Sam-pietrino d'oro
Il Giro d'Italia si conclude a Roma con il terzo successo in volata di Bennett, Viviani 2°. Polemiche sul circuito, distacchi neutralizzati
Elia Viviani e Sam Bennett sono stati i grandi protagonisti delle volate di questo centounesimo Giro d'Italia e quindi non potevano che essere loro due a giocarsi proprio allo sprint il successo in questa ventunesima ed ultima tappa a Roma: alla fine nella fantastica cornice dei Fori Imperiale, con il Colosseo sullo sfondo, ad alzare le braccia al cielo è stato l'irlandese della Bora-Hansgrohe, al terzo sigillo personale dopo quelli di Praia a Mare ed Imola. Per Bennett questo Giro d'Italia può rappresentare una svolta della carriera: le qualità, in termini di punta massima di velocità, le conoscevamo già prime di queste tre settimane ma finora la grande vittoria era sempre mancata.
Discussioni corridori-giuria, tempi neutralizzati
Quest'ultima giornata del Giro d'Italia era partita proprio nel peggiore dei modi. Per la maglia rosa c'è stato appena il tempo di fare le foto ed il brindisi di rito in corsa, che subito tra i corridori è iniziato un parlottio sempre più intenso e che poi ha visto coinvolti anche membri dell'organizzazione di RCS Sport e del collegio di giuria: il motivo delle discussioni era la pericolosità del tracciato, soprattutto i passaggi sui sampietrini sconnessi (anche in discesa) che rendevano la tappa tutt'altro che banale e qualcosa di più di una semplice passerella. L'attenzione era soprattutto rivolta agli uomini di classifica che non volevano correre rischi a Giro d'Italia quasi concluso. Alla fine i corridori, dopo alcuni giri ad andatura turistica e dopo aver minacciato anche di fermarsi se non fossero state accettate le loro richieste, hanno ottenuto la neutralizzazione dei tempi al termine del terzo dei dieci giri in programma (con annullamento di tutti gli abbuoni) e non solo nell'ultimo come era già previsto.
Come già accaduto in altri casi ci sarebbe molto da discutere sulla vicenda e chiedersi perché una tappa con il pavé nella prima settimana del Tour de France vada bene e questa qui no, ma alla fine considerati molti aspetti si è arrivati ad una soluzione tutto sommato ragionevole, ma ancora una volta l'impressione lascia è che la situazione dovesse e potesse essere gestita in maniera molto diversa: il circuito era stato presentato mesi fa, è risaputo che i sampietrini sono una caratteristica del centro di Roma e tutta la carovana era nella capitale già questa mattina, c'era davvero bisogno di aspettare fino a corsa iniziata e di affrontare la questione con gesti e discussioni plateali in diretta davanti alle telecamere? Una seria associazione di categoria, eviterebbe forse il problema di porsi la domanda.
Parte una fuga di 18, altri proceduto tranquilli
La neutralizzazione dei tempi ha assegnato quindi in anticipo la maglia rosa a Chris Froome e la maglia bianca a Miguel Ángel López, ma appena questa è scattata a sette giri e 80.5 chilometri dal termine è stata subito battaglia tra i corridori. La quarta tornata è stata percorsa a quasi 45 km/h di media ed è stata caratterizzata dall'attacco di Alexey Lutsenko (Astana) e Mads Würtz Schmidt (Katusha-Alpecin) che ha innescato una fuga di 18 corridori: assieme ai due citati si sono mossi anche Viacheslav Kuznetsov (anche lui Katusha), Nico Denz (AG2R), Davide Ballerini (Androni), Manuele Boaro (Bahrain), Francisco Ventoso (BMC), Andreas Schillinger (Bora), Krists Neilands (Israel), Chris Juul-Jensen (Mitchelton), Florian Sénéchal (Quick Step), Benjamin King (Dimension Data), Gijs Van Hoecke e Bert-Jan Lindeman (LottoNL-Jumbo), Laurent Didier (Trek), Marco Marcato (UAE), Giuseppe Fonzi e Eugert Zhupa (Wilier).
I battistrada hanno guadagnato circa 45" su un gruppo inseguitore guidato dalla Quick-Step Floors che comprendeva tutti quegli uomini interessati a fare la tappa: senza il rischio di perdere tempi in classifica, tanti corridori hanno infatti preferito fare gruppetto e affrontare i chilometri restanti con più calma (alcuni sono stati doppiati, il gruppo Froome ha preso un quarto d'ora) magari approfittandone per godersi appieno la maestosa bella di un circuito che sotto l'aspetto delle "cartoline" surclassa alla grande quello comunque molto apprezzato dei Campi Elisi di Parigi dove si conclude il Tour de France. In 11.5 chilometri si toccavano Piazza Venezia, Giardini del Quirinale, Piazza di Spagna, Villa Borghese, Piazza del Popolo, Via del Corso, Teatro Marcello, Circo Massimo, Terme di Caracalla, Colosseo e Fori Imperiali: tralasciando le discussioni tecniche e logistiche, nessun'altra città può competere con un finale così.
Tanti attacchi come in una kermesse, ma è volata
Sotto l'aspetto della cronaca, quest'ultima giornata più che una tappa classica di un grande giro è sembrava una kermesse, uno di quei criterium che vanno tanto di modo in altri paesi: nel gruppo di fuggitivi ci sono stati altri attacchi, dietro invece c'era chi preferiva procedere a ritmi diversi e così in alcuni frangenti ci sono stati corridori sparsi un po' dapperttutto. Al termine del quinto giro è stato il lettone Krists Neilands ad allungare, poi è toccato a Chris Juul-Jensen e Viacheslav Kuznetsov, che sono resistiti fino a 13 chilometri quando il gruppo dei velocisti, a quel punto molto ristretto, ha ripreso tutti gli attaccanti.
Nell'ultimo, però, c'è stato ancora spazio per un brivido di Elia Viviani che è riuscito a superare molto velocemente un salto di catena, e poi un allungo di Ryan Muller (Trek), Tony Martin (Katusha), Danny Van Poppel (LottoNL-Jumbo) e ancora una volta il francese Florian Sénéchal (Quick Step) in versione stopper: stranissima la presenza qui di un velocista come Van Poppel che ha annullato le sue chance per lo sprint, il quartetto ha preso una decina di secondi di vantaggio ma prima è stato ripreso da Mattia Cattaneo (Androni), poi anche il plotoncino dei velocisti è tornato sotto ai 3500 metri preparando definitivamente il terreno alla volata.
Viviani sbanda, Bennett esulta
La Bora-Hansgrohe ha dovuto spendere energie per chiudere sull'ultimo tentativo di fuga, e quindi nel finale è stato di nuovo il treno della Quick-Step Floors a mettersi davanti per lanciare lo sprint di Elia Viviani, ormai sicuro della vittoria nella classifica a punti a prescindere dal risultato sul traguardo. A rovinare i piani della squadra di Patrick Lefévère nell'ultimo chilometro ci ha provato la Bahrain-Merida con Matej Mohoric che si è reso protagonista di una grande progressione con a ruota Niccolò Bonifazio: l'azione dello sloveno è stata un po' troppo anticipata, ma lo stesso Bonifazio si è trovata la porta chiusa in faccia da Morkov e poi non è riuscito a trovare spazio a spallate con Sabatini, Viviani e Bennett che seguivano nell'ordine.
Lo sprint è stato quindi un testa a testa tra Bennett e Viviani con il primo partito da dietro ad uscito in rimonta: Viviani è apparso più scomposto, la suo ruota posteriori ha sbandato più volte in maniera anche pericolosa ed alla fine il veronese è stato costretto a rialzarsi negli ultimi metri quasi lasciando la vittoria all'irlandese della Bora-Hansgrohe che fino a quel punto l'aveva affiancato ma non ancora superato nettamente. In terza posizione si è piazzato il lussemburghese Jempy Drucker della BMC con il belga Baptiste Planckaert (Katusha) quarta: in top5 troviamo altri cinque italiani, Manuel Belletti ha chiuso quinto, Sacha Modolo sesto dopo aver speso parecchio per rientrare in gruppo dopo un problema meccanico nella fase centrale della tappa e poi ancora Paolo Simion ottavo e Fabio Sabatini nono; da segnalare che Niccolò Bonifazio aveva tagliato il traguardo in settima posizione, ma è stato declassato al 21° posto per la condotta pericolosa nell'ultimo chilometro.