
L'UCI, ovvero: "Noi siamo la forza della reazione"
Gli organizzatori vogliono ridurre il numero di corridori per team nei GT e nelle classiche. Da Aigle arriva il più risibile dei "niet"
Solitamente, che si parli di politica o di qualsiasi ambito delle nostre vite, le misure di maggior buon senso sembrano le più difficili da prendere, da attuare. C'è sempre qualche ragione superiore, il cui senso è spesso precluso a noi poveri mortali, che impedisce che si vada nella direzione auspicabile.
Proprio per questo motivo, quando invece capita che una di queste misure venga messa in cantiere, ci stupiamo e quasi non ci par vero. È stato il caso della scelta, annunciata dagli organizzatori di ASO (Tour, Vuelta, Roubaix, Liegi, ecc.), RCS (Giro, Sanremo, Lombardia, Tirreno, ecc.) e Flanders Classics (Fiandre, Gand, Het Nieuwsblad, ecc.), di dare un taglio alla composizione dei team che parteciperanno alle loro corse nel 2017.
8 corridori per squadra al via dei grandi giri, 7 in gara nelle prove di un giorno. In pratica, un salto nell'iperspazio per tutte le gare principali del calendario internazionale, i tre GT e le cinque Monumento, più altre corse di notevole interesse e impatto sparse qua e là nella stagione.
Il motivo accampato come primario è quello della sicurezza (meno corridori=meno rischi), con tanto di impegno a non approfittare dell'avere un atleta in meno per squadra per invitare qualche team in più: "nel 2017 le formazioni al via delle nostre corse resteranno nello stesso numero del 2016", hanno anticipato gli organizzatori.
L'altro motivo, meno strombazzato ma ugualmente pressante, riguarda lo spettacolo preventivabile nelle gare più importanti: il Tour de France 2016 è stato un'esperienza troppo brutta per chiunque, da questo punto di vista, ed è comprensibile che si cerchi di limitare la possibilità che ciò si riverifichi in futuro. E chi meglio dell'organizzatore può mettere mano alla cosa, togliendo un corridore per team e sperando così di rendere più difficile la vita agli squadroni che controllano la corsa in maniera asfissiante e del tutto antispettacolare?
Tutti d'accordo, allora? Certo che sì, con la solita eccezione di Patrick Lefévère (team manager della Etixx), che non perde occasione per lamentarsi di qualsiasi cosa, e quindi si finisce col non considerarlo proprio, esattamente come si fa coi vecchi prozii che brontolano per tutto.
E invece no, non solo il dirigente belga ha avuto da ridire sulla cosa, accolta invece dal plauso generalizzato di appassionati e addetti ai lavori. Di traverso ci si è messa pure l'UCI. E te pareva.
Se al soggetto cui accennavamo in apertura (ovvero tutti noi, alle prese con le misure di buon senso che non vengono mai prese) non pareva vero che per una volta si fosse arrivati tanto rapidamente dall'idea all'azione, ecco che l'Unione Ciclistica Internazionale ha badato bene di riportarlo coi piedi per terra: hai ragione, caro soggetto, tutto ciò (questo moto improvviso e inatteso degli organizzatori) non può essere vero. O meglio: non può essere realizzato.
Le ragioni del "niet" addotte dall'UCI in un comunicato dato urgentemente alle stampe sono apparentemente risibili: "Ci vuole il parere favorevole del Professional Cycling Council (il Consiglio per il Ciclismo Professionistico, PCC), nel quale gli organizzatori sono ben rappresentati, e che nell'ultima riunione pochi giorni fa ha stabilito di valutare nei prossimi mesi il portato di tale cambiamento, senza modifica alcuna per il 2017" (il virgolettato è una sintesi).
Nel PCC siede tra gli altri Christian Prudhomme, direttore generale del Tour, quindi effettivamente gli organizzatori sono rappresentati ai massimi livelli. Nel comunicato successivo all'incontro cui fa riferimento l'UCI non c'era traccia del tema qui in discussione, c'è quindi da pensare che tale tema non sia considerato troppo pressante all'interno dell'ente. Può essere che Prudhomme e gli altri, preso atto di un certo disinteresse (per non dire fronda) sulla questione, abbiano deciso di attuare il colpo di mano? Può essere. Del resto costoro avrebbero tempo fino al 1° gennaio per riproporre la questione al PCC, se fossero interessati a ricevere un parere positivo.
Quanto all'UCI, non dice "riparliamone", dice "per ora non si fa nulla". Ma è quella stessa organizzazione che dice "l'anno prossimo solo 17 team nel World Tour" e poi si piega al principio di realtà e statuisce (nella stessa ultima riunione del PCC) che nel 2017 e pure nel 2018 (!) le squadre WT potranno essere 18. Più realisti del re, quando vogliono. E perché questa volta no, allora?
Per due ragioni: la prima - quella del nostro pensar male - è che la matrice anglosassone dell'attuale UCI non voglia infastidire la Sky (la quale non trarrebbe certo beneficio da una riduzione dei suoi corridori al Tour, tanto per dire). La seconda, che ci pare più consistente, è che gli organizzatori - col tempo - si stiano sempre più rendendo conto di poter fare da sé, e di potere un domani dare il benservito all'Unione Ciclistica Internazionale. Dal canto suo, l'UCI ha l'obbligo quindi di far sapere al mondo che lei esiste e che prende pure decisioni, e che può quindi porre veti e bloccare altrui iniziative. Insomma, siamo dalle parti del "qui comando ancora io e te lo dimostro".
Che poi questo atteggiamento sia quello più rapido per giungere a una rottura che sarebbe sanguinosa per la stessa UCI (insomma: da una parte il Tour de France, dall'altra le sagome ingessate di Aigle. Chi vincerebbe, secondo voi?), pare non interessare al momento ai maggiorenti dell'Unione. I quali dimostrano, una volta di più, una sorprendente miopia. Dice: ma è possibile che non si rendano conto che continuando di questo passo si scavano la fossa da soli? Non fossimo nel ciclismo da 20 anni, diremmo: no, non è possibile. Ma in questo ciclismo ci stiamo, lo respiriamo da una vita, sappiamo di che pasta è fatto chi lo gestisce, per cui nessuna sorpresa. Avanti così, verso una nuova spaccatura, verso un nuovo braccio di ferro, verso un nuovo periodo di lotte intestine. E speriamo di non dover raccogliere troppi cocci, più avanti.