Tadej Pogacar in maglia gialla © UAE Emirates-Fizza
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Dopo il Grand Départ italiano una cosa è chiara: tutto è nelle mani del fenomeno sloveno

Il Tour de France si è regalato la prima storica partenza dal nostro paese. Tra una favola e l'altra, tra Graziani e Guccini, quel che emerge è che Tadej Pogacar non ha rivali. Per il momento

03.07.2024 15:26

Firenze, lo sai, non è riuscito a cambiarla…

Aleggiavano le parole (e la musica) di Ivan Graziani, sabato scorso a Firenze, in un’aria misticamente dipinta di giallo. Quella lieve e tenue malinconia che la bellezza di Firenze si porta sempre dietro, anche in occasioni festose e colorate come la partenza del Tour de France, anzi, le Grand Départ.

Per la prima volta dall’Italia, per la prima volta, ovviamente, da Firenze, la città della bellezza eterna, dell’arte e degli artisti, di Dante e della Venere, del Rinascimento, del “quanto è bella giovinezza che si fugge tuttavia”; ma anche della tanta violenza esibita, delle rivolte e del sangue a macchiare l’Arno, della congiura dei Pazzi… del Mostro!

Una Firenze così ti avverte che potrebbe accadere sempre qualsiasi cosa, nel bene e nel male. In tutto questo monsieur Le Directeur, Christian Prudhomme sembrava perfettamente a suo agio, con l’aria di chi ha appena scoperto l’America e, come un novello Colombo, si muoveva tronfio e trionfante per le vie di una Firenze che sembrava sentire sua. Non ci stupiremmo fosse rimasto deluso che la Gioconda sia sempre a Parigi, altrimenti ce l’avrebbe riportata lui, in pieno triomphe.

La terra di Collodi e la favola di Romain Bardet

Firenze, che fra tanti altri ha dato i natali anche a Carlo Lorenzini, autorinominatosi Carlo Collodi, l’autore della favola più famosa del mondo; e allora cosa chiedere più di una favola a questa prima tappa?

Ci ha pensato Romain Bardet, uomo abituato più ai podi che alle vittorie, una carriera esemplare cui mancava però una ciliegina da mettere in questa ultima occasione: e maglia gialla sia, allora, anche grazie al fido scudiero, faccia d’angelo Frank van den Broek.

Bardet il primo in giallo, quindi, e già si sa che probabilmente dovrà lasciare la maglia il giorno dopo, con l’arrivo a Bologna.

Bologna è una vecchia signora, coi fianchi un po’ molli, canta Francesco Guccini e i fianchi saranno, sì, un po’ molli, ma la breve ascesa sul San Luca è aspra e invitante all’arrembaggio.

Come richiesto dal popolo del ciclismo assiepato sulla salita che porta alla Basilica, al secondo passaggio chi può rompere gli indugi se non il principino Tadej?

Scatto secco e via!

Ma, sorpesa, Vingegaard non si fa sorprendere; gli altri sì e allora… via entrambi verso la picchiata sull’arrivo, anche se le braccia le alza il fuggitivo Kévin Vauquelin.

Ma attenzione, siamo a Bologna e anche il buon Remco Evenepoel si fa ispirare da Guccini e alle spalle dei due arriva una Locomotiva, che corre e sibila, sembra cosa viva. Una locomotiva sbuffante che si porta dietro un vagone, che ha il nome e le fattezze di Richard Carapaz, faccia da Chiappucci, ma soprattutto aria di quello che, alla festa della scuola, se ne sta lì in disparte per tutto il tempo, mentre tu fai il piacione con la più bella della scuola, ricambiato, e quando arriva il momento di farti avanti… zac! Nel frattempo è arrivato lui, che zitto zitto se la porta via.

Ci ha vinto un Giro e un’Olimpiade, così.

E così ci prepara l’assalto alla maglia gialla, che nel frattempo indossa Tadej controvoglia.

Dall'Italia al Galibier, da Bini Girmay a Tadej Pogacar

Giulio Ciccone sul Galibier © Charly Lopez / A.S.O.
Giulio Ciccone sul Galibier © Charly Lopez / A.S.O.

E si arriva alla terza tappa, un lungo trasferimento verso Torino, dove ancora le favole trovano tempo di affacciarsi su questo Tour de France; sono quella di Bini Girmay, vincitore di tappa e quella, appunto, di Carapaz, in giallo con lo stesso tempo di tre del “big six”. Prima vittoria per un eritreo, prima maglia gialla per un ecuadoriano.

Dovessimo azzardare un paragone letterario, da Carlo Collodi passiamo a Emilio Salgari, torinese e maestro di sogni. Bini e Richard sono come due tigrotti di Mompracem, all’assalto dei loro, di sogni. Come in un bel romanzo d’avventura.

E l’avventura ci porta in Francia. Là dove i francesi non s’incazzano più, almeno non con gli italiani e pare paradossale che proprio in questo Tour, che parte dall’Italia e che omaggia gli italiani che hanno vinto e fatto la storia del Tour, non ce ne sia nemmeno uno che possa, non diciamo vincere e non diciamo nemmeno salire sul podio, ma che possa, appunto, arrivare nei primi dieci. A meno che Ciccone

Ce ne stiamo facendo una ragione, mentre il Galibier è pronto al primo verdetto importante. L’impressione è che la maglia gialla cambierà ancora.

Allons enfants…

E les enfants della UAE vanno, eccome se vanno, tre generali al servizio di Sua Maestà. Il resto è già storia, come l’altra Maestà, quella del Galibier, richiede.

Tadej scatta, lo tiene Vingegaard, poi non lo tiene più neanche lui. Evenepoel quasi lo tiene, ma più che la salita è la discesa che lo frena (letteralmente).

E allora va, Tadej, che come al Lombardia, la differenza la fa in discesa e va a conquistare l’ennesima tappa e l’ennesima maglia gialla.

Impressionante? 

Sì.

E sarà cavalcata trionfante come al Giro? Evenepoel (quando le curve diradano torna una Locomotiva) non pare essere d’accordo; non lo saranno né VingegaardRoglic.

Pare esserlo, controvoglia, Ayuso, ma finché la maglia ha quei colori dovrà esserlo per forza.

Ma tutto, almeno al momento, pare sia nelle mani del fenomeno sloveno.

Insomma, siamo appena al terzo giorno, emozioni ve ne sono già in abbondanza, aspettiamo le prossime. Cronometro e sterrato saranno i prossimi esami, e d’altronde, come ben sappiamo, il Tour finisce a Parigi.

Ah no, quest’anno finisce a Nizza, vuoi vedere che…

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