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In fuga dall'Enfer du Nord

08.04.2018 20:28

Ovvero, come la gara più bella del calendario si presta a fughe a lunga gittata vincenti (o quasi)


Nel giorno forse del suo più bel trionfo, Peter Sagan condivide una foto che potrebbe conservare a lungo (la foto della sua esultanza nel velodromo di Roubaix), con un inpronosticabile corridore svizzero. Costui altri non è che Silvan Dillier, a dire il vero non del tutto sconosciuto campione nazionale della confederazione elvetica. Dillier, dopo un più che discreto inizio di carriera da pistard (vincitore della Sei Giorni di Zurigo 2013 in coppia con Iljo Keisse e di vari titoli europei nelle categorie giovanili), ha pian piano assunto una sua dimensione importante anche su strada, vincendo tra le altre corse anche una tappa nello scorso Giro d’Italia. Ma a parte però qualche azione da lontano, lo svizzero non aveva mai regalato prestazioni di rilievo nelle classiche del pavé, ed in effetti questa routine sembrava poter continuare stamattina quando, dopo poco più di 30 km dal via, si è inserito con altri coraggiosi nella classica fuga del mattino, volta più a mostrare lo sponsor che ad ottenere un concreto risultato. Lo svolgimento della gara ha portato uno scatenato campione del mondo a riprendere gli ultimi tre superstiti della fuga: il belga Jelle Wallays, il norvegese Sven Erik Bystrøm ed appunto Dillier. Dapprima lo scandinavo, poi il coraggioso Wallays (che non aveva risparmiato un attivo contributo all'azione di Sagan), han dovuto alzare bandiera bianca; ma l'indomito Silvan, che ha dal canto suo dato una grossa mano allo slovacco, ha resistito fino al traguardo, conquistando un incredibile podio.

Un unicum nel ciclismo del Terzo Millennio
In effetti non è la prima volta che la Roubaix premia (su un gradino inferiore del podio o addirittura sul più alto) un fuggitivo del mattino negli ultimi anni. Questo fatto costituisce una rarità nel ciclismo contemporaneo. Unica attinenza magari la si può trovare nella Paris-Tours, dove il succitato Wallays nel 2014, Frederic Guesdon nel 2006 e Richard Virenque nel 2001 hanno ottenuto grandi vittorie in capo ad azioni da lontanissimo. È però anche vero che la classica di Tours non ha il rango di corsa monumento, ne è animata da tutti i più forti protagonisti delle classiche, per la sua collocazione nel calendario e perché fuori dal World Tour. Prendendo invece in esame le altre quattro classiche monumento vediamo invece un discorso diametralmente opposto. Nessuna delle altro quattro gare in linea più importanti del calendario ha visto nel Terzo Millennio fuggitivi del mattino spingere la propria azione fin sul traguardo. Vediamo adesso che questo scenario è invece ben più frequente nella Regina delle Classiche, essendo accaduto ben tre volte negli ultimi 11 anni (oggi escluso, ovvio!).

2007: La fuga bidone

La più classica delle fughe bidone colpiva nel 2007. Nella maxi-fuga del mattino si ritrovano alcuni medi calibri, tra cui gli italiani Roberto Petito (già in luce al Fiandre 2005) ed Enrico Franzoi (crossista di buon livello). Nella trentina di uomini al comando si nasconde quasi Stuart O'Grady, pistard australiano militante nella CSC del campione in carica Cancellara, in fuga come punto d'appoggio per il capitano. Nella Foresta di Arenberg allungano i favoriti: c'è Boonen, a fatica segue Cancellara, cade invece il terzo favorito, quell'Alessandro Ballan che sette giorni prima aveva vinto la Ronde van Vlaanderen. Boonen però esaurisce presto il suo attacco, e nel finale lascia spazio all'iberico Juan Antonio Flecha. Questi scatta con due altri puri uomini da nord come Bjorn Leukemans e Steffen Wesemann, riprendendo e trascinandosi dietro fino al velodromo Petito. Flecha vince anche lo sprint alla sua miglior Roubaix della carriera, ma questo non basta perché proprio O'Grady aveva attaccato dalla media distanza sorprendendo i rivali ed ottenendo una storica vittoria per il continente Down Under (non l'unica come vedremo).

2011: Cancellara contro tutti, spunta la fuga
Nell'edizione 2011 della Roubaix, i due favoriti erano i soliti di tutte le gare sul pavé degli anni a cavallo tra primo e secondo decennio del 2000: Fabian Cancellara e Tom Boonen. Costretto quest'ultimo a fermarsi nella Foresta di Arenberg ed a salutare ogni ambizione di successo, l'attenzione si spostava quindi sull’elvetico, costretto a giocare contro tutti. In particolar modo il norvegese Thor Hushovd e l'italiano Alessandro Ballan, unici a resistere alle micidiali progressioni del Bernese, rifiutavano collaborazione giustificandosi con la presenza nel nutrito gruppo in fuga dei rispettivi compagni Johan Van Summeren e Manuel Quinziato. Fuggitivi riunitisi in due ondate, infatti alla fuga del mattino si era aggiunto un veemente tentativo promosso dallo sfortunato Lars Boom, poi protagonista di una foratura. Effettivamente il ragionamento dei due rivali di Cancellara era esatto (in particolar modo dal punto di vista di Hushovd), essendo la vittoria finale andata nelle mani di Van Summeren. Ma se Van Summeren era uscito dal gruppo a metà gara con Boom, il terzo classificato, alle spalle di un furioso Cancellara, è stato l'olandese Maarten Tjallingii, in fuga da quasi 200 km.

2016: Hayman 'rovina' la quinta
Ancor più fragoroso quanto accaduto nel 2016. Dopo un’emozionante ed imprevedibile gara (condizionata da cadute come quella di Cancellara che toglie di mezzo lui e il fenomenale Sagan, autore di un’acrobazia da rider per evitare di travolgere Fabian) Boonen riesce a portar via tenacemente il tentativo giusto, con il solito cagnaccio Vanmarcke, il passista britannico Stannard ed il veloce norvegese Boasson Hagen. I quattro riprendevano uno dei fuggitivi, l'australiano Matthew Hayman, e si dirigevano verso Roubaix tra scatti, controscatti, crisi ed azioni di forza. Alla fine il rimescolamento delle carte portava ad un incredibile volata a 5, con Boonen dietro a controllare principalmente Boasson Hagen e Vanmarcke (autore di una clamorosa beffa ai sui danni qualche anno prima alla Omloop Het Nieuwsblad). Davanti Hayman, in gioventù discreto sprinter ma ora più anziano e affaticato dalla lunga fuga. Potrà mai mettersi proprio lui tra Boonen ed il sogno del record assoluto di 5 Roubaix vinte? Ebbene sì, ed è ormai storia.

Un percorso antico per uno svolgimento antico.
Questa peculiarità della Roubaix può avere varie origini. Innanzitutto la Regina è gara durissima, in cui andare in fuga non dà un eccessivo svantaggio in termini di consumo di energie. Inoltre i fuggitivi stando davanti risparmiano le preziose energie sprecate dal gruppo per affrontare in testa il pavé. Il percorso atipico della Roubaix rende dunque questa corsa atipica sua volta nel panorama delle classiche del Terzo millennio. Mentre la Sanremo si decide negli ultimi 10 km e la Liegi ormai si decide soltanto sull'ultimo strappo ogni anno arriva il pavé a farci reinnamorare del ciclismo. E siamo già tutti pronti per il prossimo Tour de France, in cui si affronteranno nuovamente queste storiche ed appassionanti strade del Nord della Francia.
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