capitano del team, Romain Bardet.
Era caduto pure lui, il giovane Lorenzo, ma la regia tv era impegnata in quel momento in un giro di gin tonic per cui non poteva badare a seguire bene la corsa. Da lì alla fine le cose, dal punto di vista televisivo, non sarebbero migliorate, con le riprese da 10 km d'altezza che sono un po' una caratteristica delle corse spagnole, una sorta di monumento nazionale come le plazas de toros.
La DSM tirava il gruppo perché Piccolo aveva appena 6" di ritardo in classifica, la Alpecin-Deceuninck dava una mano perché voleva vincere la tappa con Kaden Groves, ma i due superstiti della fuga sono stati bravissimi a resistere fino ai -9, ovvero fino al punto in cui - subito dopo l'ultima delle 627 rotonde della giornata - i tempi sono stati fissati per la generale. Pazienza se poi nessun riferimento della cosa è stato dato agli spettatori ma anche agli stessi corridori, destinati a rimanere nell'insipienza per molti minuti dopo la fine della gara. Nulla in confronto a quanto avvenuto più avanti in cima al Montjuïc, laddove erano previsti abbuoni di 6-4-2", per attribuire i quali i commissari di corsa son dovuti andare a chiedere le videoregistrazioni dei tifosi ivi presenti per risalire all'ordine dei passaggi…
In questo tripudio di professionalità e inappuntabile precisione, ai -8 Piccolo e Romo sono stati raggiunti da un pezzetto di gruppo, quello dei corridori intenzionati a giocarsi il successo di giornata (una trentina, non tanti di più), mentre tutti gli altri alzavano il piede dall'acceleratore. Sul Montjuïc ai -4 si è mosso Rémy Rochas (Cofidis), ma la sua azione ha appena fatto il solletico agli avversari.
Molto più ficcante la sparata di Andreas Kron (Lotto Dstny), andata in scena un attimo dopo e che ha permesso al danese di andare a scollinare al Gpm con abbuoni con un minimo margine su Romain Grégoire (Groupama), Marijn van den Berg (EF) e un altro paio di nominativi indetectabili dal nostro punto di osservazione posto ai limiti della ionosfera.
Kron ha resistito ottimamente sulla breve ma tecnica discesa posta prima della dolce contropendenza conclusiva, mentre alle sue spalle c'erano un tot di rientri sui suoi immediati inseguitori. Nessuno ha comunque avuto modo di andare a chiudere sul 25enne nato ad Albertslund, che aveva in animo una piccola ma importantissima missione, quella di dedicare la vittoria a Tijl De Decker, lo sfortunatissimo compagno morto pochi giorni fa dopo essere stato investito in allenamento.
Kron ha preceduto di pochi secondi un drappello in cui Groves ha battuto per il secondo posto Andrea Vendrame (AG2R Citroën), Andrea Bagioli (Soudal), Fernando Barceló (Caja Rural-Seguros RGA), Iván García Cortina (Movistar) e Grégoire, settimo. Andrea Piccolo ha conquistato la maglia rossa che ora detiene con 11" su Romo e 13" su un gruppetto aperto da García Cortina. Bagioli è 13esimo a 19".
Domani la Vuelta a España 2023 uscirà da questo weekend da incubo con la terza tappa, Súria-Arinsal di 158.5 km. Il finale prevede Coll d'Ordino, lungo ma non sconvolgente, e l'ascesa verso Andorra, 8 km su cui per forza di cose qualcosa accadrà, dato che in particolare nella seconda metà le pendenze non sono per niente docili. Dopo due giorni un po' così, magari lo sconfinamento del terzo dì nel Principato rimetterà ogni vueltistica cosa al proprio posto.