Crono incredibile, Roglic ribalta il Giro!
Primoz vince la prova contro il tempo del Monte Lussari infliggendo a Geraint Thomas 40" che significano sorpasso in classifica: domani a Roma in rosa. João Almeida si conferma terzo, quarto posto per Damiano Caruso
Giri che finiscono, sfide che si arroventano, colpi bassi della sorte che provano a dire ancora la loro, ma poi Primoz Roglic che vincono e ribaltano la corsa in mezzo a tifosi che si esaltano, e allora cerchi che si chiudono, rivincite che si prendono, urli che erano stati ricacciati in gola che finalmente possono erompere con tutta la forza. Il riferimento a cui tutti - nessuno escluso - abbiamo pensato è alla cronoscalata di La Planche des Belles Filles al Tour de France 2020, quando un Roglic che si sentiva la vittoria in tasca venne sorpreso, sconfitto, scornato da un Tadej Pogacar all'alba della propria grandezza.
E ora un'altra cronoscalata, verso l'arrivo impossibile (in tutti i sensi) di Monte Lussari, da vivere nei panni dell'inseguitore, da giocare all'attacco e non in difesa per recuperare una manciata di secondi a un rivale di grande spessore e provata affidabilità, quel Geraint Thomas che negli ultimi giorni era stato lo spot della solidità. Scelte tecniche diverse, da far sembrare questa prova odierna anche una sfida tra scuderie, un po' MotoGp e un po' ricerca esasperata dei marginal gains. Tu usi il monocorona? E io cambio il casco oltre alla bici. Scelte che non si limitano all'assetto di gara, ma anche all'avvicinamento, apparentemente molto rilassato quello di Roglic, in bici in un gazebo a rulleggiare con un ventilatore sparato su una faccia parzialmente coperta da un paio di occhiali da sole da riposo ma sempre pronta ad aprirsi in un sorriso.
La maglia rosa invece era fuori dal bus, fasciata in un giubbino con il ghiaccio incorporato, per tenersi al fresco in vista della tappa decisiva. Un'espressione però più tirata, quella di Geraint, anche se dobbiamo ammettere che avremmo forse usato gli stessi termini se il risultato finale fosse stato favorevole al gallese? O avremmo scritto che “Thomas appariva più concentrato rispetto a Roglic”?
Perché poi il risultato inevitabilmente condiziona il giudizio; al punto che potremmo cedere nella tentazione di dire che - oltre a Primoz - oggi anche RCS Sport ha vinto, e Mauro Vegni ha avuto la sua Planche, quella che sognava, con tanto di ribaltone al termine di una crono che si è disputata nelle migliori condizioni, al netto di tutte le difficoltà logistiche. Ma non lo diremo.
Perché sì, oggi l'organizzatore del Giro ha degli argomenti da contrapporre a chi gli ha rimproverato in queste settimane un disegno troppo sbilanciato sul finale, con una tappa decisiva che si annunciava talmente dura da aver spinto i corridori a un eccesso di attendismo nelle altre 19 frazioni (non in tutte, certo). Ma nonostante il palpitante finale, quelle due settimane abbondanti di battaglie rinviate o appena abbozzate da parte dei big della corsa restano, e ci fanno dire che per il futuro gradiremmo percorsi più equilibrati e possibilmente un'ultima tappa disegnata in modo da favorire l'impresa dalla distanza e non costruita invece intorno a uno spauracchio dalle pendenze assassine: perché se l'ultima frazione è più aperta, lo saranno conseguentemente anche quelle precedenti.
Ma torniamo a Primoz Roglic, è lui il protagonista di questa indimenticabile giornata. La sua storia di ex saltatore con gli sci la conosciamo tutti, il fatto che sia arrivato al ciclismo in età già avanzatella è da anni di dominio pubblico. Possiamo aggiungere che da un paio di stagioni (diciamo di più: proprio da quella sconfitta atroce al Tour 2020) ha smesso i panni di ragazzo troppo riservato per aprirsi a una giovialità che gli ha conquistato di sicuro nuovi tifosi, anche se nel frattempo ha continuato a perdere (e a cadere, per essere più precisi) alla Grande Boucle, ma intanto si prendeva un altro paio di Vuelte (tre in totale), una Liegi, un oro olimpico a cronometro, svariate brevi gare a tappe in una collezione che quest'anno è stata praticamente completata con il Catalogna, conquistato dopo la seconda vittoria alla Tirreno.
Le uniche due corse, Tirreno e Catalogna, che Roglic ha disputato prima del Giro. En plein di vittorie profilasi all'orizzonte per questo suo 2023 senza macchie. Ma anche un approccio che speravamo di non vedere più nel ciclismo di vertice, poche corse e tante assenze, dettate certo dai necessari ritiri in altura, ma ugualmente difficili da digerire per gli appassionati.
Il punto è che Roglic è stato talmente chirurgico, capace di stagliarsi sugli avversari proprio al momento opportuno, né un giorno prima né un giorno dopo, che viene pure difficile dirgli “cosa ti sarebbe cambiato se avessi fatto le classiche delle Ardenne prima del Giro?”. Ragioneremo in seguito di questi aspetti, senza dubbio.
Tutt'altro avvicinamento era stato - non nelle presenze in corsa, appena superiori rispetto a quelle dello sloveno, quanto nei risultati del tutto trascurabili - quello di Geraint Thomas. Il gallese è andato vicino a doppiare il Tour 2018 con un bel Giro 2023, e invece si dovrà arrendere al dogma dell'età, ripetuto da quelli che dicono (con ragioni) “ci sarà un motivo se un 37enne non ha mai vinto una corsa rosa!”, certo che stavolta sono andati vicinissimi a essere smentiti. Forse Thomas rimpiangerà (in cuor suo, perché è troppo elegante per rosicare in pubblico) di non aver attaccato un po' di più Roglic, di non aver provato a distanziarlo quando le condizioni forse l'avrebbero permesso.
Invece la logica del trenINEOS in salita ha soffocato la fantasia, tanto quella del pubblico a casa quanto quella dei corridori in gara. La lotta per la generale è scorsa via piatta, increspata giusto da un paio di episodi al Bondone e a Val di Zoldo (invece le Tre Cime da questo punto di vista sono state piuttosto deludenti). Proprio al Bondone Roglic aveva sofferto e non poco: se anziché aspettare l'attacco di João Almeida (splendido terzo alla fine di questo Giro) Geraint e i suoi avessero agito con più anticipo e più creatività? Controprove non ne abbiamo, ma le deduzioni sono liberamente traibili.
Quanto al Giro d'Italia dell'Italia, a conti fatti non è stato deficitario come avrebbe potuto essere: con Damiano Caruso a giustificare ottimamente la nostra presenza anche nella lotta per la generale, bravissimo a blindare con una crono di gran livello il quarto posto in classifica. Il secondo uomo di casa nella graduatoria a tempo è Filippo Zana, autore di un Giro importante (premiato con una vittoria di tappa) e infine 18esimo. Per lui come per altri giovani emersi in queste tre settimane (il pensiero non può che correre al Jonathan Milan maglia ciclamino, ma non solo a lui), la consapevolezza di essersi fatti un nome tra i tifosi: una gratificazione e al contempo un richiamo alla responsabilità di continuare a far bene, ora che più riflettori si sono accesi. Si chiama crescita ed è una cosa bella.
Giro d'Italia 2023, la cronaca della ventesima tappa
La ventesima tappa del Giro d'Italia 2023 era la Tarvisio-Monte Lussari, cronometro di 18.6 km divisa in una parte sostanzialmente pianeggiante di 11 km e un finale su rampe impossibili lungo una stradina mai battuta prima d'oggi da corsa ciclistica. I corridori si sono divisi in due categorie: quelli che - evidentemente poco interessati alla prestazione - son partiti con bici da strada e con quella hanno chiuso la propria prova; e quelli che invece son partiti con bici da crono e alla fine del tratto pianeggiante l'hanno cambiata con quella da strada. La regola era che comunque si dovesse fare il tratto in salita con la bici da strada.
Ogni corridore era seguito lungo la salita da un meccanico in moto che, per essere pronto a ogni evenienza, si portava un'intera bici in spalla: troppo poco spazio in cima per farci stare le ammiraglie; le quali avrebbero dovuto peraltro fermarsi lassù, visto che la stradina è senza sbocco. Per questa ragione le partenze sono state suddivise in tre blocchi da una quarantina di corridori l'uno: tra un blocco e l'altro una lunga pausa per riportare giù tutte le moto.
In una bella giornata di sole il primo a partire è stato Nicolas Dalla Valle (Corratec), ultimo della generale e in compenso primo leader della tappa col tempo di 55'03". Il 25enne nato a Cittadella è stato superato dal 54'12" di Albert Torres (Movistar), che poi è stato scavalcato da Alessandro Iacchi (Corratec) con 54'05"; il primo a scavare un significativo scalino è stati Filippo Fiorelli (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè) con 50'35", quindi sulla hot seat si son seduti Alex Kirsch (Trek-Segafredo) con 50'33" e Stephen Williams (Israel-Premier Tech) con 50'16". Altro scalino con Thibault Guernalec (Arkéa Samsic) e il suo 48'35", scavalcato dal 48'16" di Thomas Champion (Cofidis).
Quest'ultimo pensava di rimanere a lungo leader provvisorio della tappa, e invece poco dopo è stato superato nettamente da Matthew Riccitello (Israel), autore di una prova sontuosa conclusa in 46'19": 21enne proveniente dall'Arizona, il ragazzo era al Giro per imparare ma ha trovato il modo di lasciare pure lui un piccolo segno. Ci si è dovuta mettere d'impegno la UAE Emirates per buttarlo giù dal primo posto: Jay Vine con 46'16" ha appena limato il tempo dello statunitense, ma subito dopo è arrivato Brandon McNulty con un rumoroso 45'30" a mettere tutti a posto. In realtà anche Davide Formolo e Diego Ulissi (48'39" e 48'10") hanno stampato tempi da top ten, a lasciar quasi presagire una giornata speciale per il team di João Almeida.
Se gli UAE chiamavano, gli Jumbo però rispondevano: Sepp Kuss ha scavalcato McNulty in una sfida tutta a stelle e strisce vissuta sul filo dei secondi, appena due in favore del supergregario di Primoz Roglic che ha chiuso in 45'28".
Intanto erano partiti tutti e quindi anche la lotta a distanza tra i primi della classifica. Con 13'56" Damiano Caruso (Bahrain-Victorious), quarto della generale, ha fissato il miglior intertempo dopo 10,8 km, subito abbassato da Almeida con 13'53"; ma pure Roglic ha migliorato l'intertempo, 13'49" per lui; Geraint Thomas (INEOS Grenadiers) invece è passato in 13'51", due secondi peggio del rivale di classifica. I cambi bici: velocissimo per João, un po' più complicato per Primoz, lento per la maglia rosa che ha cambiato pure il casco.
Gli arrivi di alcuni uomini della top ten: Laurens de Plus (INEOS) ha chiuso in 46'27", quinto provvisorio; Andreas Leknessund (DSM) ha fatto 46'12" inserendosi al terzo posto; più indietro Lennard Kämna (Bora-Hansgrohe) col suo 46'41"; Thymen Arensman (INEOS) ha fatto segnare un 45'41" che gli permetteva di scavalcare Leknessund al terzo posto; Thibaut Pinot (Groupama-FDJ) ha fatto un tempone e con 45'22" è passato in testa; maluccio Eddie Dunbar (Jayco AlUla) con 47'26".
Damiano Caruso ha fatto sensazione con 45'18", 4" meglio di Pinot, ma il suo regno non è durato nulla perché subito dopo João Almeida ha abbassato il limite a 45'05". Restavano solo i due sfidanti principali. Al secondo intertempo, al km 14,3, Roglic ha stracciato tutti con 34'03", Thomas gli è passato a 16" e tutto all'improvviso assumeva i contorni del possibile. Ma appena dopo, ecco l'intoppo che a Primoz deve sempre capitare: un problema al cambio, la catena che va giù, l'obbligo di fermarsi, cambiare bici e ripartire, e la tacchetta non entrava, e rimettersi in moto su pendenze superiori al 15%, un colpo veramente basso della malasorte. Ironico, se pensiamo quanto ha fatto parlare la scelta del cambio monocorona da parte del capitano Jumbo-Visma.
Ma troppa gente era salita per lui al Monte Lussari, un tripudio di tifosi sloveni che hanno letteralmente sollevato Roglic in una nuvola di leggerezza e gli hanno fatto riprendere il ritmo, forse anche migliore rispetto a prima. E intanto Thomas non saliva, perdeva sali e speranze, e nonostante il problema dell'avversario gli si allontanava: 29" al terzo intertempo al km 17,8, il sorpasso era cosa fatta. E il margine fino all'arrivo è ulteriormente salito fino ai 40" segnati alla fine. Un 45'03" che condannava il gallese alla più amara delle sconfitte.
Il riepilogo dei risultati dice di Roglic che vince la crono con 40" su Thomas, 42" su Almeida, 55" su Caruso, 59" su Pinot. Il secondo italiano all'arrivo è Filippo Zana (Jayco), 16esimo a 2'42" dal vincitore. Un vincitore a 360°, se è vero che - se supera indenne la frazione conclusiva - si porterà a casa il Giro che ora guida con 14" su Thomas, 1'15" su Almeida, 4'40" su Caruso e 5'43" su Pinot.
E domani il Giro d'Italia 2023 si chiude con la 21esima tappa, 126 km tutti a Roma, con partenza all'EUR, diversione a Ostia e ritorno e infine circuito (6 giri da 13.6 km l'uno) tra alcune delle bellezze più stordenti della Capitale, con finale ai Fori Imperiali, un percorso che sarà vietato sottovalutare a causa delle insidie che possono nascondersi sui sampietrini del centro storico.