Rudy Molard al Grand Prix de Québec 2024 © Groupama-FDJ
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Rudy Molard, dalla commozione cerebrale in Australia alla convocazione per il Mondiale

L'esperto corridore della FDJ è tornato in ottima forma nella seconda parte di stagione dopo aver vissuto dei primi mesi di 2024 molto complicati a seguito della caduta al Tour Down Under

Di storie di rinascita dopo un serio incidente in questo 2024 ciclistico ce ne sono state molte. Quella che più salta alla mente degli appassionati è inevitabilmente il clamoroso ritorno ad altissimi livelli in primis di Jonas Vingegaard ma anche di Jay Vine dopo la terribile e tanto discussa caduta ai Paesi Baschi, dove il danese della Visma e l'australiano della UAE furono fra i corridori che avevano riportato le più gravi conseguenze.

Quando però le cadute riguardano un solo atleta, specie in una corsa di inizio stagione dall'appeal non così eclatante come il Tour Down Under, e il protagonista non è un nome altisonante, può succedere che il fatto passi inosservato. Un ritiro come un altro, insomma. In questo caso, però, la storia merita di essere raccontata, ed è quella che riguarda Rudy Molard, ritiratosi per colpa di una caduta accaduta nella 3a tappa della corsa a tappe australiana; si può dire che sia stato soprattutto grazie alla sua squadra, la Groupama-FDJ, e al racconto pubblicato sul sito della formazione francese che abbiamo potuto scoprire nel dettaglio cosa gli era capitato.

Infatti, in occasione del rientro alle gare di Molard, avvenuto al Tour de Romandie ben tre mesi dopo l'incidente in Australia, la FDJ ha pubblicato ad aprile un'intervista al suo esperto portacolori, il quale ha illustrato in maniera estremamente dettagliata quello che ha passato nelle ore seguenti a quella caduta e nel lungo percorso riabilitativo che ha dovuto intraprendere una volta rientrato in Francia. Di seguito ne riporteremo alcuni dei passaggi più significativi.

Il risveglio in ospedale e l'amnesia

Quando mi sono svegliato in ospedale, parlavano in inglese e io non avevo idea di dove fossi. Poi ho visto che ero in tenuta da ciclismo, quindi ho capito che stavo correndo e mi sono ricordato che ero in Australia. Quando finalmente ho ripreso i sensi, la prima cosa che ho pensato è stata: ‘c****, sono qui’. Ho pensato che forse non mi sarei mai svegliato. La parte più difficile è stata rendersi conto che sarebbe potuta andare peggio, che sarebbe potuto accadere il peggio. Questo mi ha allarmato. Non ho mai temuto il peggio nella mia carriera, ma questo mi ha spaventato".

"Poi ho voluto subito capire cosa fosse successo. Quando si ha un'amnesia di quasi un'ora, si vuole sapere. È strano non ricordare un momento della propria giornata. Pensavo che mi sarebbe tornato in mente guardando le foto, ma non è successo nulla. Non mi riconoscevo nelle foto, avevo l'impressione che non fosse andata così, che non fosse nemmeno successo. In ospedale mi dissero che se non avessi ricordato nelle ore successive, non avrei mai ricordato. E non è mai tornato. La cosa assurda è che ero cosciente mentre venivo in ospedale, ma non ricordo nulla. È davvero strano”.

La prima diagnosi che ricordo è stata quella sera, piuttosto tardi. Mi dissero che non c'erano fratture o emorragie nel cervello e che gli organi vitali erano intatti. A parte questo, ero talmente drogato che non mi rendevo conto di quello che stava succedendo... Ero sotto Fentanyl, che è l'equivalente di 100 volte la morfina. Non so nemmeno se sia autorizzato in Francia. Non mi faceva male da nessuna parte. Non soffrivo nemmeno per la caduta, perché non la ricordavo. Ero in un mondo parallelo. Mi dissero che avevo una grave commozione cerebrale”.

Le difficoltà del percorso riabilitativo

Solo quando sono tornato in Francia ho capito quanto tempo ci sarebbe voluto. Ogni giorno le mie condizioni peggioravano. Non riuscivo a vedere alcun miglioramento. Jacky (medico della squadra) e io abbiamo preso subito appuntamento con uno specialista a Monaco, ma la cosa più difficile era che nessuno poteva darmi una scadenza. Una settimana mi sentivo leggermente meglio, ma la settimana dopo ero di nuovo al punto di partenza, e ancora peggio di prima. Erano già passate quattro settimane. All'inizio ho minimizzato il mio infortunio, poi ho negato completamente quello che mi stava succedendo. Poi è arrivata la fase di accettazione, quando mi sono detto che avrei saltato tutto l'inizio della stagione. È successo passo dopo passo, e solo quando ho accettato la mia situazione e ho dato tempo al tempo le cose sono migliorate”.

Avevo vertigini, giramenti di testa, instabilità e nausea per tutto il giorno. Appena mi alzavo e camminavo un po', dovevo aggrapparmi al tavolo perché facevo fatica a stare in piedi. Appena chiudevo gli occhi, cadevo. Il luogo in cui mi sentivo più a mio agio era il buio, perché la luce del giorno non mi piaceva. Infatti, non riuscivo a vedere nulla. Un giorno volevo cambiare la misura di un braccialetto. Non ci riuscivo. Ho chiesto alla mia ragazza e lei l'ha fatto in due secondi… Mi sono detto che era più grave di quanto pensassi".

"Sono dovuto andare dall'oculista e da allora porto gli occhiali. Questi piccoli passi mi hanno fatto capire che era una cosa seria. Inoltre, ero spesso assente. Quando andavo a mangiare a casa di amici, a volte non ero presente durante il pasto. Il mio cervello si scollegava dal momento presente. Ero da un'altra parte. Il cervello andava in delirio, in semi-allucinazioni. Non si può controllare nulla. L'immaginazione e il subconscio sono costantemente al lavoro. Questo periodo è durato due o tre settimane. Era interminabile”.

Il cambio di percezione sul tema a seguito della caduta: "Finché le cose non ti succedono, non le capisci davvero. Da tempo si parla di commozione cerebrale, ma devo ammettere che non l'ho mai presa sul serio. È un argomento di cui non si parla mai. Per me, quando qualcuno cadeva e subiva una commozione cerebrale, era un po' scosso, ma dopo qualche giorno tutto tornava alla normalità. Ora che è successo a me, voglio davvero condividerlo con le persone che purtroppo ne saranno colpite in futuro. È un periodo molto più difficile di quanto si pensi, e non ci sono molti studi o cose concrete sull'argomento. Ma è importante. Infatti, poiché avevo problemi con gli schermi, ascoltavo i podcast sull'argomento per saperne di più. Mi permetteva anche di chiudere gli occhi e di riposare, il che mi faceva bene".

Il ritorno in sella e la convocazione mondiale

Rudy Molard (a destra) sul podio del GP Québec assieme al vincitore Michael Matthews e a Biniam Girmay © Getty Images / Alex Broadway
Rudy Molard (a destra) sul podio del GP Québec assieme al vincitore Michael Matthews e a Biniam Girmay © Getty Images / Alex Broadway

Soltanto due mesi dopo quella caduta, racconta Molard nella seconda parte dell'intervista, è tornato ad avere buone sensazioni. Dal suo ritorno alle corse a fine aprile al Romandia, tenendo a mente tutto quello che ha passato nei mesi precedenti, fa davvero impressione osservare la crescita di rendimento dell'ultimo periodo di gara, considerato inoltre che parliamo di un neo-35enne (compleanno festeggiato il 17 settembre).

Dopo aver ottenuto nel mese di luglio un quinto e un nono posto nella classifica generale rispettivamente di Tour de l'Ain e Tour de Wallonie, Molard ha partecipato alle due classiche in Canada a settembre e, nel Grand Prix de Québec, ha ottenuto uno dei migliori risultati della sua carriera: terzo, alle spalle di Matthews e Girmay al termine della solita volata che sembra non finire mai sul traguardo della corsa canadese.

Il classe 1989 nativo di Gleizé - che nella sua carriera vanta una vittoria di tappa alla Parigi-Nizza nel 2018 e 5 giorni in Maglia Rossa alla Vuelta España (2018 e 2022) grazie a due fughe che gli permisero di salire momentaneamente in testa alla classifica - non aveva mai ottenuto un piazzamento nei primi cinque in una corsa di 1 giorno World Tour.

Le convincenti prestazioni delle ultime gare hanno spinto il commissario tecnico della nazionale francese Thomas Voeckler a riservare a Molard un posto per il Mondiale in linea di Zurigo 2024, quello che sarà il suo terzo campionato del mondo dopo Innsbruck 2018 e Imola 2021, in cui recitò il ruolo di valido gregario per i propri capitani.

Se pensiamo a come era iniziata la sua stagione, la storia di Rudy Molard insegna una volta di più come dalle difficoltà della vita, professionale e non, si possa tornare più forti di prima, e senz'altro con una consapevolezza diversa di noi e di ciò che ci circonda.

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Michele Moretti
Cresciuto a pane e sport. Nato con l'amore per il basket, mi sono avvicinato al ciclismo grazie ai pomeriggi passati a guardarlo in tv con i miei nonni. Accumulatore seriale di statistiche sportive a tempo perso.