Editoriale

Da Ulissi e Pozzovivo multati a Cerasa ed Evenepoel: leggi ottuse e ciclofobia d'accatto

A dieci giorni dall'entrata in vigore del Nuovo Codice della Strada, due professionisti sono stati portati al comando dei Carabinieri perché pedalavano affiancati, il Foglio stila un editoriale a difesa dell'uso dell'auto e Remco finisce in ospedale

La storia si ripete: prima in tragedia, poi in farsa. Alla fine, viene scolpita in un Codice della Strada, perpetuando un tragicomico eterno ritorno dell'uguale.

Sono passati due anni da quel 30 novembre 2022, quando Davide Rebellin, dopo più di un milione di chilometri percorsi in sella a una bicicletta, veniva ucciso da un camionista. Allora esprimemmo tutto il nostro sconforto riguardo alla cecità della politica verso la sicurezza stradale, sempre pronta a dolersi e mai a pensare a un modello di mobilità che privilegi la bicicletta all'auto, sempre vista come una protesi irrinunciabile dell'individuo a cui non si possono trovare alternative radicali. Sempre tralasciando le sparate irricevibili di esponenti politici più o meno presenti a se stessi o semplicemente infeltriti a cui sulla roulette del politicamente scorretto piace puntare anche l'astio gratuito per ciclisti.

Cerasa e il fantomatico odio per le auto

Questa mattina il direttore del Foglio, Claudio Cerasa, è riuscito a pubblicare un editoriale dove ha attribuito la crisi dell'Automotive, su cui le dimissioni di Tavares hanno riacceso i riflettori, ad un presunto odio verso le auto che probabilmente si materializza solo nelle stanze o sui terminali della redazione del Foglio, visto che come vedremo dopo, proprio qui si è consumato un capolavoro.

Come potete leggere nel post Instagram (perché il pensiero illuminato del direttore non poteva restare confinato dietro il tetro muro di un articolo per abbonati). Cerasa ha sostenuto tra le altre cose che “La crisi dell’auto è figlia di un evidente processo di demonizzazione dell’automobile, processo che di riflesso investe anche gli automobilisti divenuti tutti dei furfanti fino a prova contraria, quando ormai gli automobilisti in una strada in città sono gli unici spesso che rispettano regole che di norma non rispettano i ciclisti che si muovono allegramente contromano, i monopattini che si sentono metà pedone e metà motorino, i pedoni che usano le strisce pedonali solo quando tutto il resto della strada è già occupato da altri pedoni”. 

Su quali argomenti si fondi questa encomiabile e approfondita analisi delle cause strutturali della crisi del comparto industriale non è dato sapere, ma del resto è il pensiero del direttore. Quella cosa che chiunque può dire in un bar o scrivere su un social come una propria personalissima impressione, se viene dal direttore dev'essere vergata in prima pagina, questa luminosissima idea viene dalla mente del direttore, l'ha detta lui, merita l'attenzione dell'orbe terracqueo. 

Se poi questo direttore ci si sedesse un po' di più, in un bar, e mentre beve il caffè aprisse un altro giornale scoprirebbe che sta accusando di odio verso le auto il Paese con più auto per abitante in Europa, con 663 auto ogni mille abitante, più di una ogni due abitanti. Lo stesso Paese che ha versato da ottobre 2016 a gennaio 2024 quasi 900 milioni di euro a Fiat/Stellantis, oltre 220 miliardi dal 1975. E, ciliegina (o Cerasa) sulla torta, la nuova accusa ai ciclisti e ai monopattini, rei di essere trattati con i guanti nel paese dove muoiono di più nell'UE (5,1 morti ogni 100 milioni di chilometri percorsi nel 2022, secondo uno studio della Partnership for Active Travel and Health).

Non sapeva, il direttore, che sul medesimo sito del quotidiano che lui stesso dirige sarebbero presto apparse parole di tutt'altro segno; Giovanni Battistuzzi infatti poche ore dopo decideva di dare la notizia dell'incidente occorso oggi a Remco Evenepoel trattandola per quella che è (noi eravamo stati più cauti, non avendo ancora le conferme che poi sono arrivate): l'effetto della distrazione di un automobilista che è costata un ricovero in ospedale con fratture multiple al campione olimpico, scontratosi contro lo sportello aperto improvvidamente dall'autista di un furgoncino di Bpost, azienda postale belga. L'11 ottobre scorso un incidente con una dinamica simile aveva ucciso un ciclista a Milano, morto dopo dieci giorni di coma dopo lo sportello gli aveva provocato la recisione della trachea. Per l'eterogenesi dei fini l'unico articolo che stigmatizza il comportamento degli automobilisti compariva proprio sul sito dove Cerasa si era appena indignato per l'odio contro le auto. 

Pozzovivo e Ulissi, due uomini soli al comando…dei Carabinieri

A far da contraltare alla tragedia sfiorata non poteva mancare la farsa che due giorni fa ha visto protagonisti Domenico Pozzovivo (atleta della VF Group-Bardiani CSF-Faizanè, benché in procinto di ritirarsi) e l'altro azzurro Diego Ulissi, in forze alla UAE Emirates. 

Domenico Pozzovivo con la maglia della VF Group-Bardiani CSF-Faizanè © VF Group-Bardiani CSF-Faizanè
Domenico Pozzovivo con la maglia della VF Group-Bardiani CSF-Faizanè © VF Group-Bardiani CSF-Faizanè

Domenica mattina, infatti, Domenico Pozzovivo e Diego Ulissi sono stati fermati dai Carabinieri mentre pedalavano affiancati lungo la strada del Lago di Como nei pressi di Colico, e portati al comando di Gravedona. Pozzovivo è stato multato di 18,50 € per aver pedalato sul lato sinistro della strada e ha spiegato di scegliere questa modalità di circolazione per aumentare la visibilità e ridurre il rischio di essere investito. Ha criticato la normativa italiana che vieta di pedalare affiancati, auspicando una modifica in linea con paesi come la Gran Bretagna, dove questa pratica è consentita per legge. Il Codice della strada infatti impone ai ciclisti di circolare in fila indiana, ma questa norma è frutto della pura opinione per cui pedalare in fila indiana sarebbe più sicuro per i ciclisti e costituirebbe meno intralcio per il traffico, quando l'evidenza dice l'opposto: superare due ciclisti affiancati rende più veloce la manovra di sorpasso rispetto al doverne sorpassare due in fila, è un dato oggettivo. Eppure il Codice della strada non si basa sull'oggettività, ma sul principio che il ciclista debba sparire il più velocemente possibile dalla vista dell'auto regina della strada. Anzi, meglio se lì non ci stesse. 

diego-ulissi
Diego Ulissi, l'altro dei due professionisti azzurri fermati e multati dai Carabinieri  © Tour of Austria

Non possiamo dare torto allo scrupoloso carabiniere: del resto il cuore tenero, dice il poeta, non è una dote di cui siano colmi gli esponenti dell'Arma. Temiamo però che i due ciclisti, al comando di polizia, siano stati accompagnati molto volentieri, da Forze dell'Ordine convinte di stare tutelando la sicurezza stradale multando Pozzovivo.

Le norme senza senso in un Paese dove i ciclisti sono di troppo

Si potrebbe proseguire a oltranza sulle bizzarre norme di un Codice della strada pensato per un mondo ideale in cui piste ciclabili meravigliose conducono ciclisti che non possono mai avere la stessa fretta degli automobilisti dovunque il loro buon tempo li conduca, senza mai nessun problema a dare precedenza alle auto ad ogni pié sospinto, pronti a scendere dalla bici all'ingresso di ogni ciclabile dotata di paletti e ostacoli per impedire l'ingresso delle moto, ostacoli che però finiscono per bloccare anche i ciclisti (proprio oggi è uscito un video di GCN dove si spiegano nel dettaglio i problemi che abbiamo con le piste ciclabili in Italia). Per non parlare poi della regola pazzesca per cui i ciclisti debbano scendere dalle biciclette quando attraversano sulle strisce pedonali “quando vi sia una possibile situazione di intralcio o pericolo per i pedoni”, che puntualmente la polizia locale chiamata a prima a spiegare il Codice della strada nelle scuole, e nel farlo applicare poi, trasforma in “devono scendere sempre”, forse preoccupata dei pericoli immani portati ai pedoni dai ciclisti che attraversano le strisce. Il risultato ovviamente, è che si attraversa impiegando il triplo del tempo e fermando il triplo delle auto.

Dopo la pubblicazione di venerdì scorso sulla Gazzetta Ufficiale, da sabato 14 dicembre entrerà poi in vigore il Nuovo Codice della Strada: sul perché i numerosi cambiamenti introdotti dal Nuovo Codice della Strada appaiano penalizzanti per la sicurezza di ciclisti, pedoni e altri utenti vulnerabili, privilegiando un'impostazione normativa focalizzata sui veicoli a motore e restringendo le possibilità delle amministrazioni locali di adottare misure efficaci per tutelare la sicurezza nelle città, non ci dilunghiamo, rimandando alla trattazione nel dettaglio pubblicata dalla Fondazione Michele Scarponi (link).

"Non ti avevo visto"

Di nuovo, ci ritroviamo asserviti a una mentalità ciclofobica per la quale il presupposto è che il ciclista è in strada per il suo puro piacere, mentre l'automobilista deve avere sempre la precedenza perché è lui a non dovere perdere tempo e  ad aver speso soldi per circolare in sicurezza comodo nella sua auto. Prima di svoltare o di aprire un portellone, l'automobilista si preoccuperà sempre che non siano in arrivo altre auto, perché non sia la sua preziosa carrozzeria ad essere intaccata dall'eventuale botto. Sarà più difficile che si premuri di guardare meglio, più a sinistra, perché è il ciclista a dover stare attento a non essere investito. E a nulla servirà spiegare ai Cerasa di turno che un automobilista che viola il codice della strada non può essere messo sullo stesso piano di un ciclista che fa altrettanto, perché quest'ultimo, nella stragrande maggioranza dei casi, mette in pericolo praticamente solo se stesso.

“Probabilmente l'automobilista avrà detto non t'avevo visto" dice nel suo articolo Giovanni Battistuzzi". Va sempre così quando ci sono i ciclisti: sono invisibili, non vengono mai visti. Accade in Belgio, accade in Italia, accade quasi ovunque, nonostante ciò che viene detto da chi considera i ciclisti un impiccio per la mobilità urbana ed extraurbana, non considerando che è la maggior causa di incedenti stradali è la distrazione e la velocità troppo elevata di chi è alla guida di automobili, elettriche o a motore a scoppio non fa differenza.”

"Succederà di nuovo", sentenziammo all'indomani della morte di Rebellin, e d'altronde siamo consapevoli che non esista una formula magica per far cessare gli incidenti, ma chi scrive è altrettanto certo che la prossima volta che sarà investito, proprio come le altre tre che gli sono occorse negli ultimi dieci anni, si sentirà dire di nuovo dall'investitore o dall'investitrice “Non ti avevo visto” (alle volte preceduto da ”scusa"), e da chi lo ascolterà raccontare: “Sarai stato in mezzo alla strada", "Non avrai avuto le luci”, e di nuovo dovrà rispondergli che era su una pista ciclabile in pieno giorno.

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