Marco Pantani sull'Alpe d'Huez © Hein Ciere - Wikiportrait
Ciclismo e Cultura

Pantani: The Accidental Death of a Cyclist, documentario sull'uomo che divorava le montagne

Tra il Memorial Pantani 2024 di Cesena e l’eredità del Pirata: l'ascesa e caduta, la gloria e il dolore nel film di James Erskine

10.09.2024 18:40

Per chi ha vissuto le sue imprese, Marco Pantani è un simbolo indimenticabile, un'icona di passione, sofferenza, vittoria e declino. Ma come si racconta tutto questo a chi non c’era? Il documentario Pantani: The Accidental Death of a Cyclist (2014), diretto da James Erskine e disponibile su Prime Video, fa proprio questo: ripercorre la straordinaria epopea del Pirata, un campione capace di far battere il cuore degli appassionati, non solo per le sue vittorie, ma per la sua umanità fragile e combattiva.

Il 14 settembre, Cesena si prepara ad accogliere il Memorial Pantani 2024, una gara che ormai occupa un posto speciale nel cuore degli appassionati di ciclismo. Quest'anno, però, l'emozione sarà ancora più intensa: ricorre il ventennale della scomparsa di Marco Pantani, e , dopo 12 anni, la partenza torna sulle colline di Cesena, dove il Pirata si allenava per preparare le sue imprese in salita. Un ritorno che rende l'evento non solo un tributo al campione, ma anche un'occasione per ricordare l'uomo dietro la leggenda.

Né colpevole né santo

Attraverso interviste, filmati originali delle gare e i ricordi di chi lo conosceva meglio, il documentario ricostruisce non solo i trionfi di Pantani, ma anche la sua discesa, inesorabile e devastante, senza colpevolizzarlo né santificarlo: Pantani è l’uomo contro la montagna, questo cerca di dirci il regista con le soggettive di quelle salite ripide, battute dal sole, dove l'unico suono è il respiro affannato, e c’è solo la strada e nessun altro.

"Aveva gli occhi di un ragazzo di 16 anni", così veniva descritto Marco Pantani, nonostante la sua maturità fisica e le imprese incredibili che aveva già realizzato. Nel 1998, il Pirata scrisse una delle pagine più epiche nella storia del ciclismo, vincendo sia il Giro d'Italia che il Tour de France nello stesso anno, un’impresa irripetibile in un’epoca funestata dagli scandali sul doping. Eppure, solo sei anni dopo, moriva da solo in una stanza d’albergo, a soli 34 anni, stroncato da un’overdose di cocaina.

L'uomo che divorava le montagne

Pantani è stato l'ultimo grande campione capace di far sognare un'intera nazione. I filmati delle sue vittorie, con i commenti dei telecronisti in varie lingue, sono bellissimi: quando Pantani scattava in salita, milioni di persone rimanevano incollate allo schermo. Ad ogni tappa, passava tra due ali di folla che impazziva per lui. Poi, però, arrivò quel giorno fatale a Madonna di Campiglio. E quando a un campione togli il suo sport, cosa gli resta?

La recensione di Enzo Vicennati (firma di Bicisport all'epoca dell'uscita del film, oggi direttore di Bici.pro) e di molti altri appassionati e professionisti del settore, è stata piuttosto critica nei confronti del documentario di James Erskine. Troppo poco spazio ai trionfi di Pantani e troppo al suo declino, con un'attenzione eccessiva su Lance Armstrong, colui che più aveva umiliato il campione di Cesenatico. Tuttavia, Erskine non voleva raccontare la leggenda del Pirata – quella la conosciamo già tutti – ma la storia dell'uomo che divorava le montagne.

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