'Sta mano pò esse' fero e pò esse' piuma. Oggi è stata fero ('n'artra vorta!)
Tadej Pogacar vince anche al Col de la Couillole, quinta affermazione parziale per lui al Tour de France 2024. Battuto Vingegaard in uno sprint a due. Ciccone resiste in top ten
Cinque vittorie di tappa in un unico Tour de France non rappresentano un record. Neanche vincere tre Boucle in cinque anni (facendo secondo nei due anni “buchi”) rappresenta un record. Così come non rappresentano un record le 16 affermazioni parziali nella corsa, né tantomeno fare la doppietta Giro-Tour nella stessa stagione. Forse vincere un Tour a Nizza potrebbe esserlo, un primato, a ben pensarci, ma di quelli che non dicono della qualità o eventuale grandezza di un corridore.
Ma indipendentemente dai record che un atleta fa, indipendentemente dagli albi d'oro, indipendentemente dai numeri, per avere la misura precisa di un evento bisogna cominciare col viverlo da vicino. Poi in futuro storicizzarlo, ma intanto esserci, vederlo coi propri occhi, emozionarlo coi propri sentimenti del momento, compenetrarvisi come solo la testimonianza diretta può permettere.
Ecco, noi di Tadej Pogacar siamo testimoni diretti. Il parallelo che può aiutarci a capire il concetto è con Marco Pantani: uno che ha vinto un Giro e un Tour, cioè un solo Giro e un solo Tour; ma chi l'ha vissuto sa bene quanto quei freddi dati siano ingannevoli nel restituire la portata che il Pirata ebbe nel ciclismo e non solo. Anche il discorso doppietta: financo quell'impresa del magico 1998 non ci dice che poco di quel che fu Pantani per tutti noi.
Doppietta, da una all'altra: da quella completata 26 anni fa dal romagnolo e che fino a domani resterà l'ultima di cui parlano i libri di storia a quest'ultima arrivata; perché domani sera ci sarà il grande aggiornamento dei database, e nel solco di una tradizione partita con Fausto Coppi e rinfocolata da pochi grandissimi, ci sarà un nuovo nome a occupare quella casella. Sappiamo quale.
Essere testimoni diretti della traiettoria di Tadej Pogacar significa aver vissuto un'epifania dietro l'altra, dal 2019 in avanti: la grande rivelazione alla prima Vuelta; la crono di La Planche des Belles Filles in cui Tadej diventò Tadej; le prime classiche vinte, a dimostrare versatilità; il primo Fiandre, quello perso contro MVDP, ad aprirci gli occhi realmente sul significato della parola “versatilità”.
I tre minuti di Le Grand Bornand. Gli scatti ai traguardi volanti della Tirreno. L'inopinata sconfitta del Granon, la conseguente rivalità con Jonas Vingegaard, da cui ha saputo farsi battere in maniere squisite: le sfide all'arma bianca con lui. Il progetto Giro-Tour. Il Giro dominato ma vabbè era il Giro. Il Tour dominato alla stessa maniera (sta' a vedere se domani non pareggia pure il numero di vittorie di tappa), diremo “vabbè era il Tour” o diremo piuttosto “vabbè, è Pogacar!”…
Oltre a questo: i ciuffettini. I sorrisi. I video motivazionali quand'era infortunato. La baguette sotto al braccio. Le smorfie. La Liegi saltata per lutto. L'abbraccio a Jonas che parlava al telefono. Gli occhiali e la maglia a Pellizzari. La borraccia al bambino. L'altra borraccia all'altro bambino. Il modo giocoso di giocare al gioco del ciclismo. Il video di quando andava a scuola e interpretava l'agente segreto. Scatta di qua, scatta di là, attacchi fini a se stessi, attacchi fine di mondo, tutti lo amano, i piccoli lo idolatrano, i grandi si commuovono, gli odiatori rosicano, gli avversari lo rispettano o forse gli chiedono l'autografo.
Che ne saprà uno del 2074 dell'emozione che abbiamo provato quando l'abbiamo visto spianare il Kwaremont? O della speranza (che è quasi certezza, ammettiamolo!) di vederlo asfaltare il Carrefour? Di tutti i sentimenti connaturati al sapere che ci sarà una prossima corsa in cui lo rivedremo in azione, corsa di cui sarà ovviamente il favorito qualunque essa sia, la Sanremo o il Lombardia, la Strade Bianche o il Mondiale. Che differenza fa?
A volte (ma molte) poi vince, altre volte le busca, ma il bello di tutto questo non è che succeda, in un qualche universo sintomatico, ma che succeda proprio davanti ai nostri occhi. Non sembrino, queste righe, l'omaggio a uno che sta per vincere Giro e Tour nello stesso anno. Perché se un meteorite o un meteorismo (nel senso di incidente di percorso o classico problema gastrointestinale fulminante) domani lo fanno fuori, il concetto non cambia di una virgola, lo sappiamo bene.
Tadej Pogacar è il più grande ciclista che si veda in giro almeno da 40 anni in qua, e non è che in precedenza ce ne siano stati tanti come lui. Si contano sulle dita di una mano, magari aperta come quella che oggi l'Eletto ha esibito sul traguardo del Col de la Couillole, dove ha dato l'ennesima sistematina ad avversari e classifica di questo per lui indimenticabile Tour de France. Non è mai stato così incontenibile, ma il culmine della sua carriera (questa doppietta è evidentemente il culmine) sarà presto o tardi superato da un altro culmine, c'è da scommetterci.
Intorno allo showman di Komenda, lo scenario del Tour è piuttosto in versione terra bruciata. Qualche briciola agli altri è stata concessa, negli interstizi in cui il dominatore ha ripreso fiato. Una crono a Remco; una tappa difficile a Jonas; la maglia a pois a Carapaz; il minimo indispensabile per far dire ai cronisti che c'è stata battaglia, in questo Tour. Ce n'è stata, in effetti, almeno fino a 5 km dall'arrivo di Plateau de Beille, domenica scorsa.
Tre tappe alpine vinte, due pirenaiche; l'OPA sulla crono di Nizza; 18 giorni su 20 in maglia gialla (saranno 19 su 21). Coi 20/21 del Giro, con le sei tappe in Italia, fanno 11 vittorie, 39/42 giorni da leader (alla faccia delle fatiche dei post-tappa!) in due mesi e mezzo: un ruolino spaventoso. Insuperabile? Lo scopriremo nel 2025.
Tour de France 2024, la cronaca della ventesima tappa
Da Nizza al Col de la Couillole attraverso 132.8 km su e giù per Col de Braus, Col de Turini e Col de la Colmiane: una piccola intensa gita vista mare per la ventesima tappa del Tour de France 2024. Inutile dire che gli attacchi son partiti al fischio d'inizio e che il drappellotto dei velocisti non abbia aspettato neanche le prime rampe del Braus per fare gruppetto e procedere in tranquillità.
Sul citato Braus è stato Neilson Powless (EF Education-EasyPost) a spingere a tutta per tirar via di forza una fuga comprendente anche il suo capitano Richard Carapaz; in effetti un gruppo di 15-20 uomini è riuscito a catalizzarselo intorno, lo statunitense, e dentro c'era molta qualità: in pratica mezza alta classifica era nell'azione, Mikel Landa (Soudal Quick-Step), Adam Yates (UAE Emirates), Giulio Ciccone (Lidl-Trek), Santiago Buitrago (Bahrain-Victorious), Felix Gall (Decathlon AG2R La Mondiale), per citarne solo alcuni.
Questo aspetto, unito al fatto che c'erano corridori per ogni dove lungo salita, e che nel gruppo maglia gialla erano rimasti praticamente in dieci, ha spinto Tadej Pogacar (UAE Emirates) a fare un allungo - concertato col compagno João Almeida - per riportare dentro l'altra mezza classifica che era rimasta fuori dalla fuga.
A 7 km dalla vetta sono partiti allora in contropiede dal primo gruppo Wilco Kelderman (Visma-Lease a Bike) e Bruno Armirail (Decathlon), sulle cui tracce si è poi messo Enric Mas (Movistar); era evidente che la Visma volesse riprovare a sganciare diversi uomini, anche Matteo Jorgenson era particolarmente attivo. Con l'avvicinarsi della vetta saliva invece la foga della maglia a pois Richard Carapaz, in marcatura sul quale s'è piazzato Ciccone.
Ai -110, a poco meno di 2 dalla vetta, Mas ha allungato. Il gruppo maglia gialla, ovvero l'avanguardia del plotone polverizzato lungo la salita, è passato al Gpm (seconda categoria) dei -108 con 55" di ritardo dallo spagnolo al comando; Jorgenson ha peraltro anticipato Carapaz nella volatina del quarto posto, togliendo all'ecuadoriano l'unico punto a pois rimasto a disposizione. Tra le cose che si segnalavano, la difficoltà di Carlos Rodríguez (INEOS Grenadiers), che lungo la salita aveva perso contatto dai migliori.
Sul Turini il gruppo lascia fare, ma poi entra in scena la Soudal
Cose che sono successe in discesa: Armirail e poi Kelderman hanno ripreso Mas; dal gruppo sono usciti in cinque, ovvero Jan Tratnik (Visma), Marc Soler (UAE), Clément Champoussin (Arkéa- B&B Hotels), Romain Bardet (DSM-Firmenich PostNL) e il solito Carapaz; Rodríguez è riuscito infine a riportarsi sul drappello di Pogacar e gli altri.
Arrivati a Sospel, ai piedi del Col de Turini ai -96, anche Ciccone è ripartito, provando a mettere margine tra sé e Buitrago, che ne insidiava la top ten in classifica a soli 10" di distanza. Derek Gee (Free Palestine), ottavo della generale, ha creduto nell'azione dell'abruzzese ed è andato con lui, ma il gruppo non ha lasciato spazio. Ne ha lasciato invece a Kevin Geniets (Groupama-FDJ), partito da solo e poi raggiunto da Jasper Stuyven (Lidl), Nans Peters (Decathlon), Tobias Johannessen (Uno-X Mobility) e il già pluriattivato Powless.
Lungo la lunghissima salita (oltre 20 km) il gruppo maglia gialla ha un po' alzato il piede dall'acceleratore, concedendo oltre quattro minuti ai battistrada, sui quali a 9 km dalla vetta (e 82 dal traguardo) sono rientrati Carapaz, Soler, Bardet e Tratnik. Champoussin aveva perso contatto e sarebbe presto stato superato anche dal terzo (ora secondo) drappello, quello di Powless, che veleggiava a 1'40" dai primi. Il gruppo maglia gialla, tirato dalla UAE, era a quasi 4'30".
A poco più di un chilometro dalla vetta anche Stuyven, Johannessen e Geniets sono rientrati sui primi; quanto a Peters e Powless, avevano perso contatto sei chilometri prima. Il Gpm dei -73 (prima categoria) è stato vinto da Carapaz, che partiva da 101-87 nei confronti di Pogacar nella classifica degli scalatori e coi 10 punti del Turini si è portato a +24. Powless è transitato a 50" dai primi, Peters a 2'20", Champoussin a 3', il gruppo maglia gialla a 4'10".
Da notare che nell'ultima parte di salita la UAE (che aveva concesso fino a 4'40" di vantaggio massimo alla fuga) era stata rilevata in testa dalla Soudal Quick-Step, la quale aveva imposto una certa accelerazione all'azione. Meno male che Remco Evenepoel alla vigilia aveva detto che oggi avrebbe un po' salvato la gamba dato che punta alla cronometro di domani. È stato Gianni Moscon in particolare a tenere alto il ritmo.
La lunga attesa per le sparate finali
Nonostante il lavoro della Soudal, tra discesa e fondovalle (in realtà un falsopiano a salire) i dieci fuggitivi (riepilogo: Kelderman, Tratnik, Soler, Stuyven, Armirail, Geniets, Carapaz, Mas, Bardet, Johannessen) son riusciti a difendere 4' di margine. Stuyven (davvero ammirevole oggi) ha vinto il traguardo volante di Saint-Martin-Vesubie ai -45, dopodiché eravamo sulla Colmiane, penultima salita di giornata.
E qui l'accordo tra i battistrada è finito: Mas ha attaccato ai -44 (a 7 km dalla vetta) e con lui son rimasti Carapaz, Bardet e Kelderman che poi ha rilanciato. Ripresi dagli altri fuggitivi, ai -41.5 è stato Tratnik a proporre un allungo, neutralizzato da Carapaz per primo (poi gli altri sono via via rientrati tutti). Ai -39 è stato Soler, fin lì attaccato al drappello più con la speranza che con le gambe, a piazzare uno scatto tutto rabbia e orgoglio. A chiudere stavolta è stato Mas.
Il Gpm dei -37 (prima categoria) è stato anche questo vinto da Carapaz, che in questo modo ha acquisito la matematica certezza di aver conquistato la maglia a pois (a patto di arrivare al traguardo domani, logicamente): incolmabili per Pogacar i 34 punti di distacco dall'ecuadoriano. 2'50" il ritardo del gruppo maglia gialla allo scollinamento: fruttuoso il lavoro di Ilan van Wilder (Soudal) lungo tutta la scalata.
Con il medesimo vantaggio il gruppetto di testa ha approcciato la salita finale ai -16. Sul Col de la Couillole, ascesa lunga e regolare (sempre intorno al 7-8%), non è stato più possibile bluffare: con Tratnik sempre a fare il ritmo, Armirail si è staccato subito, Soler poco dopo; ai -14 ha mollato Geniets, intanto dietro Van Wilder ha finito il suo lungo turno e a tirare il gruppo è passato Jan Hirt, che ha impresso un'accelerazione: non più di 15 nel drappello dei big, e di nuovo Carlos Rodríguez si è ritrovato a corto di argomenti, staccandosi senza appello.
Tra i primi Tratnik ha smesso di tirare e, completamente finito, si è sfilato ai -13.5. Di lì a poco un sorprendente Soler, dopo aver superato il momento di difficoltà, è stato in grado di rientrare sui primi. Ai -12 è finita l'avventura per Stuyven, comunque clamoroso ad arrivare fin lì in una tappa del genere.
Carapaz e Mas fanno la differenza, ma è una differenza illusoria
A 11.5 dalla vetta Mas ha attaccato e solo Carapaz ha avuto gambe per rispondere. Il resto della fuga, disperso via, a parte Bardet che ha avuto ancora un eccellente spunto per riportarsi sui due latinos ai -11. Ma appena Romain si è riaccodato, è arrivata la sparata di Carapaz che l'ha ricacciato indietro, mentre Mas rispondeva bene.
Quando ai -10 Hirt ha passato a Landa il testimone di capotreno, nel gruppo maglia gialla c'erano 11 uomini: con Mikel ovviamente Remco, quindi Tadej insieme a João Almeida e Adam Yates, Vingegaard con Jorgenson, Ciccone, Gee e Buitrago con Wout Poels. Ma Buitrago ha subito mollato, poi anche Ciccone e Gee hanno perso contatto, e pure Poels e Yates. In pratica una setacciata di Landa e ai -9 non resistevano che i primi cinque della classifica più Jorgenson.
I fuggitivi sparsi qua e là sulla Couillole venivano ripresi uno dopo l'altro, e alla coppia di testa non restava che meno di un minuto e mezzo quando, ai -7.5, Carapaz ha tentato uno scatto bello potente. Ma Mas non l'ha mollato.
Nello stesso punto ha cominciato a compiersi la corsa dei big: Evenepoel è scattato e ha trovato la pronta risposta di Vingegaard, con Pogacar in marcatura su entrambi. In seconda battuta son rientrati anche Almeida, Jorgenson e Landa, e João è andato a fare l'andatura, facendo staccare definitivamente lo stesso Mikel; ai -6 è saltato Jorgenson.
Ai -5.5, con un minuto residuo, è stato Mas a tentare una progressione che però non ha spaventato Carapaz, il quale invece ai -5 ha tentato l'ultimo contrattacco.
Remco sforna assist, Vingegaard prova ad approfittarne, ma in gol ci va ancora Pogacar
E di nuovo in contemporanea è scattato Evenepoel, e di nuovo Vingegaard è andato a chiudere con Pogacar a controllare. Non appena ha raggiunto Remco, Jonas è ripartito secco e stavolta il belga ha avuto un passaggio a vuoto. Vingo ha chiesto il cambio a Tadej che però si è guardato bene dal darglielo, in un primo momento. Ai 4 km infine lo sloveno è andato a fare una breve tirata, prima di lasciare che fosse il capitano della Visma a completare il ricongiungimento coi battistrada.
Carapaz, con un nuovo scatto ai 3 km proprio mentre i due mostri stavano per riaccodarsi, ha ridato fiato all'azione, sempre marcato da Mas; il rientro di Vingo&Pogi era solo rinviato di poco, ai 2.5 si è perfezionato. Ai 2 km Mas ha finito la benzina, intanto Vingegaard continuava a tirare per mettere quanto più margine possibile rispetto a Evenepoel, che già pagava mezzo minuto.
All'ultimo chilometro anche Carapaz ha dovuto arrendersi alla maggior tonicità dei due colleghi, sicché abbiamo riavuto la solita configurazione del Tour anni '20: Tadej contro Jonas, Jonas contro Tadej.
Ai 500 metri Pogacar è passato davanti, invertendo le posizioni rispetto alla volata da lui persa a Le Lioran. Ma stavolta Pogi non ha voluto correre alcun rischio e ai 200 metri ha piazzato uno scatto che ha fatto un buco sull'asfalto, staccando il rivale e andando a prendersi di prepotenza la quinta vittoria di tappa in questo Tour.
Jonas è arrivato a 7", Remco a 53", preceduto anche da Carapaz a 23". Mas ha chiuso a 1'07", Almeida a 1'28", quindi alla spicciolata sono arrivati tutti gli altri. Ciccone è arrivato 13esimo a 2'52" perdendo 4" da Gee e guadagnandone 12" su Buitrago, ovvero i due con cui si gioca la top ten in classifica (uno dei tre ne resterà fuori).
E allora vediamola, la generale, in cui Pogacar guida con 5'14" su Vingegaard e 8'04" su Evenepoel. Almeida è quarto a 16'45", Landa quinto a 17'25", Yates scavalca (di un solo secondo) Rodríguez in sesta posizione, Ciccone è decimo a 25'48". Gee lo precede a 24'50", Buitrago lo segue a 26'10": 22" il margine di Giulio nei confronti del colombiano.
Domani il Tour de France 2024 si chiuderà in maniera del tutto inedita. Non solo con una cronometro, evento che non si verificava dal 1989; ma non a Parigi (la capitale è alle prese con l'organizzazione delle Olimpiadi che scattano venerdì), bensì a Nizza, per 33.7 km contro il tempo che scatteranno dal Principato di Monaco e si concluderanno al porto della città garibaldina. Strada facendo si affronteranno le salite tipiche della Parigi-Nizza, ovvero La Turbie e Col d'Èze, per una prova che promette di essere incerta e molto esigente.