Mathieu come nessuno, nessuno come Mathieu
Una superiorità nettissima vale a Van der Poel il titolo di nuovo campione del mondo in quel di Glasgow al termine di una corsa tiratissima. Van Aert ancora secondo, Pogacar completa il podio. Bettiol è decimo e merita tanti applausi
Avesse vinto anche il Giro delle Fiandre staremmo parlando della stagione più clamorosa della storia recente del ciclismo; e ultimamente, grazie alla nuova generazione di fenomeni, non sono certamente mancate annate di tutto rispetto, come ad esempio il 2021 di Tadej Pogacar o il 2022 di Remco Evenepoel. Ma il grado di perfezione che ha raggiunto Mathieu in questo 2023 è ancora più impressionante, seppur limitato solamente alle classiche, e gli ha consentito finalmente di concretizzare con una serie di vittorie il talento che aveva palesato in tutte le più grandi classiche già dal 2019. Da febbraio il suo palmares recita Mondiale di ciclocross, il quinto, Milano-Sanremo, la prima, Parigi-Roubaix, sempre la prima, e ora il Mondiale su strada in linea, anch'esso nuovissimo nel suo carniere. Una sequenza che nessuno mai prima era riuscito a realizzare né per quanto riguarda la sola strada né per ciò che concerne i campionati del Mondo. E adesso la storica sfida delle tre maglie iridate in tutte le discipline in cui si cimenta (ciclocross, strada e MTB) è più vicina: sabato l'appuntamento con la leggenda. Perché se nessuno si era mai laureato iridato sia nel cross che in linea nello stesso anno, figuriamoci se esiste un corridore capace di fare la tripletta. Certo, le escoriazioni sul lato destro del busto e della gamba non sono di buon auspicio, e ancor meno lo sono la posizione arretrata in griglia di partenza e la sua nulla esperienza stagionale in MTB, ma quando ci si trova di fronte ad un soggetto simile non si può far altro che tifare e augurarsi che Mathieu riesca a superare tutti i limiti posti dalla storia e dalla tradizione.
L'oro odierno, peraltro, oltre a certificare la grande gamba di cui dispone e che ha gestito magistralmente per tutta la stagione concentrandosi esclusivamente sulle grandi classiche e utilizzando prima la Tirreno-Adriatico e poi il Tour de France in preparazione dei suoi obiettivi, ci conferma anche come a partire dal Fiandre 2020 - e con un'evoluzione che è stata continua ma non costante negli anni - MVDP abbia imparato a massimizzare le proprie energie. Anche oggi infatti, pur con il solo compagno Van Baarle, che tra l'altro non gli è stato d'alcun aiuto, è rimasto più coperto dei rivali quand'era necessario e ha sferrato quei due tre attacchi obbligatori solamente nei momenti più opportuni, tenendosi poi tutte le altre cartucce per gli ultimi due giri.
Negli ultimi venticinque chilometri sono emersi anche altri due elementi importanti riguardo a Mathieu: le sue doti di fondo che gli hanno consentito di andare in crescendo proprio una volta che sono stati superati i 250 chilometri e la sua solidità mentale; dopo la caduta un altro corridore, o il Van der Poel di un lustro fa, si sarebbe un po' abbattuto. Stavolta invece, com'era già accaduto al Mondiale di ciclocross del 2021 ad Ostenda, la scivolata gli ha dato ulteriore forza e adrenalina, quasi risultando positiva nell'economia della sua gara, dato che da quel momento in avanti ha affrontato ogni curva e ogni strappo con una cattiveria persino superiore a prima.
Van der Poel primo… la naturale prosecuzione della frase, dal 2011 in avanti, è …Van Aert secondo. E oggi, così come mille altre volte in passato - il numero è un'iperbole ma da qui a qualche anno… - il belga ha dovuto buttare giù il boccone amaro e complimentarsi con il suo avversario, anche se gli sarà costato emotivamente tantissimo. Della sua gara è difficile criticare un elemento in particolare: forse un paio di flessioni, una prima dei -90 e poi proprio in occasione dell'attacco di Van der Poel, possono far pensare ad una alimentazione non completamente azzeccata, ma per il resto il suo Mondiale è stato solido e la gamba è parsa quella dei giorni migliori, financo superiore a quella pur ottima palesata al Tour. Wout deve semplicemente accettare il fatto che, tolta la Parigi-Roubaix, tutte le altre grandi gare di un giorno sono molto più adatte alle caratteristiche di Mathieu che alle sue, regolarista d'eccezione che ha un motore talmente tanto voluminoso da consentirgli di giocarsi anche corse come questa, forse la massima espressione del ciclismo che ama Van der Poel.
Ora rimane comunque un'altra possibilità per prendersi la prima maglia iridata della carriera su strada, ma nella prova contro il tempo di venerdì la concorrenza sarà altissima (Remco forse non è al meglio in vista della Vuelta, ma Filippo Ganna e Stefan Küng lo sono eccome, la sfida si preannuncia apertissima e spettacolare) e lui non dovrà accusare la botta mentale di quest'oggi. Rispetto ad altre sconfitte però questa potrebbe risultare un pochino meno amara, proprio per le dimensioni con cui è giunta. E poi, dopo essersi goduto un po' Jerome, il finale di stagione riserva comunque tante altre chance per un atleta del suo calibro. L'Europeo, la Parigi-Tours, ma soprattutto il Lombardia attendono Wout van Aert a braccia aperte.
In Lombardia un altro che sicuramente chiamano a gran voce è il vincitore delle ultime due edizioni, Tadej Pogacar. Lo sloveno ha speso fin troppo ad inizio gara ed ha finito con il trascinarsi dietro a Van Aert e Mads Pedersen (a proposito, che corridore anche questo danese; un'altra grande vittoria arriverà presto, c'è materiale per essere fiduciosi) nell'ultima tornata, senza riuscire ad ottenere un vantaggio dallo sviluppo della corsa che almeno in linea teorica avrebbe dovuto fargli piacere. Rimane una grande prova da parte del secondo del Tour, uscito forse meglio del solito dalla Grande Boucle e pronto, dopo una vacanza, a vincere tutto quello che può nelle classiche italiane di fine stagione.
Infine dedichiamo qualche riga alla nazionale di Daniele Bennati. L'Italia aveva un piano molto chiaro e l'ha messo in atto con determinazione, senza paura di fare la corsa intorno ai -100 dal traguardo, anche grazie ad un Matteo Trentin che in una gara senza la radiolina è sempre un valore aggiunto. La sfortuna gli ha negato di dire la sua in prima persona o comunque di dare una mano in più ad Alberto Bettiol, il capitano designato della nazionale azzurra. Il toscano, come ha ammesso nelle interviste, non ha voluto accontentarsi di una top five, ma ha rischiato il tutto per tutto ed è per questo che apprezziamo infinitamente quel carattere che ha messo in strada e che per qualche minuto ha fatto sognare tutti gli italiani alla televisione.
La cronaca della prova in linea maschile
Il meteo alla partenza di Edimburgo è clemente con i corridori: solo qualche nuvola nel cielo e una temperatura non rigida rappresentano uno scampato pericolo per il gruppo, che in base alle previsioni dei giorni scorsi temeva una gara bagnata dal primo all'ultimo metro. Unico non partente rispetto alla lista di partenza il kazako Yevgeniy Fedorov. Un po' di battaglia per entrare in fuga nei primi venti chilometri, poi, ai -250 ecco che si forma il tentativo buono della giornata. In nove davanti: Owain Doull (Gran Bretagna), Matthews Dinham (Australia), Harold Tejada (Colombia), Kevin Vermaerke (Stati Uniti), Patrick Gamper (Austria), Rory Townsend (Irlanda), Ryan Christensen (Nuova Zelanda), Krists Neilands (Lettonia) e Petr Kelemen (Repubblica Ceca). I nomi sono buoni e dunque il gruppo non può permettersi di far prendere loro badilate di minuti di vantaggio e infatti, quando il ritardo è intorno ai 6'00", Belgio e Slovenia si portano in testa a regolare il ritmo. Nel segmento in linea sono da segnalare anche due contrattacchi. Il primo manca di poco l'aggancio alla fuga ed è composto da Eric Antonio Fagundez (Uruguay), da George Bennett (NZ) e dal rappresentante della Città del Vaticano Rien Schuursuis, il secondo è puramente velleitario e portato avanti da José Alarcon (Venezuela) e Hasani Hennis (Anguilla).
L'accordo tra i nove è ottimo, tanto che i fuggitivi proseguono in doppia fila e aumentano il proprio vantaggio che ai -200 km dal traguardo tocca gli 8'00" sul plotone dove anche la Francia con Remi Cavagna dà supporto a Slovenia e Belgio. Dietro decidono dunque di aumentare un po' il passo, ma proprio mentre ci si avvicina alla salita di Crow Road una protesta blocca prima la fuga e poi il gruppo (nel frattempo G2 e G3 sono stati riassorbiti) a 191.8 km dalla conclusione. Corsa temporaneamente interrotta per oltre cinquanta minuti a causa di alcuni manifestanti incollati sulla strada. Si riparte alle 13.15 con ripristinata la situazione antecedente all'interruzione: il plotone a 6'30" dai primissimi. Il blocco però non può essere considerato ininfluente ai fini del risultato finale, poiché con quasi un'ora di stop le gambe di ogni corridore reagiscono in maniera differente e possono alterare gli equilibri creatisi in precedenza.
Frederik Frison, l'uomo di fatica del Belgio, riparte a tutta per rosicchiare il più possibile alla testa della corsa evitando dunque che la freschezza ritrovata dei corridori in avanscoperta possa mettere alla lunga in crisi l'inseguimento del plotone. In un tratto in cui le stradine scozzesi sono esposte al vento quest'azione comporta un'ovvia frazione del plotone, con il favorito principale di giornata, Mathieu van der Poel (Paesi Bassi), che come suo solito rimane attardato e deve spremere la squadra per rientrare dopo non troppo. Insieme a lui si fanno sorprendere dall'azione del Belgio anche due italiani: Matteo Trentin e Filippo Baroncini. Nulla accade sull'ascesa di Crow Road, gli attardati come MVDP ritornano sotto e in testa al plotone continua a menare il solito encomiabile Frison.
Quando, intorno ai -165, inizia la battaglia per prendere in testa il circuito cittadino di Glasgow (ingresso ai -151.3 km, ai -143.3 il primo passaggio sotto l'arco del traguardo), il gruppo ha un gap di 5'00" dalla fuga. La bagarre è sensibile e produce la sua prima vittima in Fernando Gaviria (Colombia), caduto malamente in una curva a sinistra ai -161 e costretto al ritiro (per lui probabilmente frattura alla clavicola oltre ad una contusione sul volto). Anche l'Italia lotta guidata da Daniel Oss per entrare in testa nel circuito, ma la squadra più agguerrita è l'Australia con Lucas Plapp e Luke Durbridge a guidare il capitano Michael Matthews.
Il primo vero attacco giunge però per mano della Danimarca con Michael Mørkøv seguito a ruota dal leader Mads Pedersen sullo strappo di Great George Street. Attentissimi Matthews, Wout van Aert (Belgio) e Trentin, ancora un po' indietro Van der Poel. Queste prime scaramucce portano lo svantaggio nei confronti dei battistrada sotto i quattro minuti all'imbocco del primo dei dieci giri completi da affrontare in quel di Glasgow. La Danimarca prosegue con il proprio forcing nonostante la perdita di uno dei suoi migliori passisti, Mikkel Bjerg, attardato da una foratura e poi ritiratosi a causa dell'eccessivo ritardo accumulato dal resto del plotone.
I Paesi Bassi invece ne perdono, almeno virtualmente, ben tre di uomini: prima Mick van Dijke, poi Daan Hoole e Pascal Eenkhoorn, tutti finiti a terra. Ai -134, nuovamente sullo strappo di George St., attaccano Julian Alaphilippe (Francia) e Søren Kragh Andersen (Danimarca), prontamente ripresi. Sulla scia del loro tentativo scattano Mattias Skjelmose Jensen (Danimarca) e Lorenzo Rota (Italia), seguiti da Tobias Halland Johannessen (Norvegia). Alle loro spalle è il Belgio, con Victor Campenaerts e Tiesj Benoot, ad organizzarsi per l'inseguimento. Al termine della prima tornata il gap tra i nove battistrada e gli inseguitori è di 2'55", il plotone transita a 3'13".
Il terzetto di Rota viene ripreso prima dello strappo di Kelvingrove Park, dov'è Neilson Powless (USA) a lanciare il proprio attacco, seguito dallo stesso Skjelmose e da ben cinque elementi della nazionale azzurra, attentissima in questa prima fase nel circuito cittadino di Glasgow. Sulla più dura salitella dei quattordici chilometri, Scott Street, Alberto Bettiol (Italia) scatta violentemente seguito dal solo Pedersen, mentre alle loro spalle si seleziona un drappello di appena quindici elementi con Van Aert e Van der Poel, tra gli altri, ma non Remco Evenepoel (Belgio), né Dylan van Baarle (Paesi Bassi), rientrato da solo in un secondo momento.
Il buco tra i due contrattaccanti e gli altri big viene chiuso in prima persona da Van Aert e, a causa del successivo rallentamento, da dietro rientrano sotto i velocisti più resistenti, come Olav Kooij (Paesi Bassi) e Jasper Philipsen (Belgio), oltre allo stesso Remco, che sembra soffrire la natura di questo percorso ricchissimo di curve e cambi di ritmo. Quindi, riassumendo il tutto, il gruppo compatto ma selezionatissimo che a otto giri dal termine è trainato da un eccellente Rota transita a 2'15" dai primi dopo aver attraversato trenta chilometri di battaglia.
Gli animi si pacano un po' in avvio della terza tornata, mentre in testa alla corsa cercano di aumentare il passo per resistere al ritorno degli scatenati inseguitori. Ai -107 WVA ordina a Nathan Van Hooydonck (Belgio) di accelerare e a causa questa mossa si spacca nuovamente il drappello dei migliori, con però sempre molto attenti gli atleti italiani, su tutti Trentin. Foratura proprio nel momento peggiore per Christophe Laporte (Francia), mentre perdono contatto per le poche gambe Kasper Asgreen (Danimarca), Alaphilippe e Philipsen. Altri tre potenziali protagonisti costretti ad alzare bandiera bianca. I danesi proseguono con un ritmo regolare fino alla linea del traguardo. A sette tornate dall'arrivo alla fuga è rimasto solo 1'15" di vantaggio, un margine ben poco promettente per loro dato che alla conclusione mancano quasi 100 km.
L'Italia prende in mano la situazione ai -95 con i quattro uomini rimasti in lizza per un grande risultato: Simone Velasco in testa a tirare per i tre capitani Trentin, Bettiol e Andrea Bagioli. L'uomo del Wolfpack attacca su George St e Trentin continua l'azione nei metri successivi staccando tutti meno Skjelmose, Van der Poel, Mauro Schmid, Tadej Pogacar, Van Aert, Bettiol, Pedersen e Jonathan Narvaez. Una selezione folle quando mancano oltre novanta chilometri all'arrivo. In questo frangente, oltre agli italiani, il più brillante pare proprio Mathieu, che infatti su Scott Street prova a lanciarsi all'attacco con Schmid, ma a chiudere su di loro ci pensa l'encomiabile Tadej. I big rallentano sufficientemente da far rientrare prima di Montrose Street un po' di attardati e a far riavvicinare il drappello con ben quattro belgi all'interno: Jasper Stuyven, Benoot, Van Hooydonck e soprattutto il campione uscente Evenepoel, che continua a non voler seguire tutti gli scatti e proseguire con un ritmo regolare, la tattica più intelligente per lui da mettere in atto. Davanti intanto Vermaerke stacca tutti gli altri fuggitivi, mentre proprio sull'ultimo strappo di giornata uno sfortunatissimo Trentin prende il piede di una transenna e finisce a terra, abbandonando tutti i suoi sogni di gloria e lasciando solo Alberto Bettiol. In pochi minuti l'Italia passa da essere la nazionale più numerosa al dover difendere le proprie ambizioni col solo toscano.
Sul traguardo i big passano a 38" dal battistrada, mentre Remco rientra in solitaria prima del passaggio. Appena dopo, grazie all'aiuto di Van Baarle, si riportano sotto anche gli altri belgi e con loro svariati altri inseguitori dei più forti. Nella prima metà del quinto giro le acque si placano nuovamente e ormai si è capito che la differenza si fa da George Street in avanti. Alcuni tentativi di fagianata vengono prontamente stoppati dal Belgio con Stuyven e Van Hooydonck, nel mentre Evenepoel cerca di recuperare energie in fondo al drappello. Pedersen prova l'allungo su Kelsingrove Park, ma Mathieu van der Poel ha altri piani e lancia una debordante offensiva a cui solo la sua nemesi Van Aert risponde centimetro per centimetro. Pedersen rientra subito dopo con Bettiol e Pogacar. Ai -75 viene ripreso Vermaerke e dunque in testa alla corsa troviamo sette atleti: i magnifici cinque (WVA, MVDP, Pogi, Pedersen e il nostro Alberto) più i due fuggitivi della prima mezz'ora Dinham e Vermaerke.
Al passaggio ai -5 giri, dunque metà tra quelli previsti nel circuito cittadino di Glasgow, i sette hanno però solo 9" di vantaggio sul grosso del gruppo tirato da Benoît Cosnefroy (Francia), che rientra un paio di chilometri più tardi riaprendo per l'ennesima volta i giochi. Pedersen non ci sta e riparte ancora, ma stavolta nessuno si fionda alla sua ruota. Il Belgio deve organizzare l'inseguimento e non perde tempo mandando avanti subito a tirare Van Hooydonck, probabilmente il miglior gregario tra quelli convocati da Sven Vanthourenhout. Sventato lo scattino di Mads, Nathan continua con il suo eccellente lavoro per altri cinque chilometri, finché Benoot non rompe l'equilibrio alimentando un altro grande tentativo di squadra dei fiamminghi, che però non sortisce particolari effetti, se non quello di mettere ulteriore fatica nelle gambe dei rivali di Van Aert. Pogacar vuole gara durissima e parte su Scott Street senza fare selezione; Evenepoel invece soffre tantissimo in coda, faticando a reggere tutti i cambi d'andatura, ma non appena trova un po' di spazio tenta uno dei suoi allunghi che solitamente chiudono il match, ma stavolta Pedersen e Pogacar non perdonano e bloccano la sua iniziativa molto indebolita dall'andamento della corsa. Anche WVA e Bettiol tentano fortuna in solitaria ma senza grande successo. Su Montrose Street Remco dimostra di non voler abdicare e riparte, ma è sempre il solito Pedersen ad annullare il suo scatto.
A quattro giri dal termine i più forti sono ancora tutti insieme. La superiorità numerica arride ancora al Belgio, presente davanti non solo con Van Aert ed Evenepoel, bensì anche con Stuyven e Benoot. L'altalena di attacchi non si ferma mai: ci riprova ancora Remco e poi con più decisione Bettiol, il quale rimane solo proprio nel segmento del circuito meno favorevole ad un attaccante, vale a dire la prima parte del giro. Le sue gambe però girano alla grande e il suo margine aumenta rispetto ai suoi inseguitori che proseguono a folate ma senza regolarità. Tra i più attivi anche un passistone del calibro di Stefan Küng (Svizzera). È ancora il Belgio a doversi caricare il peso dell'inseguimento sulle spalle, con prima Stuyven e poi Benoot che danno tanto per tenere a portata Bettiol, il quale però in questa situazione, con oltre 30" di vantaggio, è in un'ottima situazione: se da dietro partisse l'azione buona Alberto si troverebbe già davanti e non dovrebbe prodigarsi in un fuorigiri pericolosissimo per l'esito del suo Mondiale. Sulla linea d'arrivo il suo vantaggio è enorme, ben 41" sugli inseguitori che perdono per una bruttissima caduta Narvaez all'ultimo chilometro del quartultimo giro e per una foratura Skjelmose sul rettilineo finale.
La differenza Benoot riesce a farla anche in curva, selezionando un quartetto alle sue spalle comprendente il suo capitano qui e in Jumbo Van Aert, oltre a Pedersen, Pogacar e Van der Poel. I quattro rimangono soli ai -40 con un ritardo di 30" da Alberto. Per loro è obbligatorio girare se vogliono ancora giocarsi la maglia iridata. Sono quattro campioni e gestiscono bene la situazione, mentre alle loro spalle escono Powless, Schmid e un sorprendente Toms Skujins (Lettonia). Lungo tutta la terzultima tornata però Alberto gestisce magistralmente il vantaggio nonostante sia solo contro quattro inseguitori fenomenali.
Ai -2 giri dal termine la situazione in corsa è la seguente: in testa alla corsa l'Italia con Alberto Bettiol, a 24" WVA, MVDP, Pogacar e Pedersen, a 40" Skujins, Powless e Schmid, a 1'22" gli altri tra cui Stuyven, Benoot, Küng e Van Baarle. Remco è in solitaria addirittura a 1'33" dalla testa della gara e appare completamente sfiancato. Sullo strappo di Great George Street, quando ormai Bettiol è nel mirino, Van der Poel si gioca sulla strada la propria carta principale e con uno scatto straordinario prende e stacca Bettiol, ma soprattutto stacca Van Aert. Pedersen e Pogacar non rispondono e con regolarità scollinano non troppo distanti in compagnia di un Van Aert che però ha pagato il fuorigiri per seguire un Van der Poel extralusso, ora avanti 10" sugli inseguitori. In un paio di curve Mathieu sparisce dalla vista degli inseguitori e aumenta il proprio vantaggio fino a 35"; l'oro sembra ipotecato. Ai -17 la sorpresa: Mathieu cade in una curva a destra e rompe lo scarpino, ripartendo con un vantaggio di circa 20" e con una grinta rinnovata. Sul traguardo ha comunque quasi 30", segnale che dietro oltre a non avere le gambe manca anche la convinzione di inseguire un ragazzo che nelle giornate che contano è un gradino sopra a tutta la concorrenza. Bettiol passa per quinto a 1'35" e per lui l'unico obiettivo rimane difendere la top five.
L'azione di Mathieu è pura goduria per l'occhio, la sua potenza in pianura e i rilanci dopo ogni curva sono il meglio che il ciclismo possa offrire in una classica di un giorno qual è il Mondiale. Debordante Van der Poel, talmente debordante che ben presto nell'ultima tornata il suo vantaggio arriva a superare il minuto e mezzo su un G2 dove sono solo Van Aert e Pedersen ad impegnarsi per limitare i danni, mentre Pogacar pensa giustamente alla medaglia; troppo lontano Mathieu, troppo superiore Mathieu. Wout invece sembra essersi ripreso molto bene dopo la flessione del penultimo giro e mette alle strette Pedersen e soprattutto Pogi, senza però riuscire a staccarli. Per l'argento sarà probabilmente volata. Il belga però sembra non essere d'accordo e finalmente, prima dell'ultimo chilometro, scava qualche metro su Pedersen e Pogacar, guadagnandosi la seconda posizione senza rischiare il podio in volata.
Van der Poel, dopo l'alloro nel ciclocross conquistato sei mesi fa ad Hoogerheide, si prende anche la maglia iridata su strada. E, come quasi sempre nella sua carriera, il suo giorno perfetto corrisponde all'argento di Van Aert (giunto a 1'37"), che a propria volta torna a casa con lo stesso metallo di Hoogerheide. Una giornata storica per la rivalità più appassionante del ciclismo moderno, che però quest'anno (e in realtà moltissime volte anche in passato) sorride solamente a uno dei due contendenti, il sangue nobile di Mathieu van der Poel, figlio di Adrie van der Poel e nipote (da parte della mamma Corinne) di Raymond Poulidor. Uno dei talenti più puri che il mondo delle due ruote abbia mai visto. Il podio stellare è completato da Tadej Pogacar (+ 1'45"), il quale dopo essere rimasto passivo per quasi tutto l'ultimo giro battezza Pedersen negli ultimi cinquanta metri. Un bronzo che significa tantissimo per quello che, in ogni caso, rimane il corridore più forte e completo al mondo (al primo podio nella rassegna iridata, non ci era mai salito prima né in linea né a cronometro). A bocca asciutta rimane il povero Pedersen, generosissimo come sempre. Oggi più di altri giorni trova riscontro nella realtà la parafrasi di una nota frase retorica: il podio se lo meritavano in quattro, quattro fenomenali campioni.
Tutti gli altri concludono a distanza siderale anche dal trio Wout-Pogi-Mads. Bettiol viene raggiunto a poche centinaia di metri dall'arrivo da un quintetto che va a lottare per il quinto posto: un destino amarissimo per il toscano che è rimasto da solo per tutti gli ultimi quaranta chilometri. Küng vince la volatina a 3'48" da MVDP battendo Stuyven e coglie la quinta piazza. Il belga della Lidl-Trek è sesto, la sorpresona di giornata Matthew Dinham, fuggitivo che ha retto fino alla fine, settimo, Skujins ottavo e Benoot nono. Il migliore azzurro è ovviamente Bettiol a 4'03", che quantomeno riesce a difendere una top ten meritatissima dopo una gara coraggiosa e all'arrembaggio. Solamente applausi anche per una tattica che è stata rischiosa ma che ha dimostrato come l'obiettivo italiano fosse quello massimo, anche a discapito delle forze umane a disposizione. Nelle grandi corse è lui il corridore su cui dovremo sempre contare anche in futuro perché ha una classe degna dei migliori campioni e inferiore solamente ai quattro fenomeni che hanno dominato il Mondiale di Glasgow. Infine il campione di Wollongong Remco Evenepoel che ha voluto a tutti i costi concludere la gara: per lui venticinquesima posizione a 10'10" da colui che l'ha succeduto nell'albo d'oro.