Bob Jungels oro olimpico nei 200 km in apnea
Tappa folle, tra le più veloci della storia del Giro: se la giocano i big, la spunta la maglia bianca
46,486 km/h di media. Dicono dall'organizzazione che è l'11a tappa più veloce della storia del Giro: ma non ha niente a che vedere, dal punto di vista della difficoltà e della lunghezza, con la tappa da record attorno al Lido di Venezia, corsa nel 1997 "appena" 2 km/h più veloce. La Valdengo - Bergamo è stata la tappa più strana di questo Giro d'Italia: 199 km di pura apnea senza un perché, dove non è stata lasciata andare la fuga, né i big han cercato di scombinare la classifica, muovendosi solo nelle fasi finali.
Una tappa del Giro d'Italia combattuta dall'inizio alla fine come se fosse una corsa per dilettanti, ma col profilo altimetrico di un Lombardia soft, pensando solo alla vittoria parziale e non al proseguimento del Giro; e nonostante il riposo, questa sfacchinata assurda resterà nelle gambe dei girini, in vista della terribile Rovetta - Bormio.
Una tappa così ha finito per premiare il secondo grande passista di questo giro, dopo Dumoulin: Bob Jungels, già in evidenza a Cagliari con una prestazione mostre per Gaviria. Bob, che regala una vittoria al Giro al Lussemburgo a 56 anni di distanza da Gaul, ha dimostrato di essere il più fresco di tutti nel finale, attaccando anche in salita a Bergamo Alta: e forse sarebbe il caso che un pensierino al Lombardia vero lo faccia, a questo punto.
Parte la prima fuga, ma non piace al gruppo
La partenza da Valdengo è stata abbastanza veloce. In un modo o nell'altro la fuga è riuscita a partire dopo 10 km, ma con pochi uomini: Jan Barta (Bora Hansgrohe), Jérémy Roy (FDJ), Eugert Zhupa (Wilier - Selle Italia), Dries Devenyns (Quick Step Floors) e Moreno Hofland (LottoNL). 5 atleti poco rappresentativi delle squadre che vogliono cogliere una tappa, ma molto determinati: succede dunque che Cannondale, UAE (con la testa a Rui Costa, naturale favorito per una tappa del genere) e Bardiani CSF si alternano in testa al gruppo, tirando o mandando qualcuno in avanscoperta, ma i 5 davanti non ne vogliono sapere di mollare e cominciano un elastico che dura per tutta la prima parte della frazione. Il risultato è che il loro vantaggio non supererà mai i 30" e la media delle prime due ore supererà i 53 km/h.
Seconda fuga: è Gaviria a muovere le danze
Nelle fasi iniziali, gli osservatori più attenti avranno notato un uomo parecchio nervoso in maglia ciclamino: è Fernando Gaviria il quale, nonostante abbia la classifica a punti in cassaforte, non ha nessuna intenzione di aspettare Milano calmo e buonino. È anzi il più volitivo, quando il suo compagno Devenyns viene ripreso per ultimo.
E in un tratto mosso sulle colline brianzole, è proprio Gaviria a dare lo strappo definitivo, evidenziando ancora una volta le sue doti ben oltre la semplice volata, andando a formare a 90 km all'arrivo un'azione con 10 uomini: sono Rudy Molard (FDJ), Silvan Dillier (BMC), Jacques Janse Van Rensburg (Dimension Data), Enrico Battaglin (Lotto NL - Jumbo), Enrico Barbin (Bardiani CSF), Philip Deignan (Sky), Julen Amezqueta (Wilier - Selle Italia), Evgeny Shalunov (Gazprom - Rusvelo) e Simone Petilli (UAE Emirates). E sempre Gaviria a imporee le danze e comandare la rotazione, come se avesse in mente qualcosa di speciale per la tappa odierna.
La Orica non ci sta: fuga subito sotto il minuto
Sembra finalmente il momento per rilassarsi in gruppo, ma dura poco. Quando la fuga raggiunge i 2'30" gli uomini della Orica-Scott si mettono in testa al gruppo: è evidente che oggi vogliono correre per portare al successo Adam Yates. Caleb Ewan si spreme ancora, per l'ultima volta: si ritirerà alle pendici di Miragolo San Salvatore, come accadrà durante la tappa anche a Rudiger Selig della Bora (secondo classificato a Cagliari), Ivan Savitskiy (Gazprom-Rusvelo) e Bart De Clercq (Lotto Soudal), che soffriva da qualche giorno di problemi a una gamba. L'andatura degli Orica sortirà i suoi effetti, con i 10 fuggitivi a solamente 1' all'imbocco della salita, e veementi maledizioni da parte di un buon 3/4 del gruppo.
Miragolo: si muovono Rolland e Sanchez Gil
Come nella tappa di Peschici, la fuga a breve distanza è l'occasione per chi non ha voluto/saputo infilarsi nella fuga per recuperare. Davanti, cambia passo Jacques Janse Van Rensburg, evidentemente il fugaiolo più in giornata di grazia, e del gruppetto in molti cedono, chi prima (Gaviria), chi nel mezzo (Battaglin), chi dopo (Barbin): in vetta alla salita bergamasca col sudafricano scalinano solo Rudy Molard e Philip Deignan.
Dal gruppo gli uomini della Sunweb prendono il comando, tenendo un andatura comunque non troppo intensa: ne approffitano Pierre Rolland (Cannondale), che parte a 3 km dallo scollinamento, e Luis León Sanchez Gil (Astana) che invece si appropinqua poco prima della discesa, dove entrambi raggiungono Barbin e Amezqueta, gli ultimi a cedere, e cominciano a seguire il terzetto di testa; lo svantaggio del gruppo sui primi non aumenta né diminuisce, in cima a Miragolo San Salvatore scollinano una buona sessantina di corridori. Non è tra questi Rui Costa, vera delusione della tappa odierna.
Cade Quintana, la Sunweb non forza
Come si temeva, le discese di questa tappa si sono rivelate parecchio insidiose: a farne le spese sulla prima, breve ma ripida, è Nairo Quintana: ingannato da una traiettoria di un compagno, scivola sul breccino e finisce fuori strada, senza conseguenze. Chi corre il rischio di far male a qualcuno è piuttosto la sua ammiraglia, che nella tensione del momento si ferma appena all'uscita di una curva cieca, rischiando di far cadere diversi corridori rientranti. Dumoulin non calca la mano e anzi, tra fairplay e prudenza, chiede ai suoi di rallentare, facilitando anche il rientro del colombiano che ha anche tempo di recuperare la bicicletta precedentemente incidentata.
Si forma un quintetto, altre cadute tra il Selvino e Bergamo
Risalendo verso il Selvino, Sanchez Gil e Rolland raggiungono presto i tre battistrada, dando nuova lena a un tentativo che si vede però ostacolato dagli uomini della Orica-Scott, vivaci assieme ai Bahrain-Merida in testa al gruppo: si troveranno così a scollinare con appena 40" di margine.
La spettacolare quanto insidiosa discesa del Selvino vedrà una situazione cristallizzata, con Carlos Verona e Rúben Plaza sempre alla testa del gruppo, ma di continua tensione, che si sublima nella caduta a 15 km dalla fine su un muretto che coinvolge Michael Woods, Davide Formolo (Cannondale) e Kenny Elissonde (Sky): niente di grave, a farne le spese peggiori è il francese della Sky che si ferma un po' stordito, ma riesce comunque a scendere all'arrivo con le sue gambe.
Per Formolo invece comincia un lungo inseguimento che verrà turbato da un altro incidente, ben più rovinoso: a discesa ormai finita, 10 km dall'arrivo, Tanel Kangert non vede uno spartitraffico e prende in pieno un segnale stradale basso, facendo una capriola e rischiando di perdere qualche costola, nonché i gioielli di famiglia. È relativamente fortunato, visto che a rompersi è soltanto l'omero del braccio sinistro all'altezza del gomito, ma è comunque costretto ad abbandonare il Giro: un altro tassello di un momento nerissimo per l'Astana, col terzo capitano perso nel giro di 2 mesi.
Jungels e Nibali ci provano a Bergamo Alta
Poco da fare per i 5 al comando, che in pianura continuano a subire la rimonta, rimanendo a vista ai piedi di Bergamo Alta. Si supera Porta Garibaldi e Rolland imbocca il tratto in pavé per primo, ma si vede superato da un Bob Jungels (Quick Step) deciso a dire la sua, capace di fare il vuoto tra due ali di folla.
Con pazienza e forza Vincenzo Nibali, affiancato da un fresco Domenico Pozzovivo, riesce a riportarsi su di lui e a scollinare in testa, proseguendo nell'azione: si produce così una frattura all'altezza dell'ottava posizione, con protagonisti, oltre ai sopra citati, quasi tutti gli altri uomini di alta classifica: Tom Dumoulin, Nairo Quintana, Thibaut Pinot, Bauke Mollema e Adam Yates. Tutti lì, come in una grande classifica; l'unico sorpreso è Ilnur Zakarin, che si ritrova a inseguire con Steven Kruijswijk, Jan Polanc e Patrick Konrad, a breve distanza.
La progressione da seduto di Jungels
Tra l'alta velocità (la discesa termina a 600 metri dall'arrivo), la fatica cumulata e l'anomala composizione del gruppetto, quella che verrà sarà difficile da classificare come volata, tant'è che il vincitore sprinterà praticamente da seduto. Il gruppetto Zakarin riesce a rientrare proprio sul rettilineo finale; nello stesso momento, mentre Nibali si estranea dalla lotta, Bauke Mollema prova ad anticipare tutti, tallonato da Pozzovivo, ma finisce solo per tirare la volata agli altri.
Sulla destra parte Nairo Quintana, e sembra avere anche un ottimo spunto, ma deve arrendersi alla progressione di Bob Jungels, che al centro parte con un'azione poco ortodossa, ma efficace. Vittoria netta per il lussemburghese, Quintana e Thibaut Pinot dietro di lui; Yates, chiudendo quarto, non riesce a concretizzare il grande lavoro dei compagni. Poi nell'ordine Pozzovivo, Konrad, Nibali, Dumoulin, Zakarin, Mollema, Polanc e Kruijswijk; a 14" un terzetto con Reichenbach, Landa e Formolo, bravo a limitare i danni viste le circostanze, e a 25" un gruppetto coi migliori gregari, Andrey Amador e Tejay Van Garderen che dà qualche segnale di ripresa.
Kangert a parte, la classifica non cambia
Tanta fatica, ma nessun grande cambiamento in classifica, visto il risultato finale: Quintana e Pinot rosicchiano secondi a Dumoulin, grazie agli abbuoni, trovandosi ora rispettivamente a 2'41" e 3'21", ma non saranno certo queste minuzie a ribaltare il Giro. Da Rovetta Nibali partirà con 3'40", Zakarin con 4'24", Mollema con 4'32". Visto il ritiro di Kangert, prendono una posizione Pozzovivo (4'59"), Jungels (5'18") e Amador (6'01"), e rientra in top ten Steven Kruijswijk (7'03"). Forse martedì la maglia rosa resterà la stessa, ma c'è da scommettere che dopo Bormio questa classifica cambierà radicalmente.