Søren Wærenskjold in ritiro a Mallorca a gennaio 2025 © Ingrid Wollberg / TV 2
Professionisti

La coscienza di Wærenskjold e il no all'AlUla Tour

Il corridore della Uno-X ha spiegato le ragioni che lo hanno indotto a chiedere alla squadra di non partecipare alla corsa saudita

31.01.2025 17:00

Sono diversi anni, ormai, che il World Tour punta ad essere sempre più World: gare giovani o del tutto nuove sono corse in paesi mai attraversati dalle due ruote e nuove forze geopolitiche si affacciano nel calendario del ciclismo professionistico. In questo delicato scacchiere giocano un ruolo fondamentale i corridori, lavoratori dello sport i cui programmi e impegni sono condizionati, oltre che da ragioni economiche, anche dalle mosse diplomatiche dell'UCI. La complessità del mondo attorno non lascia del tutto indifferenti i ciclisti, che pure spesso sembrano muoversi in una sorta di bolla, passando veloci senza avere la possibilità di fermarsi a riflettere su ciò che incontrano lungo le strade che percorrono. 

Pur non essendo molti coloro che si espongono direttamente, qualche rara voce produce effetti benefici per un discorso sul ciclismo che vada al di là del puro gesto sportivo. Come dimenticare il compianto Gino Mäder, che si era fatto un nome nel peloton grazie alle proprie iniziative ambientaliste? O il veterano Alessandro De Marchi, sempre in prima linea quando si parla di sicurezza sulle strade? Al gruppo delle voci fuori dal coro si è da qualche tempo aggiunto anche Søren Wærenskjold (Uno-X Mobility). Corridore in ascesa della squadra scandinava, in un'intervista all'emittente norvegese TV2, Wærenskjold ha parlato della propria scelta di rimanere in Europa mentre molti dei suoi compagni di squadra sono impegnati in Medioriente per l'AlUla Tour.

 

Il no di Wærenskjold: “È una questione di diritti umani”

Wærenskjold aveva già partecipato alla corsa saudita nel 2023 e nel 2024, vincendo una tappa in entrambe le occasioni. Per il 2025, però, ha chiesto di non fare il proprio debutto stagionale in Arabia Saudita: "Ho detto che non volevo tornarci e la squadra lo ha rispettato. Preferisco rimanere qui", ha affermato il corridore da Maiorca, dove si trovava al momento dell'intervista e dove è atteso al via del Trofeo Ses Salines.

Tappa e maglia per Søren Wærenskjold a Sharaan ©AlUla Tour
Tappa e maglia per Søren Wærenskjold a Sharaan ©AlUla Tour

"Se la squadra avesse detto che dovevo andare, non avrei potuto dire nulla al riguardo. Sono loro i capi. Ma da parte mia, cercherò di rimanere dalla parte "giusta", per così dire" spiega il ventiquattrenne, evidenziando quali siano i motivi che l'hanno spinto a prendere questa decisione: "È una questione di diritti umani. Ci sono prove di persone catturate e uccise a causa delle loro opinioni politiche. Diritti degli omosessuali, diritti delle donne... I problemi sono tanti"

Wærenskjold si era già dimostrato attento agli aspetti non puramente agonistici dello sport: il corridore ha infatti raccontato di aver rifiutato, due anni fa, un lauto ingaggio con l'UAE Team Emirates per motivi “morali ed etici”, preferendo continuare la propria carriera con la Uno-X. “Sono stato tentato, ma non ho accettato. So che in Norvegia non c’è grande apprezzamento per le attività degli emiri e cose simili. Questo ovviamente ha avuto un peso nella mia decisione. Ho preferito fare la scelta moralmente ed eticamente giusta e non mettere lo stipendio al di sopra di ogni cosa“ aveva dichiarato allora sempre all'emittente TV2.

Tornando all'AuUla Tour, ha aggiunto: “Se se ne ha l'opportunità, penso che sia una cosa positiva prendere le distanze. Ma poi c'è A.S.O. [la società francese che organizza il Tour de France e tante altre corse del calendario professionistico, ndr], che è un organizzatore molto grande e ha un sacco di affari laggiù, quindi diventa tutto più complicato”. Il giovane corridore è, in ogni caso, consapevole di quanto il suo gesto sia solo un goccia in un mare di più grandi giochi economici e politici.

Io sono un semplice ciclista che ha fatto una scelta. I cambiamenti sistemici sono probabilmente difficili da realizzare. E non credo davvero che abbia alcun effetto il fatto che io prenda le distanze da questa cosa. Ma lo faccio per la mia coscienza” ha concluso Wærenskjold.

Thor Hushovd, direttore sportivo della Uno-X Mobility © Pål S. Schaathun / TV 2
Thor Hushovd, direttore sportivo della Uno-X Mobility © Pål S. Schaathun / TV 2

Thor Hushovd, direttore sportivo della Uno-X Mobility, non ha avuto problemi ad accettare la decisione del corridore. “Devo rispettare il fatto che gli atleti abbiano desideri diversi e prendano posizione su questioni così importanti”. 

Hushovd ha detto che il team ha fatto "valutazioni accurate": "Partecipare non significa che sostenere il regime". Per Hushovd, è fondamentale che A.S.O. abbia valori che siano affini alla sua squadra.

Molte grandi competizioni sportive si svolgono ormai nei posti più diversi. È A.S.O.  a organizzarle, per cui ci adeguiamo e sosteniamo le loro scelte. Ma ovviamente rispettiamo il fatto che alcuni atleti scelgano di non correre lì”, dice.

 

Il Mondiale negli Emirati Arabi Uniti

Gli appuntamenti mediorientali sono ormai diventati presenze stabili nel calendario del ciclismo professionistico: UAE Tour, Tour of Oman e AlUla Tour (ex Saudi Tour) sono tra le maggiori competizioni dell'area del Golfo. Nel 2016 il Qatar ha ospitato i Campionati del Mondo, che torneranno in Medio Oriente nel 2028, ad Abu Dhabi.

Bisogna fare attenzione a distinguere tra i paesi del Medio Oriente” sottolinea Wærenskjold. "Alcuni sono più 'occidentali' di altri, ma l'Arabia Saudita è forse uno dei paesi peggiori. Quindi cerco di prenderne le distanze". Per sciogliere le riserve sulla sua possibile partecipazione ai prossimi mondiali emiratini, però, c'è ancora tempo: “Cosa farò se sarò convocato ai Mondiali di Abu Dhabi? Vedremo. Non mi arrischio a rispondere ora”.

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