Quest'Omar non è Fra(g)ile
Il combattivo corridore basco ora punta anche alla maglia blu
Immergersi negli Appennini in pieno Giro d’Italia costituisce sempre un viaggio d’arcana e avvolgente bellezza, attraverso strade che si pongono come ideale spartiacque tra il mito della salite alpine e dolomitiche e il fascino delle zone più meridionali di questo Paese. Spesso e volentieri però è proprio da qui che il mito nasce, si va via via delineandosi sui pendii per poi emergere in tutto il suo fulgido splendore e consegnarsi in maniera imperitura ai posteri.
Da Firenze, o meglio da Ponte a Ema, fino a Bagno di Romagna pareva tutto un respirare un’aria da Bibbia della salita, che da Gino Bartali conduceva fino a Marco Pantani, trovando anche occasione per richiamare il primo volo leggendario di Fausto Coppi sull’Abetone sulla via per Modena nel 1940. Ce n’era abbastanza quindi per non lasciar passare la giornata con un fastidioso senso d’incompiuto che il palcoscenico tosco-emiliano rifugge, così come era opportuno non considerare questa come una semplice giornata di passaggio. Naturale che in un contesto simile avessero buon gioco gli avventurieri, quelli che quotidianamente si svegliano col sogno di scappar via e lasciare tutto e tutti alle proprie spalle, in cerca di gloria e forse anche di sé stessi. Un placido e inesorabile fluire, come quello del Tevere che proprio dal Fumaiolo inizia a gattonare e muovere i primi passi di un lungo cammino che lo condurrà fino alla città eterna.
Tanti protagonisti da pedigree più o meno illustre: da Visconti ad Amador, da Rolland a Rui Costa, da Cataldo e Kangert a Hermans, passando anche per il redivivo Landa e la fresca esuberanza di Petilli o Villella. Poi c’è lui, Omar Fraile. Tutto garra e spirito guerriero dietro le fattezze da ragazzo tranquillo. Lui le fughe le ama maledettamente, tanto più quando le tappe propongono un percorso alquanto accidentato. In questi anni si è costruito una discreta fama da “cercatore di Gpm”, che spesso non andava a collimare con l’ambizione della vittoria, così da lasciare in prevalenza lo spettacolo, quella “calienza” che scalda il pubblico ma che sovente pare mal sposarsi col pragmatismo della finalizzazione.
Ieri però come ce lo tenevi fermo, uno così? Andato via sulla Calla assieme a Landa, proseguendo con lui sul Carnaio. Quindi un lento rimbalzare indietro sul Fumaiolo che sembrava tagliarlo fuori dai giochi buoni, per poi vederlo riapparire proprio in vista della vetta, quando Rolland già pregustava lo scollinamento e la susseguente picchiata, per andare a prendersi gli ennesimi punti di giornata. Quando poi su di loro è ripiombato Rui Costa e proprio in vista del triangolo rosso anche il resto del drappello s’era appropinquato, sarebbero serviti davvero i nervi più saldi. Proprio lì ogni insicurezza, ogni mero proposito di condurre in porto l’ennesima giornata a metà s è dissolto in una volata mortifera, che ha originato innanzitutto lo scalpo di un ex iridato come il portoghese della UAE Emirates, discreto spauracchio in questo genere di arrivi. Omar è uno tosto e questa volta ha avuto ragione. D’altronde un importante capitolo della propria storia personale l’aveva scritto proprio sugli Appennini.
Omar Fraile: uno spirito combattente e quella gioia all’Appennino
Il basco di Santurtzi, 27 anni da compiere il prossimo 17 luglio, ha sempre avuto lo sport nelle corde, cominciando a muovere le prime pedalate con la Mountain Bike per poi passare successivamente alla bici da strada, in una terra da sempre molto florida per il movimento ciclistico spagnolo e non solo. Nella propria adolescenza però non è stata solamente la bicicletta a costituire un tappa fondamentale per il proprio sviluppo psicofisico: dai cinque ai sedici anni infatti la vita di Fraile, oltre ai consueti impegni scolastici, si è divisa tra ciclismo e canottaggio, altro sport molto praticato nei Paesi Baschi, fino a quando la grande passione per il ciclismo ha avuto il sopravvento. A giudicare dalla capacità di mulinare ogni qual volta si trova in avanscoperta si potrebbe affermare che anche le vogate son servite eccome…
Dopo le prime buone prestazioni e vittorie nelle formazioni locali, in cui mostrava anche una buona propensione per le prove a cronometro, l’approdo alla formazione Continental dell’Orbea avvenuto nel 2012 ha costituito la prima possibilità di sostenere importanti esperienze all’interno della Penisola Iberica e non solo. Riscontri abbastanza positivi da fargli meritare la chiamata della Caja Rural, di cui dal 2013 al 2015 ha costituito uno degli elementi più affidabili e combattivi, giovandosi anche dei preziosi consigli dei vari David Arroyo, Sergio Pardilla e soprattutto Amets Txurruka, con cui ha sviluppato un solido rapporto d’amicizia. Il ragazzo amava spesso l’avventura, soprattutto la conquista della maglia di miglior scalatore sembrava stuzzicarlo più di una volta, tanto da riuscire spesso nell’intento. Forse però Omar doveva convincersi ulteriormente di poter far di più, di poter e dover rischiare anche di vincere. La prima svolta era così arrivata in un pomeriggio di fine aprile 2015 sulle strade della Liguria in quella corsa che spesso in passato esaltava grandi nomi: il Giro dell’Appennino.
Entrato nell’azione decisiva, in un finale in cui Stefano Pirazzi e Damiano Cunego si erano mostrati molto attivi e quasi sicuri della vittoria, era stato proprio Fraile, sotto la sapiente regia di Txurruka, ad operare la stoccata decisiva in grado di regalargli la prima vittoria da professionista, replicata qualche settimana più tardi da un’altra bella affermazione alla 4 Jours de Dunkerque. La voglia di andare in fuga però non l’aveva affatto abbandonato e così alla Vuelta dello stesso anno era arrivata per lui l’affermazione nella classifica degli scalatori, una delle più amate ed ambite da ogni corridore iberico.
Dopo il successo di tappa la maglia blu diventa il grande obiettivo
Con un’annata così lecito aspettarsi un ulteriore salto in avanti e così puntuale era giunta per lui la chiamata della Dimension Data, accompagnato dal più celebrato ed esperto Igor Anton. Dopo una prima parte di stagione agrodolce (buona prestazione a Lugano ma ritiro anticipato dal Giro d’Italia per i postumi di una caduta), il finale di stagione con un’altra Vuelta corsa da grande protagonista, culminata con un ottimo quarto posto a Lagos de Covadonga e la seconda maglia consecutiva di miglior scalatore l’hanno reso atleta in costante crescita e capace di potersi ancora migliorare per il futuro.
Naturale quindi che dopo una primavera in cui lo si è visto all’opera con discreto profitto alla Liegi, oltre che decisivo per la vittoria del proprio compagno Serge Pauwels al Tour of Yorkshire, ultima gara a cui prendere parte prima del Giro, Omar giungesse in condizioni ideali alla corsa rosa ed abbia così trovato la giornata perfetta: non più semplice cercatore di fughe e traguardi parziali ma anche atleta in grado di gestire con grande lucidità i vari frangenti di gara e di colpire i rivali in maniera quasi inaspettata, forte di uno spunto veloce da considerarsi, a questo punto, assolutamente notevole e da sfruttare ancora con maggior caparbietà in futuro.
Inevitabile però non tenere conto di un altro aspetto: grazie ai punti racimolati ieri, Fraile ha ora appaiato a quota 44 punti Jan Polanc, lo sloveno vincitore sull’Etna e ancora titolare della maglia blu grazie al gioco delle risultanze. Conoscendo la proverbiale perseveranza dell’atleta basco però possiamo già considerarlo fin da ora un serio pretendente per la conquista finale della graduatoria di miglior scalatore, che andrebbe a proseguire la tradizione iberica e creare un continuum col 2016 quando ad imporsi fu il connazionale Mikel Nieve. A questo punto Omar non ha davvero nulla da perdere e contrastarlo anche sui traguardi parziali non sarà affatto facile. Del resto è sempre stato uno tosto, mantenendo sempre però quell’animo sognatore che ciclicamente lo porta ad evadere dal gruppo. Anche perché sognare non costa mai nulla.