Matthew Richardson cambia bandiera: AusCycling lo bandisce a vita
Il trasferimento alla Gran Bretagna in gran segreto e le accuse di furto di proprietà intellettuale: il pistard 25enne fa discutere non solo per i meriti sportivi
Il caso Matthew Richardson si è ufficialmente chiuso: il pistard è stato bandito a vita dall’Australian Cycling Team. Non potrà più rappresentare l’Australia né beneficiare delle risorse messe a disposizione da AusCycling o dai suoi partner. Con effetto immediato, perde anche il diritto a premi e riconoscimenti legati al programma della Federazione, inclusi i bonus ottenuti grazie ai risultati delle Olimpiadi di Parigi 2024, dove ha gareggiato sotto i colori australiani.
La decisione è arrivata a seguito del controverso cambio di nazionalità sportiva del 25enne, passato all’improvviso dall’Australia alla Gran Bretagna. Attualmente impegnato nella UCI Track Champions League con la maglia britannica, dove si ritrova in testa alla classifica dello Sprint Maschile dopo la prima tornata, Richardson è stato accusato da AusCycling di comportamenti ritenuti “incompatibili con i valori della nazionale australiana e della comunità ciclistica”. Lo sprinter aveva anche firmato una clausola di non competizione di due anni con AusCycling, ma la federazione ha ritenuto che farla rispettare fosse "legalmente inapplicabile". Nel frattempo, un divieto imposto dall’UCI ha escluso Richardson dai recenti Campionati del Mondo su pista, impedendogli di rappresentare la Gran Bretagna fino all’inizio del prossimo anno.
Una questione di modalità, non di bandiera
Il problema, secondo AusCycling, non risiede tanto nel cambio di nazionalità – scelta non nuova per gli atleti australiani – quanto nelle modalità con cui è avvenuto. L’Australia, paese profondamente multiculturale, conta oltre un quarto della popolazione nata all’estero e milioni di cittadini con doppia nazionalità. Cambiare bandiera non è inusuale: basta pensare al caso di Shane Perkins, passato alla Russia nel 2017 per proseguire la carriera e partecipare a un’altra Olimpiade, senza suscitare alcuna polemica.
Ma il caso di Richardson è diverso. Nato nel Kent, in Inghilterra, ha vissuto lì fino a nove anni prima di trasferirsi in Australia. Nella terra dei canguri ha scoperto il ciclismo su pista, emergendo come uno dei migliori sprinter al mondo. Nel suo palmares figurano due ori ai Giochi del Commonwealth e una maglia iridata nello sprint a squadre ai Mondiali del 2022. A Parigi 2024, ha conquistato due argenti e un bronzo, confermandosi secondo solo al fenomeno olandese Harrie Lavreysen. A coronare la sua Olimpiade, l’oro nell’inseguimento a squadre, che ha rappresentato la miglior prestazione australiana nel velodromo olimpico dai tempi di Atene 2004.
Solo due settimane dopo Parigi, però, Richardson ha annunciato il suo trasferimento alla nazionale britannica, da sempre una delle principali rivali dell’Australia.
Accuse e tensioni
Secondo AusCycling, Richardson avrebbe avviato le pratiche per il cambio di nazionalità presso l’Union Cycliste Internationale (UCI) già prima delle Olimpiadi, chiedendo però, insieme a British Cycling, di ritardarne l’ufficializzazione fino al termine dei Giochi. Durante questo periodo, avrebbe mantenuto segreta la sua decisione ad allenatori e compagni di squadra. Inoltre, dopo Parigi, ma prima dell’annuncio ufficiale, avrebbe richiesto di trasferire in Inghilterra attrezzature di proprietà della Federazione australiana, tra cui una bici personalizzata, un cockpit e una tuta da gara. AusCycling ha definito questa mossa gravemente lesiva della sua proprietà intellettuale.
Il furto di proprietà intellettuale
Nonostante il talento indiscutibile di Richardson, la Federazione australiana ha voluto inviare un messaggio chiaro: rappresentare una nazione non significa solo competere per i suoi colori, ma anche condividere valori e rispetto reciproco. Tuttavia, il furto di proprietà intellettuale è un avvenimento raro negli sport non motoristici: in passato ci sono state accuse tra produttori di attrezzature per il ciclismo, soprattutto in seguito al passaggio di ingegneri da un’azienda all’altra, ma mai rivolte direttamente agli atleti.
La proprietà intellettuale tutela giuridicamente il frutto dell’attività creativa e inventiva, che si tratti di opere artistiche, innovazioni scientifiche o industriali. Non protegge il bene fisico che ne è la realizzazione, ma l’idea stessa, garantendone al titolare l’uso esclusivo, la possibilità di riproduzione e un ritorno economico. I principali diritti di proprietà intellettuale – come diritto d’autore, marchi, brevetti e disegni industriali – sono riconosciuti a livello internazionale. Nel caso di Richardson, AusCycling accusa il ciclista di aver violato la proprietà intellettuale australiana portando alla Federciclismo britannica la sua bici personalizzata e la divisa da gara, risultato dei progressi della tecnologia australiana. In questo modo, avrebbe trasferito preziose informazioni tecniche direttamente a una federazione rivale.
Richardson, finora, non ha risposto pubblicamente alle accuse di AusCycling. Tuttavia, il suo profilo Instagram sembra parlare per lui. Nella sua biografia sono elencati i successi più importanti, tutti conquistati sotto i colori australiani. Ma nella foto del profilo, Richardson indossa una maglia britannica.