Three Kings in Espelette
Nella crono che chiude le ostilità al Tour Thomas in controllo, Dumoulin vince e sale con Froome sul podio. Roglic sottotono
Una lotta tra big sul filo dei secondi, forse su una distanza troppo breve, ma su un percorso decisamente spaccagambe, al fine di portare a casa non solo il podio finale a Parigi, ma anche un successo di tappa: il Tour vive a tra Saint Pée sur Nivelle ed Espelette una delle sue giornate più belle in una edizione piuttosto tormentata e non troppo memorabile a livello sportivo. Alla fine a spuntarla è il campione del mondo, uno dei pochi a vincere al Tour con l’iride della cronometro addosso (prima di lui, solo Tony Martin e Fabian Cancellara): parliamo di Tom Dumoulin, icona assieme a Chris Froome di un ciclismo nel quale il bis tra Giro d’Italia e Tour de France torna finalmente di moda e soprattutto praticabile: era dal 1994 che due atleti non salivano sul podio in entrambe le corse, quando un emergente Marco Pantani dava battaglia sulle strade d’Italia e di Francia a Miguel Indurain.
Un Chris Froome che proprio per questo motivo, al termine di un ciclo piuttosto travagliato della sua carriera, otto mesi fa con la notizia della positività al salbutamolo, può sorridere e vedere il bicchiere mezzo pieno: nonostante la sconfitta infinitesimale odierna, per 1”78, nonostante la mancata doppietta, gli insulti, l’ostracismo della direzione di gara della Grande Boucle, il campione britannico, soprattutto grazie alla grande impresa di Bardonecchia al Giro d’Italia e all’assoluzione della WADA, ne esce nobilitato e finalmente degno di un posto nella storia del ciclismo, al netto di qualunque polemica. Anche perché grazie alla vittoria finale di Geraint Thomas, questa non è una sconfitta: il gallese, che considerando l’esperienza in Barloworld corre al fianco di Froome da più di dieci anni, oggi poteva addirittura vincere la sua terza tappa, ha dimostrato nella prima parte della crono di volare e soltanto la prudenza, la voglia di non strafare e perdere all’ultimo tutto ciò che aveva guadagnato, l’ha portato ad un terzo posto parziale che alla fine non importa più di tanto.
Unico rimandato nella giornata odierna il più acerbo dei protagonisti per la lotta al podio, lo sloveno Primoz Roglic: ieri incensavamo lo sloveno, ma la controprestazione odierna su quello che dovrebbe essere il suo terreno ha dimostrato che per lui c’è ancora un po’ di strada da fare per diventare un punto di riferimento dei GT. Roglic può comunque tornare a casa contento per un 4° posto finale per il quale avrebbe sicuramente firmato alla vigilia, nonché rafforzato nelle sue convinzioni.
Crono umida ma non pericolosa. Craddock esulta, disavventura per Pasqualon
La prova dei Pirenei Atlantici è un bel concentrato di fatica: in 31 km previsti 500 metri di dislivello, con 4 strappetti distinti da affrontare e in generale neanche un metro di pianura. La difficoltà principale il Col de Pinodieta, 900 metri al 10% di pendenza media con scollinamento a 3 km dal traguardo. Il muro basco (perché seppur in Francia, geograficamente siamo in terra basca) risulterà decisivo per la prova, che sarà caratterizzata da pioggia a intermittenza, ma nonostante questa e i saliscendi non si registreranno incidenti di rilievo. Gli elementi più interessanti fuori dalla competizione sono due: uno è la conclusione di Lawson Craddock, il quale conclude la prova esultando: non tanto per la maglia nera conseguita con un dominio con poche similitudini nella storia recente, quanto per l’impresa compiuta nel correre un intero GT con una spalla rotta. Meno felice Andrea Pasqualon, costretto a disputare una delle cronometro più tirate della sua vita dall’ennesima svista organizzativa: costretto a partire con più di 5’ di ritardo per un errore della scorta, dovrà spingere più di quanto preventivato per non finire fuori tempo massimo, chiudendo penultimo con un confortante ritardo di 8’34” dal vincitore.
Kwiatkowski in giornata di libertà
Il primo riferimento della prova è lo specialista della Mitchelton-Scott Michael Hepburn, il quale si ritroverà a lungo in testa staccando un tempo di 42’15” e concluderà 10° la prova. A batterlo sarà uno dei corridori più interessanti emersi nella prima parte del 2018, il vincitore della Parigi-Nizza Marc Soler (Movistar), a dir la verità piuttosto in ombra in tutta la corsa, il quale si piazza davanti ad Hepburn per appena 5 centesimi. Molto più netto lo strappo di Søren Kragh Andersen: il danese del Team Sunweb, di recente messosi in evidenza sfiorando il successo alla conclusione del Tour de Suisse, sposta indietro l’asticella di mezzo minuto, siglando un 41’43” che gli varrà il quinto posto finale. Ma non risulterà il più forte tra gli uomini non in classifica: l’indossatore della maglia bianca nella prima parte della corsa verrà battuto di bruscolini dal campione polacco Michal Kwiatkowski, in giornata di libertà dopo un Tour intero al servizio della squadra: con 41’42” l’ex-campione del mondo su strada si conferma un brutto cliente a cronometro, abbastanza brutto da venir battuto solo dai suoi capitani.
Zakarin e Bardet guadagnano una posizione ai danni dei Movistar
Prima che entrino in scena i big, è il turno dei nostri atleti. Non cambia posizione Domenico Pozzovivo (Bahrain – Merida), oggi 36esimo a 2’45”, che si conferma miglior italiano al 18esimo posto nella generale a 39’08”, mentre Damiano Caruso riesce a salire in top 20 ai danni di Guillaume Martin (Wanty – Groupe Gobert): Caruso è infatti autore di un ottima prova che lo vede 13esimo di tappa ad 1’31”.
Si lotta oggi solo per il podio, mentre le altre posizioni sono generalmente abbastanza consolidate. Uno specialista come Bob Jungels, pure sesto a 52” da Dumoulin, è comunque costretto a restare in 11esima posizione finale. Due soltanto i cambiamenti di posizione, tutti ai danni dei capitani Movistar al termine di un Tour da dimenticare: Ilnur Zakarin (Katusha) è autore di una grande prova soprattutto nella prima parte, dove ha staccato tempi più bassi di Kwiatkowski nel primo e nel secondo intermedio. Il russo chiude settimo ad 1’02”, sopravanzando un Nairo Quintana in modalità sopravvivenza, staccato di più di 4’ al traguardo: Zakarin dunque conclude nono il Tour, conquistando a 12’39”, conquistando la terza top ten consecutiva in un GT, l’unico che gli mancava, mentre Quintana è decimo a 14’18”.
Abbastanza prevedibile il sorpasso di Romain Bardet ai danni di Mikel Landa: al capitano dell’Ag2r è bastato un 22esimo posto per superare l’atleta quasi di casa, seppur non spagnolo. Le spinte degli inicitamenti non collimano le mancanze del basco nell’esercizio, con Bardet che si prende il sesto posto nella generale a 6’57”, mentre Landa finisce settimo a 7’37”. Ottavo posto in cassaforte per lo sfortunato Daniel Martin (oggi consolato da un incomprensibile premio alla combattività) con distacco di 9’05”, in top ten per il terzo anno di fila; al sicuro anche il quinto posto di Steven Kruijswijk, oggi abbastanza brillante (16esimo ad 1’46”): distacco finale 6’08”, per l’olandese decisamente il miglior GT dopo il giro quasi vinto nel 2016.
La debacle di Roglic mette le ali a Froome e Dumoulin
L’attesa per la lotta al podio si perde già dopo il primo intermedio: evidente la giornata no di Primoz Roglic, in netto ritardo rispetto a Froome e Dumoulin già di mezzo minuto dopo 13 km. Roglic prenderà un ritmo migliore nella seconda parte della prova, chiudendo ottavo ad 1’12”, per poi assestarsi al quarto posto finale a 3’22”. Nel duello invece per la tappa, tra Froome e Dumoulin che viaggiano su binari praticamente paralleli, con Froome avanti di un paio di secondi quasi tutto il tempo, piomba Geraint Thomas: il gallese vola al primo intermedio, rifilando un distacco di 14” al compagno di squadra, mantenuto al secondo intermedio. Nel finale Thomas (che ha un momento di panico per un incertezza su una curva a destra in salita) tira i remi in barca e si accontenta di arrivare, lasciando a Dumoulin e Froome la lotta per la tappa: ed in salita l’olandese rivela di avere un pizzico di energia e qualità in più, battendo di un’inezia Froome col tempo di 40’52”, 50” meglio di Kwiatkowski tra l’altro. Thomas invece concluderà terzo a 14”, e vincerà questo Tour de France con 1’51” su Dumoulin e 2’24” su Froome. Successo finale al Tour, dopo 9 partecipazioni (la prima nel 2007): solo Zoetemelk aveva aspettato così tanto nella sua carriera, prima di vincere la Grande Boucle.