C'era una Volta in Alentejo, parola di Miguel Indurain
Questa settimana si disputerà una corsa "vicina di casa" della più famosa Volta ao Algarve, non meno affascinante di quella. Terra di emigranti, l'Alentejo cerca un proprio riscatto attraverso turismo e musica
“Il mondo con tutto il suo peso, questa palla senza inizio né fine, coperta di mari e di terre, tutta segnata da fiumi, torrenti e rigagnoli, dove scorre l’acqua chiara che va e viene ed è sempre la stessa, sospesa nelle nuvole o nascosta nelle sorgenti sotto grandi strati sotterranei, il mondo che sembra una bruttura vagante nel cielo, o una trottola silenziosa, come un giorno lo vedranno gli astronauti, e come noi possiamo già anticipare, il mondo visto da Monte Lavre, è una cosa delicata, un orologio che può sopportare solo quel po’ di corda e non un giro di più, e si mette a tremare, a palpitare…”.
Tratto da Levantado do Chão, tradotto in italiano come
Una terra chiamata Alentajo, José Saramago, premio Nobel per la letteratura nel 1998
Fa quarant'anni, per tutti i portoghesi è conosciuta come l'Alentejana: si chiama Volta ao Alentejo e la quarantesima edizione si svolgerà dal 22 al 26 marzo. Una competizione che può vantare nel proprio albo d’oro la vittoria di Miguel Indurain nel 1996 ma oltre questo, correre e partecipare all'Alentejana è soprattutto un modo per scoprire questa regione a sud del Portogallo, tra Spagna e Oceano Atlantico, poco sopra il ben più celebre Algarve.
L'Alentejo è terra di emigrazione, donne e uomini fuggiti magari verso Lisbona o all’estero in cerca di fortuna e lavoro ma è anche terra di conquiste arabe e reconquiste cristiane, di case vinicole e di produttori di olio, di città fantasma e del famoso Cante Alentejano, patrimonio culturale e immateriale dell’umanità Unesco dal 2014. Canto tradizionale e corale che accompagnava tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento chi lavorava nei campi e poi portato nelle piazze delle città durante le feste di paese e i momenti di svago.
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, con la progressiva meccanizzazione dell’agricoltura e con la diffusione della radio e successivamente poi della televisione, questo canto tradizionale e tipico subì un declino che parve a molti inevitabile. Associazioni culturali e turistiche l'hanno riportato a una seconda giovinezza. E poi ci ha pensato anche il cinema: nel 2014 un docufilm di Sergio Tréfaut, Alentejo, Alentejo, che narra le gesta di un gruppo di amanti di questo canto corale, ha fatto sì che venisse conosciuto anche nel nord del paese lusitano.
Levantado do Chão (Una terra chiamata Alentejo) dal premio Nobel per la letteratura José Saramago, invece, ha fatto scoprire ai più un Alentejo latifondista e agricolo e che, almeno per qualche giorno, sarà altro, sarà un rincorrersi di biciclette sino a Évora, ultima tappa del giro.
Quest'anno la corsa parte da Beja, che per la nona volta è il punto di partenza dell'Alentejana, con l'arrivo a Ourique e con il traguardo alla fine della rampa accanto al municipio, seguita nei giorni successivi dalle prove Castro Verde-Grândola, Vendas Novas-Estremoz, Crato-Castelo de Vide e Monforte-Évora. La penultima tappa, che termina a Castelo de Vide, vedrà i corridori percorrere anche la Serra de S. Mamede fino a raggiungere il punto più alto dell'Alentejo situato a 1.025 metri sul livello del mare, una tappa che dovrebbe essere decisiva ai fini della classifica generale.
L'arrivo di questa prova sarà a Castelo de Vide, piccolissima e bellissima città assolutamente da visitare dove vi è un castello circondato da un agglomerato di case candide e che risalta nel paesaggio circostante. Dall’alto, si vede la pianura alentejana, rivelando tutto il suo splendore: piccoli villaggi punteggiano campi che si estendono a perdita d’occhio e a soli venti chilometri di distanza, si scorge Marvão, altra località magnifica dell'Alentejo.
Castelo de Vide è famosa anche perché qui è nato Fernando José Salgueiro Maia, noto come Salgueiro Maia, ufficiale portoghese e capitano coraggioso durante la Revolução dos Cravos (Rivoluzione dei garofani) del 1974 e che diede un contributo decisivo al rovesciamento del regime salazarista.
Chissà chi indosserà, oltre alla maglia gialla, alla fine del giro il Traje, tipico copricapo che fu del pastore alentejano e che utilizzerà anche António Teixeira Correia, radiocronista conosciuto e apprezzato nel suo paese; Teixeira racconterà ancora una volta a modo suo l'Alentejana, perché il ciclismo in Portogallo prima di essere immagine è ancora voce.
La Volta ao Alentejo è una corsa primaverile per esigenza perché è il periodo migliore dell’anno per pedalare in questo territorio: d’inverno l’escursione termica è considerevole e le temperature di notte e al mattino sono oltremodo rigide, mentre in estate fa caldo e si possono abbondantemente superare i quaranta gradi.
Quasi tutto l’Alentejo interno, a differenza di quello costiero già famosissimo all'estero, è sempre più un luogo spopolato e che cerca di rilanciarsi attraverso il turismo e con diverse manifestazioni e iniziative culturali, è in questo contesto che il giro Alentejano diventa anche un modo per scoprire paesaggi e luoghi mozzafiato, al seguito di una carovana che ancora una volta passa per quasi tutto il territorio regionale e che farà brillare gli occhi a tutti i partecipanti e non solo di questa piccola e straordinaria competizione.
E se ancora non ci credete, domandatelo a Miguel Indurain cosa significa correre qui.