Miriam Ve(lo)ce e altre magiche storie
Coppa del Mondo su pista, un altro record italiano per la Vece nello Sprint, e scopriamo una vicenda da film: quella di Kelsey Mitchell. Bertazzo ottavo nell'Omnium, Guazzini-Fidanza seste nella Madison
Ieri eravamo stati sin troppo timidi nel presentare, tra le gare di oggi, la partecipazione di Miriam Vece alla Velocità individuale nella tappa neozelandese di Coppa del Mondo su pista: "proverà a qualificarsi", scrivevamo come se fossimo ancora nel 2018, senza aggiungere un "agli ottavi" che avrebbe reso giustizia alla 22enne di Crema. La quale risponde coi fatti alla faciloneria che a volte sfugge a chi scrive, e non solo stampa un nuovo record italiano sui 200 metri, non solo si piazza all'ottavo posto nelle qualifiche (bastava il 28esimo... su 30, per passare il turno), ma supera anche il turno successivo e per la prima volta approda appunto agli ottavi. Bravissima, super, complimenti al cubo!
Vece è uno dei gioellini della nazionale azzurra su pista e nell'ultimo anno ha fatto segnare progressi che denotano quanto ci stia credendo, e quanto stia lavorando bene per inseguire risultati fino all'altro giorno fuori dalla sua portata. Resta ancora una del gruppone, e del resto non è facile emergere in un ambiente ipercompetitivo come il settore veloce della pista, ma il tempo è dalla sua, e pure il trend in atto: primato italiano un mese fa nella tappa di CDM di Minsk, nuovo primato oggi a Cambridge, un altro decimo limato, altre dieci posizioni scalate. È così che si conquistano le vette: un passetto dopo l'altro.
L'ottavo di finale di Miriam rappresenta l'highlight della giornata azzurra nell'Avantidrome (così si chiama la struttura che sta ospitando la quarta tappa di Coppa del Mondo 2019-2020). Gli altri risultati degli italiani non spiccano particolarmente: seste Vittoria Guazzini e Martina Fidanza nella Madison, ottavo Liam Bertazzo nell'Omnium, 15esima la Fidanza nello Scratch. Si fa quel che si può, in questa parte strana della stagione.
Vece agli ottavi, Voinova vince, Mitchell personaggio da copertina
Il torneo della Velocità femminile è stato a dir poco appassionante, e non solo per la bella novità rappresentata da Miriam Vece. L'azzurra ha chiuso all'ottavo posto le qualifiche col record italiano di 10"844, e ciò le ha consentito di affrontare ai sedicesimi un'avversaria non impossibile, per quanto molto ostica quando è in giornata: l'ucraina Ljubov Basova. La volata secca del primo turno a eliminazione diretta ha premiato l'italiana, che è volata agli ottavi ad affrontare un'altra ucraina, la ben più corposa (dal punto di vista tecnico) Olena Starikova, la quale infatti ha battuto Miriam per poi andare a sbattere ai quarti contro l'australiana Samantha Morton (che era stata la più veloce in qualifica).
In semifinale la Morton ha a sua volta visto infrangersi la propria corsa contro una concentrata Anastasiia Voinova (2-0 per la russa), mentre l'altra semi vedeva una gagliarda lotta tra l'altra russa Daria Shmeleva (qui in maglia Gazprom-Rusvélo) e la canadese Kelsey Mitchell, che alla fine l'ha spuntata alla bella. La Shmeleva avrebbe poi ceduto 2-0 nella finalina per il bronzo con la Morton.
Ora dobbiamo però aprire una parentesona per narrare un po' la vicenda di Mitchell, questa ragazza non più giovanissima, nel senso che ha 26 anni, ma ugualmente è il nome nuovo del seeding. Fino a due anni fa Kelsey era una calciatrice, o perlomeno credeva di essere una calciatrice mentre - è il seguito della storia a dircelo - era una delle più forti velociste al mondo; solo che non lo sapeva. Non lo sapeva perché lei col ciclismo non ci si era mai cimentata.
Senonché c'è da dire che quei geni del comitato olimpico canadese avevano pensato qualche anno fa a un programma chiamato RBC Training Ground: una sorta di talent (ma senza tv) itinerante per lo stato dell'acero, rivolto a giovani tra i 14 e i 25 anni, attraverso cui queste ragazze e questi ragazzi si cimentano in alcuni test di diverse discipline sportive. I dati che emergono vengono studiati e computati, e può finire che un atleta che giocava a pallone (e magari ci si sentiva pure forte e portato) scopra di avere evidenze molto più marcate per un'altra disciplina... diciamo il ciclismo su pista?
Ecco, questo è quanto accaduto a Kelsey Mitchell: a 23 anni ha partecipato per curiosità a questo programma e ha scoperto di essere una ciclista fenomenale, e più o meno in bici non ci andava da quando era una ragazzina, si può dire. Faceva la centrocampista sin dall'età di 4 anni, distribuiva gioco e assist sui rettangoli verdi, amava il fattore squadra dello sport, si sentiva realizzata nei campionati scolastici e universitari di soccer, ma stava sbagliando tutto! Com'era la storia di Einstein e del pesce a cui non puoi chiedere di arrampicarsi su un albero?
I tecnici del ciclopista canadese l'hanno presa e l'hanno messa su un anello, a incominciare da zero una vita nuova. E lei ha preso confidenza con l'ambiente, con il mezzo, con l'enorme portato di novità che quelle incredibili sliding doors le avevano dischiuso davanti. I risultati? Clamorosi a dir poco: subito campionessa nazionale della Velocità nel 2018, si è ripetuta nel 2019 ampliando la collezione di ori a 500 metri e Velocità a squadre, e poi è uscita fuori porta, vincitrice dei Giochi Panamericani nella Velocità in agosto, e poi ha esagerato proprio, trionfatrice dei Campionati Panamericani di ciclismo su pista, due mesi fa a Cochabamba (Perù), prima nella Velocità a squadre con Lauriane Genest (altro prodotto dell'RBC Training Ground), e prima nell'individuale, e non solo prima ma primatista: 10"154 è il tempo che ha fissato sui 200 metri, strappando il record (sì, il record mondiale!) alla leggendaria Kristina Vogel che lo deteneva dal 2013.
È o non è una storia da film?
Torniamo alla gara di oggi: si dà il caso che Mitchell sia un'agonista paurosa, e riesca a dare puro spettacolo non mollando di un centimetro al cospetto di rivali navigatissime. La finale odierna contro Anastasiia Voinova, per esempio: la russa veniva da un percorso netto, la canadese aveva avuto bisogno di gara-3 sia ai quarti (contro la messicana Yareli Salazar) che nella citata semifinale con la Shmeleva. Nonostante ciò, la prima volata della finale l'ha vinta proprio lei, Kelsey, dopo un esaltante, infinito spalla-a-spalla con l'avversaria durato quasi tutto l'ultimo giro.
Voinova ha capito che non poteva scherzare col fuoco. Gara-2 l'ha vinta nettamente, stroncando sul nascere il tentativo di anticipo della canadese. Gara-3, altri brividi potenti, altro spalla-a-spalla di oltre mezzo giro, un corpo a corpo imposto da Anastasiia contro il progetto di Kelsey basato più sulla mera prestazione. Ha dovuto metterci tutta se stessa, la titolatissima russa, per piegare quel concentrato di forza e resilienza che di fatto assurge per noi istantaneamente al rango di nuovo idolo. Battuta sì, la Mitchell, ma solo nei 20 metri finali, e quanta adrenalina ha nel frattempo diffuso nel velodromo neozelandese? E quanto potrà ancora crescere, di tattica e di sapienza, lei che è appena arrivata a questa grande festa della velocità su pista?
Guazzini-Fidanza seste senza rimpianti, Awang torna super nel Keirin
Ci siamo decisamente dilungati ma la vicenda della Mitchell meritava spazio. Rientriamo velocemente nei ranghi con la carrellata delle altre gare. La Madison femminile si è subito indirizzata prendendo la via dell'Australia, e in effetti Georgia Baker e Alexandra Manly l'hanno portata a casa senza grossi problemi, sebbene insidiate a lungo dalle tenaci Daria Pikulik e Nikol Plosaj in maglia polacca. 42 punti per le vincitrici, 32 per le argentate, e terzo posto per la squadra di club del Subway New Zealand Track Team con 19 punti. Ucraina 16, Cina 13, e quindi, sesto posto, Italia a 5 punti, somma di due volate fruttifere (seconde nella terza, quarte nella dodicesima e ultima). Vittoria Guazzini è pure caduta, buttata giù a 40 giri dal termine (ma per fortuna non ci sono state conseguenze), mentre Martina Fidanza ha sprintato come ha potuto, in un contesto in cui si sentiva meno a proprio agio rispetto all'amato Scratch.
Scratch che è andato in scena più tardi, ma qui l'azzurra non ha saputo interpretare al meglio la gara (ed era certo già stanchina dopo la Madison) e ha chiuso con un anonimo 15esimo posto, mentre la lotta per le medaglie veniva monopolizzata da un quartetto di atlete riuscite a prendere il giro (caccia completata ad appena 5 tornate dal termine). Le quattro si sono poi marcate a vista nel finale, dato che la prima di esse a tagliare il traguardo (indipendentemente dalla posizione in gruppo) avrebbe vinto l'oro: la più brava è stata Holly Edmondston, atleta di casa, che ha preceduto la russa Olga Zabelinskaya, l'irlandese Lydia Gurley e la hongkonghese Yao Pang; a un giro di distanza tutte le altre, a partire dall'americana Jennifer Valente, quinta.
Nel Keirin maschile non c'erano italiani e non c'era nemmeno qualche grosso nome della specialità, a partire dai colossi olandesi. In assenza dei colossi, è pure normale che la spunti un minirazzo, il Pocket RocketMan della pista, al secolo Azizulhasni Awang: il simpaticissimo malese è stato implacabile sin dalle qualifiche, non si è fatto intimorire dalla lotta con il temibile Matthew Glaetzer, e alla fine ha conquistato l'oro davanti al mitico Shane Perkins (ex australiano, ora russo con vista su Tokyo 2020 e con maglia Gazprom) e al citato (lui ancora australiano...) Glaetzer.
Bertazzo si ritaglia qualche lampo in un Omnium di stelle
Chiudiamo con l'Omnium, gara vibrante ed equilibrata in cui Liam Bertazzo si è difeso chiudendo con un ottavo posto davvero apprezzabile, se consideriamo i nomi con cui l'azzurro si è dovuto confrontare. Lo Scratch iniziale l'ha vinto il bielorusso Raman Tsishkou, ma ecco subito alle sue spalle alcuni degli spauracchi annunciati, dal greco Christos Volikakis (secondo) al tedesco Roger Kluge (terzo), dall'iridato, il neozelandese Campbell Stewart (quinto) al grandissimo Cameron Meyer (sesto). Bertazzo 12esimo, nella pancia del gruppo.
Nella seconda prova, la Tempo Race, è emersa prepotentemente una coppia nippo-kazaka, con Eiya Hashimoto primo (perché meglio piazzato all'arrivo) davanti ad Artyom Zakharov, 25 punti per entrambi frutto di una caccia durata 10 giri (5 sprint vinti a testa, da bravi bambini) e coronata dal giro conquistato. Subito dopo l'impresa dei due, anche Meyer ha preso un giro (con tre sprint vinti) e tanto gli è servito per prendersi il terzo posto a 23 punti davanti al polacco Daniel Staniszewski (7, conquistati nella prima caccia della gara), a Stewart (5) e al messicano Ignacio Prado (4); qui Bertazzo è stato bravo, ha provato in avvio un attaco durato tre giri e quindi portatore di tre sprint vinti, e con i 3 punti ha chiuso all'ottavo posto, risalendo in classifica al decimo.
A metà gara in testa c'era Hashimoto su Meyer e Campbell, ma il giapponese ha rovinato tutto con un'Eliminazione sciagurata, conclusa al 13esimo posto mentre i suoi rivali facevano faville: primo Stewart, secondo Kluge, terzo Meyer, quarto Volikakis, e per Bertazzo un coraggioso ottavo posto, ottenuto in coda a un allungo di tre giri e buono per scalare un'altra posizioncina in classifica, fino al nono posto prima della Corsa a punti conclusiva.
A questa gara ci si è arrivati con Stewart a quota 104, Meyer a 102, Kluge a 98, Volikakis a 92 e Hashimoto a 84; Bertazzo partiva da 70 punti. Pronti via, lo svizzero Claudio Imhof ha preso il giro insieme a Staniszewski e all'argentino Juan Ignacio Curuchet (figlio di), ma subito hanno risposto con una caccia buona Hashimoto, Zakharov, Prado e il portoghese João Matias. A questo punto - eravamo avviati a metà gara, 100 i giri totali - toccava ai superbig muoversi, e infatti ecco partire Kluge, Stewart e Meyer, accompagnati da Imhof, dallo statunitense Daniel Holloway e da un clamoroso Zakharov, che come una molla era volato davanti un attimo dopo aver conquistato il giro.
Inutile dire che la caccia è stata buona anche per questo drappello, sicché dopo 6 sprint e il giro preso dai favoriti Hashimoto (che era temporaneamente risalito al comando) è stato ricacciato indietro, e Stewart ha ripreso la vetta con 132 punti contro i 126 di Meyer e del rimontante Zakharov, e i 119 di Kluge; il giapponese era a 112; Bertazzo, fin qui non pervenuto, restava a 70, scivolato in 13esima posizione.
L'italiano aveva però riservato per il finale le migliori cartucce, e così (dopo un altro sprint - il numero 7 - vinto da Stewart), è partito in caccia a 27 giri dalla fine, e insieme all'hongkonghese Ka Yu Leung è riuscito a conquistare il giro (oltre a 3 punti nell'ottavo sprint), e a risalire quindi in posizioni di classifica più consone, scavalcando Curuchet, Tsishkou, Matias, Prado e uno stranamente impalpabile Volikakis (0 punti per il greco nella gara finale!).
Tra l'altro il giro è stato conquistato da Liam a 17 tornate dalla fine, e a quel punto era abbastanza tardi perché qualcuno (a meno che non fosse un Meyer... che in effetti ci ha provato, seppur invano) riuscisse a guadagnare altri giri; il finale della gara è vissuto sulle ultime cartucce sparate nelle due volate conclusive, con Stewart che ha vinto la nona su Hashimoto, Meyer e Zakharov, e il cinese Liang Guo che ha fatto bottino pieno nella decima e ultima, con il giapponese e l'australiano piazzati di nuovo secondo e terzo; notevole anche la marcatura reciproca tra Meyer e Zakharov negli ultimi 20 giri, con Cameron che alla lunga l'ha spuntata per esperienza e perché, inequivocabilmente, il fuoriclasse della situazione era lui e non l'altro.
142 punti per Campbell Stewart in totale, 133 per Meyer e 129 per Zakharov; giù dal podio Hashimoto a 123 e Kluge a 119, più lontani Staniszewski a 107 e Imhof a 102, quindi, ottavo, Liam Bertazzo a 93.
Le prove di domani: tra gli uomini avremo Velocità, Scratch (Carloalberto Giordani per continuare a crescere) e Madison (con Michele Scartezzini e Francesco Lamon opposti ad alcuni mostri sacri come i neozelandesi e gli australiani, ma si può lottare per un bel piazzamento); tra le donne Keirin (in cui aspettiamo di rivedere Miriam Vece) e Omnium (con Vittoria Guazzini in cerca di esperienza nella prova multipla). Gare in diretta dalle 4 alle 8 su Eurosport Player o in differita condensata dalle 9 alle 11 su Eurosport 2.