
Patrick Lefevere sull'abbigliamento protettivo: «Siamo molto lontani»
L'ex team manager della Soudal-QuickStep ha di nuovo parlato di sicurezza, dicendosi "per niente d'accordo" sull'abbigliamento protettivo
Dopo la caduta di Tim Merlier alla rovinosa Brugge-De Panne, che ha visto 30 corridori infortunati, e 3 abbandoni prematuri nella E3 Saxo Classic, Patrick Lefevere, ex team manager della Soudal-QuickStep, è di nuovo al centro del dibattito sulla sicurezza in gara, un tema ormai caldissimo.
«Abbigliamento protettivo? Siamo lontani da questo»

«Non possiamo girarci intorno: ci sono molte cadute in gara», ha scritto Lefevere nella sua rubrica per Het Nieuwsblad. «Ruben Desmet, il grande uomo di Unilin, mi tirava le orecchie già cinque anni fa. 'Le aziende americane quotate in borsa preferiscono non sponsorizzare sport con così tanti infortuni gravi'. È chiaro che bisogna fare qualcosa».
Riguardo alle possibili soluzioni ai numerosi incidenti Lefevere si unisce alla visione di Philippe Gilbert: "Vedo solo vantaggi nell'approccio di Montréal e del Giro delle Fiandre: i corridori esplorano già il traguardo in gara, i tifosi vedono passare i corridori più spesso e gli organizzatori possono offrire ai VIP formule migliori. Tutti vincono. Ho parlato con il mio buon amico Carlo Lambrecht, che si occupa dell'organizzazione della Dwars door Vlaanderen: perché non potrebbe evolvere in questa direzione anche la loro corsa?"
Per quanto riguarda l'abbigliamento protettivo e le limitazioni, invece, Lefevere “non è assolutamente d'accordo”. «Abbigliamento protettivo? Al momento siamo molto lontani da questo. La tendenza è solo quella di essere più leggeri e più aerodinamici. Anche nelle classiche i corridori indossano tute da sprint che non offrono alcuna protezione. Questo crea graffi che sono più grandi e certamente molto più visibili rispetto a quelli che si verificavano con la nostra maglia di lana», ha spiegato l'ex CEO della Soudal-QuickStep.
«Ci sono molte persone che fanno pressione per una restrizione dei rapporti. José De Cauwer e il nostro stesso CEO Jurgen Foré per citarne alcuni. Io non sono d'accordo. Perché dovremmo tornare ai ‘miei tempi’ del 53-12 o del 54-14 o del maledetto scatto fisso? Oggi il ciclismo è uno sport diverso, con atleti che raggiungono livelli senza precedenti. Il materiale segue l'evoluzione dello sport».
Per Lefevere non c'è una “formula magica” per diminuire le cadute
Secondo Lefevere, non esiste una “formula magica” per liberare il ciclismo dalle cadute. «Ma iniziamo comunque con i percorsi. Non passare da tre corsie a una come a La Panne nel finale. E non necessariamente si deve arrivare proprio davanti al municipio. Quest'ultima cosa ormai l'ha capita anche l'intransigente e duro Tour de France», ha concluso Lefevere.