6 agosto 1972: il giorno in cui gli azzurri diedero scacco matto a Eddy Merckx
Il Mondiale di Gap, rimasto nella leggenda del ciclismo per l'incredibile beffa di Marino Basso a Franco Bitossi, fu anche quello in cui l'Italia distrusse la resistenza del Cannibale
Domenica prossima a Glasgow, a solo due settimane dal termine del Tour de France, andrà in scena, in versione anticipata, il Campionato Mondiale Élite. In realtà, la data del 6 agosto vanta già un precedente illustre che risale al 1972, stagione in cui, a causa degli incombenti Giochi Olimpici di Monaco di Baviera, dopo che il Tour de France si era concluso domenica 23 luglio, la prova per i professionisti si disputò a Gap, sulle Alpi francesi, nella prima delle ricorrenze tanto care a Bobby Solo.
A poco più di mezzo secolo viene riproposto questo parto prematuro in ossequio “al desiderio di dare vita alla prima edizione d'un evento ciclistico multidisciplinare” tanto agognata dal presidente dell'UCI David Lappartient. Cavalcando l'onda dei ricordi, torniamo alla vigilia di quel Mondiale così crudelmente dolce che ci regalò la penultima doppietta iridata prima di Ballan-Cunego 2008.
Eddy Merckx, nei 12 mesi precedenti, era stato ancor più dominante del solito. Dopo aver recuperato nel luglio 1971 un Tour de France che sembrava destinato a Luis Ocaña, caduto malamente sotto la pioggia in maglia gialla nella discesa del Col de Menté, il Cannibale conquistò il suo secondo iride, domenica 5 settembre sulle strade ticinesi, al termine di quella che molti ritengono essere stata la più dura delle sue sfide contro l'avversario storico, Felice Gimondi, sconfitto solo in volata. La prima vittoria al Giro di Lombardia chiuse una stagione in cui il brabantino conquistò la bellezza di 34 successi, un record eguagliato nella quantità, ma non certo nella qualità, dal connazionale Freddy Maertens nel 1976.
L'inizio del 1972 fu ancor più assordante con la quinta Milano-Sanremo cui seguirono due doppiette, tanto diverse quanto eccelse: il week end delle Ardenne, Freccia Vallone più Liegi-Bastogne-Liegi, e quella per eccellenza, Giro-Tour, seconda sovrapposizione rosa-gialla dopo quella del 1970. Nello Stivale Merckx fronteggiò un nuovo avversario che lo mise in forte difficoltà: lo spagnolo José Manuel Fuente. El Tarangu, fresco vincitore della Vuelta, rifilò al brabantino 2'36” nella prima semitappa del quarto giorno di corsa, 48 brutali chilometri di prima mattina da Francavilla al Mare fino al Blockhaus della Maiella.
Eddy si rifece 72 ore dopo nei 151 chilometri silani da Cosenza a Catanzaro, inscenando con lo svedese Gosta Petterson, vincitore del precedente Giro, una versione calabrese del Trofeo Baracchi. Partiti subito dopo il via, i due rifilarono quattro minuti a tutti. La lotta vittoriosa contro Fuente caratterizzò quella edizione della corsa rosa. Il Tour de France, al contrario, fu per Eddy un'incontrastata marcia trionfale, condita da un finale gradevole per i colori azzurri grazie alla piazza d'onore conquistata da Felice Gimondi a 10'41”.
Merckx, quindi, si presentava al via al mondiale di Gap in un ruolo che definire da favorito sarebbe riduttivo. Non aveva, però, fatto i conti con la squadra italiana, diretta quel giorno splendidamente in ammiraglia da Mario Ricci. Il padovano, buon corridore ma non eccelso, è stato probabilmente il più grande CT della storia azzurra nelle corse iridate, avendo conquistato in sei edizioni due titoli, due piazze d'onore e tre terzi posti. Sul durissimo circuito di 15 chilometri da ripetersi 18 volte, la Nazionale tenne in mano la corsa dall'inizio alla fine costringendo il campione uscente a inseguire per oltre sette ore di gara.
Lo scatto di Franco Bitossi ai 2.000 metri dal traguardo sembrava essere stato quello decisivo ma Eddy rifiutò d'arrendersi. Fu lui a riportare sotto gli inseguitori negando a Cuore Matto la gioia dell'iride solo per regalarla a un altro italiano: il vicentino Marino Basso, che sfruttò alla perfezione il lavoro del brabantino saltandolo ai 100 metri per poi beffare il compagno di squadra poco prima della linea d'arrivo.
Ricordi agrodolci di quando nel giorno più lungo della stagione l'Italia era la squadra da battere, l'imprescindibile faro della corsa. Domenica prossima, invece, sulle grigie strade scozzesi, ci si accorgerà, a malapena, della presenza azzurra in gara.