Sempre e per sempre la stessa Vuelta troverai
Con una valanga di unipuerto, percorsi consapevolmente brutti e occasioni sprecate, la Vuelta dà il meglio/peggio di sé, alla faccia dei desideri dei ciclofili iberici
Avremmo tanto voluto dire che la Vuelta a volte è in grado anche di proporre soluzioni nuove e accattivanti, di non essere sempre uguale a sé stessa e di mostrare al mondo quanto di meglio hanno da offrire le strade iberiche. Avremmo voluto. Ma non lo faremo.
Se già nel 2024 era stato proposto un percorso che non si poteva annoverare tra i migliori degli ultimi anni, almeno in quel caso per le sedi di tappa a disposizione si erano scelti tracciati abbastanza sensati che potevano almeno in parte aprire le porte alla fantasia. Per il 2025 invece sconcerta la scelta spudorata di scegliere quasi sempre l'opzione più semplice, proponendo una valanga di tappe di “montagna” insulse degne della Vuelta anni '90 che non valeva nemmeno un centesimo di quella attuale.
Quello che le Vuelte non dicono
Prima ancora di vedere il disegno nel complesso, mi concentrerei proprio su questo punto: il percorso della Vuelta 2025 propone 10 arrivi in salita ufficiali su 19 tappe in linea (il fatto che alla Vuelta sia una consuetudine non lo rende una buona cosa), dei quali addirittura 4 si possono inserire nella categoria "unipuerto", più l'Angliru che pur essendo proceduta da un paio di salite toste, sarà comunque il centro dell'attenzione nella tappa che vi si conclude com'è normale che sia. Lo stesso discorso si può fare anche per la Bola del Mundo, che sarà pure affascinante per certi versi, ma è completamente inadatta a decidere la corsa l'ultimo giorno, soprattutto se sta così isolata dalle salite che la precedono. Da questo conteggio mancherebbero all'appello ancora 4 tappe di montagna, che se fossero disegnate a pennello basterebbero a riabilitare anche le altre, ma al contrario sono a dir poco deprimenti: ad Andorra con tutto il ben di Dio che c'è a disposizione hanno finito per fare un'altra tappa che si decide negli ultimi 5 km, mentre La Farrapona (salita votata ai tapponi in tutti i 3 inserimenti passati) sarà quest'anno preceduta dal solo San Lorenzo, riuscendo ad essere l'unica adatta ad attaccare da lontano del 2025, ma allo stesso tempo una delle più facili di sempre.
Tra le tappe di vera montagna non entusiasma nemmeno quella di Cerler, ma almeno si torna su una salita pirenaica interessante e poco vueltesca, per di più percorrendo un tracciato comunque non scontatissimo. Tra gli arrivi in salita si salva soltanto il Castro de Herville, non per niente anche l'unico arrivo in quota di una tappa non di alta montagna, senza dubbio la meglio disegnata insieme a quella di Bilbao. Se invece se ne dovesse scegliere una che proprio fa una rabbia tremenda, questa sarebbe senz'altro la 17a con arrivo a El Morredero: fare un unipuerto in una delle aree più favorevoli a mettere salite in serie di tutta la Spagna è come commettere un omicidio. Ad un tiro di schioppo starebbe uno dei colossi iberici, il Puerto Fonte da Cova, che dal versante occidentale consente di salire oltre 1500 metri di dislivello in un colpo solo e presenta pendenze cattive proprio nella parte finale; la strada è larga e scorrevole (quindi praticabile e sicura per una corsa professionistica) e la possibilità di scollinare la rende perfetta per incatenarsi ad altre salite vicine non meno esigenti. Eppure nei 90 anni di storia che la Vuelta festeggerà l'anno prossimo non è mai stato inserito. È come se il Tour ci proponesse percorsi del cavolo tutti gli anni, senza aver mai fatto il Galibier (si, ok, è un'esagerazione, ma il concetto è quello).
I più disperati di tutto questo sono gli spagnoli stessi, che come in un girone infernale imprecano sui propri forum senza soluzione di continuità nell'attesa che la Vuelta si metta a fare dei disegni degni di un Grande Giro, considerando anche quanto gli organizzatori sono convinti che valga già più del Giro d'Italia. E con l'occasione mi preme menzionare un sito di appassionati che da anni si occupa di mostrare al mondo il potenziale che offre il territorio iberico, mostrando come la Vuelta di fatto non abbia mai (e dico mai con cognizione di causa) presentato un percorso anche solo vicino a quello che una Vuelta potrebbe essere se ci si mettesse un po' di cultura: sto parlando di Plataforma Recorridos Ciclistas, sito inizialmente nato con un nome ben più esplicito (Una Vuelta Mejor Es Posible).
L'identità che (non) c'è
Una cosa va detta, visto che abbiamo tirato in ballo addirittura la parola cultura: se la Vuelta è ormai da tanti anni legata a questo approccio ai percorsi, è anche in parte giusto che rimanga così per distinguersi dalle altre corse. Peraltro correndosi per ultima e senza che nessuna l'abbia premeditata come obiettivo stagionale, risulta spesso imprevedibile anche quando i percorsi sono davvero banali (ricordiamo il celeberrimo attacco di Contador verso Fuente Dè). Un compromesso sarebbe però forse da trovare, perché per lo stesso motivo nelle poche occasioni in cui la Vuelta ha proposto tracciati intriganti si è visto di tutto: si pensi a Evenepoel in crisi totale sull'Aubisque due anni fa o alla tappa pazza di Granada dell'anno passato.
In sintesi nessuno ha niente da dire di fronte alla presenza di tantissimi arrivi in salita o delle rampe da garage in cemento, ma questo tipo di scelte evocative di un immaginario possono comunque andare di pari passo con un percorso che offra degli spunti interessanti e apra la corsa a scenari diversi da un uphill sprint, come si usa dire adesso in inglese.
Il disegno 2025 nel complesso
Dopo aver dedicato gran parte di questo editoriale al pensiero filosofico più che ad un'analisi puntuale dell'edizione appena presentata, vediamo qualche dato generale per valutare il percorso in quanto tale. Innanzitutto un dato a me molto caro da sempre, ovvero la distanza: si accumulano nelle 19 tappe in linea 3217 km, che significano 169 km medi per ogni tappa. Non certo molti, considerando anche che molte delle tappe più lunghe sono totalmente insignificanti e che l'unica a superare di un soffio la soglia dei 200 km è quella dell'Angliru, che si trasformerà in una lunga sonnacchiosa attesa delle ultime salite.
Torna la cronometro a squadre, posizionata alla 5a tappa (la prima in terra di Spagna) di 20 km, mentre di cronometro individuali ce n'è soltanto una di appena 28 km, la quale sicuramente non basta a bilanciare i millemila arrivi in salita. In tutto questo risultano come sempre sacrificati anche i velocisti, che si possono consolare con la possibilità di vestire la prima maglia roja a Novara. Dopodiché dovranno sudare per conquistarsi i traguardi di Ceres (praticamente un arrivo in salita mascherato) e Voiron per poi avere soltanto 4 volate a disposizione in Spagna, comunque più del solito tutto sommato. A proposito di Voiron, vale la pena di spendere due parole su un capolavoro logistico che nemmeno la peggiore versione di Zomegnan poteva pensare: trasferimento da Grenoble alla Catalogna senza giorno di riposo (i 300 km da Ravenna a Spilimbergo fanno un baffo a Guillen), peraltro da effettuare dopo una tappa di 200 km che ci potevamo risparmiare e si spiega solo nel caso in cui Voiron abbia pagato fior di quattrini. Almeno Zomegnan i percorsi li faceva belli.