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Tirreno, quante risposte in una gara sola!

13.03.2022 21:29

Con la volata di Phil Bauhaus si è chiusa oggi la Corsa dei Due Mari dominata da Pogacar su Vingegaard e Landa, attraversata da interessanti protagonisti e che ci lascia un Evenepoel pieno di dubbi: il nostro bilancio


Un articoletto-bilancio sulla Tirreno-Adriatico 2022 che si è chiusa oggi sulla riviera marchigiana con la volata di Phil Bauhaus e il tridente di Tadej Pogacar non può prescindere dall'idea che ci siamo fatti in questa settimana di gare. Da un lato, se nella stessa domenica qui la corsa la vince Pogacar e a Nizza Primoz Roglic, ci arriva la netta conferma di chi siano attualmente i due fari per le gare a tappe. Se poi andiamo a guardare come si è arrivati a un tale epilogo, abbiamo proprio in filigrana l'attitudine di entrambi: uno, questo qui in Italia, domina. L'altro, oltralpe, arriva a dama col fiato corto e con l'imprescindibile ausilio del team (nella fattispecie, di un Wout Van Aert fuori scala). Chiaro che poi, quando i percorsi a tappe dei due sloveni si incroceranno, diciamo al Tour de France, sarà abbastanza orientato il pronostico, pendente tutto da una parte.

Ma non ci sono solo classifiche nel ciclismo, ci sono anche classiche, e su questo fronte si emerge dalla Corsa dei Due Mari con la moltiplicata convinzione che Pogacar possa sostanzialmente fare un po' quello che gli pare, attualmente. Se piazza sul Poggio un allungo come uno di quelli che ha mostrato non già per vincere a Carpegna ieri (o anche solo a Bellante giovedì), ma per far suo un qualsiasi traguardo volante umbro, chi volete che lo tenga? Il ragazzo di Klanec pare in piena sindrome di onnipotenza, una tendenza già in atto alla Strade Bianche e di cui non si indovina una fine. Tanto che se ripensiamo ancora a lui e alla prossima Classicissima, la domanda che ci poniamo non è "la vincerà?", bensì "come la vincerà?".

Siccome non di solo Tadej si vive, meritano una parola gli altri protagonisti di questa settimana centritaliana: i veloci Tim Merlier, Caleb Ewan, Phil Bauhaus, dalla cui categoria in passato avremmo scelto i favoriti per la Sanremo (non che - chi di loro sarà al via da Milano sabato - non abbia delle chance, ma ci paiono residuali); il solito cronoman spaccasecondo Filippo Ganna, pure lui lo coniughiamo bene in chiave Classicissima avendo bene in mente il suo Poggio 2021, la notizia è che Pippo è pienamente in sé e in forze, ottimo e abbondante, tanto che ha portato la maglia azzurra per tre giorni, difendendola anche su diversi strappini e strappetti; il fuggitivo Warren Barguil, che ha avuto il merito di sfruttare l'unico spiraglio lasciato da Pogacar in una tappa difficile. In tema di fuga, una parola va spesa per Quinn Simmons, che tra un attacco e l'altro ha conquistato a pugni (metaforicamente) la maglia di migliore scalatore detenuta nei primi giorni da Davide Bais. In tema di classiche invece i grandi protagonisti delle stesse han giocato a nascondersi, alcuni un po' in ritardo di condizione (Julian Alaphilippe, Gianni Moscon), altri immalinconiti dai propri guai (Peter Sagan, che si è ritirato dopo due giorni), altri ancora in logica carburazione (Kasper Asgreen, Greg Van Avermaet), altri infine orientati a continuare su un percorso di incompiutezza (Tim Wellens, Michael Matthews).

E poi i contendenti di Tadej in classifica, il già rivale del Tour 2021 Jonas Vingegaard che qui conferma la sua solidità, Mikel Landa che si prepara a un altro periodo pre-GT pieno di ottimi presagi destinati a schiantarsi contro uno qualsiasi dei suoi immancabili imprevisti, l'immarcescibile Richie Porte, il rinascente Jai Hindley che torna a fare risultati degni dopo una stagione troppo brutta per essere vera. Qualche nome nuovo che spunta (Thymen Arensman addirittura sesto della genearle, Victor Lafay un ordine di grandezze più giù), i classici e pluripiazzati scudieri di Landa (top ten sia per Damiano Caruso che per Pello Bilbao), qualche grande vecchio che c'è sempre (Domenico Pozzovivo e Rigoberto Urán che fanno densità appena fuori dalla top ten), la nouvelle vague francese dei '10s che gravita ancora in zone più o meno decenti (Thibaut Pinot ottavo, Romain Bardet 12esimo), qualche grosso passaggio a vuoto (Miguel Ángel López, Richard Carapaz, Jakob Fuglsang) e poi un paio di cagnacci da cui ci si aspettava di più, Giulio Ciccone e Remco Evenepoel.

Se l'abruzzese è legittimamente proiettato sull'accoppiata Giro-Tour, per cui è tutto sommato normale non scandalizzarsi per il suo decimo posto, il belga conferma il sospetto che non sia un cavallo su cui puntare se si vuol galoppare nelle gare a tappe: secondo alla Valenciana un mese fa, solo 11esimo in una Tirreno in cui non ha proprio trovato il modo di lasciare almeno una zampata (sì, insomma: diciamo che è stato deludente), in mezzo ha vinto la Volta ao Algarve, ovvero una corsa parecchio sbilanciata da una crono molto lunga. Lo scorso anno Remco fece quattro gare a tappe con risultati equamente divisi tra successi (Giro del Belgio, Giro di Danimarca) e ritiri (Giro d'Italia, Benelux Tour). Nello stesso biennio Pogacar ha vinto sette delle otto gare a tappe a cui ha preso parte, mancando solo il Paesi Baschi 2021 ("solo" terzo, battuto da Roglic e Vingegaard) a fronte della sequenza UAE-Tirreno-Slovenia-Tour per ripartire nel 2022 da UAE-Tirreno (il filotto diventa 8/9 se aggiungiamo anche il Tour 2020). Insomma i due giocano non solo in due campionati diversi ma, per il momento, proprio in due distinte discipline, e uno dei motivi di interesse per i prossimi anni sarà il vedere se Evenepoel, che ha comunque quasi un anno e mezzo di vantaggio su Pogacar, saprà trovare in seguito una chiave per essere efficace anche nelle gare a tappe più altimetricamente impegnative: ne va dell'interesse delle corse nel prossimo futuro.

In conclusione di bilancio, un pensiero lo dedichiamo a Giovanni Visconti, un protagonista degli ultimi tre lustri di ciclismo italiano, passato da grande promessa in maglia rosa a solida certezza capace di vincere tre campionati nazionali e di ritagliarsi poi un posticino tutto suo nel panorama internazionale tra Movistar e Bahrain, prima di tornare al livello Professional per le ultime stagioni da vecchio saggio. La crono di Lido di Camaiore è l'ultima corsa da professionista che ha concluso, quello del giorno dopo l'ultimo numero di gara che ha indossato, poi s'è fermato nel corso di quella seconda tappa, ritirato dalla corsa ma direttamente dall'intero ciclismo. Un posto per restare nell'ambiente lo potrà trovare facilmente, se vorrà, ma se ora stacca per un po' per dedicarsi alla famiglia chi potrà dire "a" dopo oltre 16 stagioni di intenso professionismo? In bocca al lupo a lui.

Phil Bauhaus e il gran finale della Tirreno-Adriatico
Prosegue la regola sanbenedettina della Tirreno-Adriatico, ovvero quella che prevede che la corsa finisca a San Benedetto del Tronto: è stato vero in 56 edizioni su 57, sfuggita solo la prima ma diciamo che non fa testo. Oggi, al contrario di quanto avvenuto negli ultimi anni, niente breve cronometro ma un'abbordabile tappa in linea di 159 km. Non hanno preso il via Enric Mas (Movistar), Tao Geoghegan Hart (INEOS Grenadriers) e Jhonatan Restrepo (Drone Hopper-Androni), reduci da una giornata difficile ieri; giornata difficile oggi invece per Magnus Cort Nielsen (EF Education-EasyPost), caduto con altri dopo un chilometro e costretto al ritiro. Fuga in viaggio sin dal km 4, Alessandro Tonelli (Bardiani-CSF), Jorge Arcas (Movistar) e Manuele Boaro (Astana Qazaqstan) i tre incaricati di vedere se fosse quella giornata su cento in cui questo genere di tappe sfuggono ai velocisti. (Spoiler: non lo era).

I tre hanno toccato un vantaggio di 3'30" al km 25, e possiamo evitare di dilungarci su particolari diversi dal riportare il chilometro in cui la fuga è finita: Tonelli si è rialzato ai -15, Boaro e Arcas sono stati ripresi ai -7. In gruppo, senza andare tanto per il sottile, avevano tirato a turno un po' tutti i team che avessero un velocista da spendere sul lungomare marchigiano. La volata, su un lungo rettilineo e contro un muro di vento contrario, è stata impostata dalla Israel-Premier Tech ma Giacomo Nizzolo è stato anticipato dall'azione Intermarché-Wanty condotta da Andrea Pasqualon che ha lanciato prestissimo Alexander Kristoff, già ai 250 metri.

Un po' troppo anche per un velocista tarato sulle lunghe volate come il norvegese: e infatti, mentre era impegnato a chiudere la strada ad Arnaud Démare (Groupama-FDJ) che provava a uscirgli alle transenne, lo scandinavo è stato superato nettamente al centro proprio da Nizzolo che intanto era stato molto bravo a prendere la ruota dello stesso Kristoff. Ma pure Giacomo non aveva fatto i conti con l'incognita dell'ultimo secondo: l'ha trovata in Phil Bauhaus che, partito metri e metri prima dalla ruota di Démare, si era spostato verso il centro mentre il francese cercava l'estremo lato della strada. Al contrario di Arnaud, il corridore della Bahrain-Victorious ha trovato via libera sull'altro lato e ha potuto così esprimere un 50 metri finale senza freni e senza pari, trovando così il primo successo stagionale davanti allo stesso Nizzolo e a Kaden Groves (BikeExchange-Jayco) che veniva da dietro. Quarto e quinto Davide Cimolai (Cofidis) e Alberto Dainese (DSM), poi troviamo Kristoff, Edvald Boasson Hagen (TotalEnergies), Olav Kooij (Jumbo-Visma), Démare e Matteo Moschetti (Trek-Segafredo).

La classifica finale è quella eternata dal doppio Carpegna di ieri: Tadej Pogacar (UAE Emirates) vince la 57esima Tirreno-Adriatico con 1'52" su Jonas Vingegaard (Jumbo), 2'33" su Mikel Landa (Bahrain), 2'44" su Richie Porte (INEOS), 3'05" su Jai Hindley (Bora-Hansgrohe), 3'16" su Thymen Arensman (DSM), 3'20" su Damiano Caruso (Bahrain), 3'37" su Thibaut Pinot (Groupama), 3'51" su Pello Bilbao (Bahrain), 4'03" su Giulio Ciccone (Trek). Fuori dai 10 Remco Evenepoel (Quick-Step Alpha Vinyl) a 4'20", Romain Bardet (DSM) a 4'29", Domenico Pozzovivo (Intermarché) a 5'16", Rigoberto Urán (EF) a 6'33", Marc Soler (UAE) a 6'42", Victor Lafay (Cofidis) a 6'52", Cristián Rodríguez (TotalEnergies) a 7'10", Lorenzo Fortunato (Eolo-Kometa) a 7'28", Wilco Kelderman (Bora) a 7'48" e Warren Barguil (Arkéa Samsic) a 8'33", un secondo meglio di Miguel Ángel López (Astana), solo 21esimo alla fine.
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Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!