Stefano Agostini in corsa accanto a Philippe Gilbert © Stefano Agostini
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Clostebol? Jannik Sinner: un silent ban e una carezza. Stefano Agostini: carriera distrutta

Due professionisti di due sport diversi, a 11 anni di distanza, hanno subito trattamenti opposti per la positività alla stessa sostanza proibita

21.08.2024 09:12

Nella giornata di ieri, martedì 20 agosto, il mondo dello sport italiano - e non solo, data l'importanza dell'atleta in questione - è stato travolto da una notizia che, in linea puramente teorica, avrebbe potuto creare un terremoto. Jannik Sinner, n. 1 del ranking ATP e a mani basse miglior tennista italiano di sempre, già ora che la carta d'identità recita 23 anni appena compiuti, è stato trovato positivo ad una sostanza proibita, il Clostebol, ma è stato assolto dall'ITIA (International Tennis Integrity Agency).

Jannik Sinner © Jannik Sinner
Jannik Sinner © Jannik Sinner

Il motivo è presto detto: lo steroide in questione è finito nel corpo dell'altoatesino, ed è stato rilevato nel corso del torneo di Indian Wells ad aprile, senza che il ragazzo ne fosse consapevole. Il suo fisioterapista, Luca Naldi, si sarebbe curato una ferita al dito con un medicinale contenente Clostebol, ignaro della presenza di tale sostanza nella pomata in questione, e lo avrebbe poi trattato senza guanti. Sta di fatto che, nonostante sia risultato innocente, Jannik Sinner ha perso i punti (400) e il montepremi guadagnato in California.

Le reazioni del mondo a questa notizia sono state opposte: da una parte chi lo ha immediatamente assolto, elevandosi a priori a membro dell'ITIA o dell'agenzia antidoping senza avere le minime conoscenze in materia, dall'altra parte chi invece lo ha accusato e si è indignato per il trattamento ricevuto, comportandosi nello stesso modo rispetto agli appartenenti alla precedente categoria. Ovviamente questi sono stati i feedback a caldo, perché poi c'è chi si è informato per bene, ha messo insieme tutti i pezzi del puzzle e ha dato il proprio giudizio, negativo o positivo che fosse. Del primo gruppo, per altro, fanno parte il sempre ‘delicato’ Nicola Pietrangeli, l'istrionico Nick Kyrgios e l'invidioso Denis Shapovalov, tutti colleghi presenti o passati di Jannik Sinner.

Jannik Sinner e Stefano Agostini, due pesi e due misure

Esiste poi una quarta categoria, al momento unitaria, a cui appartiene Stefano Agostini, uno che ha vissuto la stessa identica situazione di Jannik Sinner e che quindi, più di chiunque altro, può parlare della questione con cognizione di causa. L'ex ciclista, che ha militato nell'allora Liquigas-Cannondale dal 2011 al 2013, è stato infatti trovato positivo ad un controllo antidoping, risalente al 21 agosto 2013, per una quantità infinitesimale proprio di Clostebol. Al di là dei giudizi della gente, che pur contano ma non sono il punto focale della vicenda in questo caso, è il trattamento ad essere differente. Il classe 1989 fu sospeso dalla squadra, un mese dopo fu licenziato e la WADA gli comminò 15 mesi di squalifica (1 anno e 3 mesi). 

Il dolore per quella pena ingiusta fu insostenibile per Stefano Agostini che invano provò a spiegare il motivo di quella presenza infinitesimale di Clostebol nel suo corpo (0,7 nanogrammi). E decise di porre fine alla sua carriera da ciclista professionista, iniziata appena due anni prima, nel lontano 2014. Non possiamo nemmeno immaginare cosa può avere passato l'ex ciclista alla notizia che, a 11 anni di distanza, Jannik Sinner abbia ricevuto un trattamento diverso con l'aggiunta - beffarda - che della situazione dell'altoatesino si è venuto a sapere dopo mesi di silenzio, durante i quali ha saltato le Olimpiadi di Parigi 2024 per una tonsillite. Quello che fa notare Stefano Agostini, nel post riportato in calce, è che due professionisti, al di là dei paragoni, abbiano conseguenze diverse in quanto praticanti due sport differenti.

Ciclismo, non è ora che ti porti al passo con i tempi?

In conclusione, quindi, la colpa non è certo di Jannik Sinner se l'ITIA ha assolto lui e la WADA ha invece distrutto la carriera di Stefano Agostini. Così come nessuno - al di là di rarissime eccezioni, vedasi Nick Kyrgios - ha pensato che il 23enne di San Candido abbia assunto volontariamente il Clostebol per migliorare le proprie prestazioni sportive. Il punto è che in questo momento storico esistono due modi diversi di gestire questa situazione. Se da una parte il tennis preferisce utilizzare una sorta di silent ban, per poi dare una sentenza definitiva di assoluzione o colpevolezza, dall'altra parte il ciclismo interviene nell'immediatezza, rischiando però di rovinare carriere. Forse è il momento che anche il mondo delle due ruote cambi la propria rotta e abbia un approccio diverso. Almeno lo faccia per i corridori se non tiene tanto alla propria immagine.

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Fabio Barera
Amante del ciclismo grazie alla passione che mi ha trasmesso il nonno. Aspirante giornalista a cui piace raccontare storie di sport