L'esultanza di Primoz Roglic © Jumbo-Visma
Professionisti

Vince Roglic in una Vuelta molto aperta

Lo sloveno si impone nell'ottava tappa della Vuelta a España battendo allo sprint Evenepoel e Ayuso. Bene anche gli altri big Mas, Vingegaard e Almeida. Sepp Kuss è la nuova maglia rossa

02.09.2023 18:28

Quando sull'Alto de Javalambre Evenepoel era stato costretto a cedere il passo nei confronti del duo Roglic-Vingegaard, e tutto ciò mentre Kuss andava a prendersi un successo più che meritato, già sembravano esserci tutti i presupposti per immaginare un dominio incontrastato della Jumbo in queste tre settimane spagnole. Ipotesi che dopo la tappa odierna, in cui ha vinto il secondo giallonero diverso in appena otto giorni, non può essere scartata, eppure appare ora un po' meno probabile. Vero che la Jumbo sembra gestire a piacimento qualsiasi situazione di corsa, permettendosi da sola di arginare un tentativo di fuga composto da trenta uomini non proprio scarsissimi, ma va rilevato come Remco oggi abbia messo alla frusta tutti i favoriti, Primoz e Jonas compresi, seppur senza mai dare l'impressione di poterli staccare, e anche come esista un'altra squadra, la UAE, capace di reggere il gioco di squadra olandese, proponendo a propria volta tre uomini da podio. 

La cronometro probabilmente ridisegnerà in maniera più chiara la classifica, mettendo in ordine favoriti e chiarendo chi dovrà attaccare e chi si dovrà difendere. Certamente in salite e muri da Vuelta Remco si trova incredibilmente a proprio agio e pare poter addirittura giocare all'offensiva, seppur abbia contro un altro grimpeur di pari abilità sui noti mostriciattoli spagnoli, cioè il vincitore odierno Roglic. Ayuso continua a rimanere lì senza mai prendere l'iniziativa e anche Vingegaard sembra star aspettando le sue salite, quelle lunghe e in tappe che ne offrono a ripetizione, per fare la propria mossa.

Tra Primoz e Jonas però c'è un terzo (in)comodo: la nuova maglia rossa Sepp Kuss. Al terzo grande giro, è difficile immaginarsi l'americano reggere per ventuno giorni di fila i ritmi di chi è al primo o al secondo GT ed è per questo che sarà particolarmente interessante osservare come la Jumbo deciderà di usarlo; se tutelare cioè anche le sue chance, magari tenendo buoni a ruota Vinge e Rogla, oppure anticipare anche a costo di sacrificarlo. Al momento ogni ipotesi e ogni scenario sono precoci nello sviluppo di questa Vuelta che sembra in bilico tra almeno una manciata di corridori. 

La cronaca dell'ottava tappa della Vuelta a España 2023

La volata di Oliva vinta ieri da Geoffrey Soupe è stata piazzata in mezzo a due frazioni, la sesta di giovedì vinta da Sepp Kuss e quella odierna, l'ottava, da Dénia a Xorret de Catí lunga 165 chilometri, che risultano molto importante nell'economia dello sviluppo della classifica generale di questa Vuelta a España 2023. Oggi in particolare il disegno strizza l'occhio a chi volesse tentare qualche imboscata, con ben quattro salite a precedere il classico muro da Vuelta, di Xorret de Catí (3.8 km al 11.5% medio, prima categoria), che termina a poco più di tre chilometri dal traguardo e deciderà la frazione. In avvio, dopo una ventina di chilometri, c'è l'Alto de Vall d'Ebo (8 km al 5.6%), seguito dal Puerto de Tollos (4 km al 5.7%), unico GPM di terza categoria tra i tre di seconda che precedono la salita più attesa. Terza ascesa è il Puerto de Benifallim (9.1 km al 5.1%) con scollinamento ai -85, poi il Puerto de la Carrasqueta (11 km al 4.6%) ai -55. 

Come da copione nei primi chilometri pianeggianti la battaglia per entrare in fuga è una lotta senza confine, ma tutti i tentativi vengono ben arginati dalle squadre rimaste fuori dai vari drappelli in avanscoperta. In questo frangente terminano a terra Santiago Buitrago (Bahrain-Victorious) e soprattutto uno dei capitani della UAE-Emirates, il portoghese João Almeida; entrambi ripartono dopo non molto. La fuga, decisamente numerosa, va via di forza lungo la prima scesa, l'Alto de Vall d'Ebo. Trenta i corridori che ne fanno parte: Finn Fisher-Black (UAE), Jonathan Castroviejo (INEOS Grenadiers), Damiano Caruso e Antonio Tiberi (Bahrain), Kenny Elissonde e Bauke Mollema (Lidl-Trek), Ben Zwiehoff (BORA-hansgrohe), Thomas De Gendt, Andreas Kron, Sylvain Moniquet e Lennert Van Eetvelt (Lotto Dstny),Diego Camargo e Julius van den Berg (EF Education-EasyPost), Nicolas Prodhomme (AG2R Citroën Team), Welay Berhe e Callum Scotson (Team Jayco-Alula), Rui Costa (Intermarché-Circus-Wanty), Oier Lazkano e Nelson Oliveira (Movistar Team), Jesús Herrada e Rubén Fernández (Cofidis), Romain Bardet (Team DSM-firmenich), Cristián Rodríguez (Arkéa Samsic, il più vicino alla maglia rossa, 4'01" il suo distacco dalla leadership), Fabien Doubey e Paul Ourselin (TotalEnergies), Javier Romo e Vadim Pronskiy (Astana Qazaqstan Team), José Manuel Díaz e Pelayo Sánchez (Burgos-BH) e Joel Nicolau (Caja Rural-Seguros RGA). In gruppo tira la Groupama-FDJ del capoclassifica Lenny Martinez, coadiuvata da Robert Gesink (Jumbo-Visma): il vantaggio massimo concesso supera i cinque minuti, ma si abbassa appena superata la metà di gara.

De Gendt si inoltra nel territorio sconosciuto, persino per quello che qualche anno fa era considerato “il re delle fughe” (ultimo acuto a Napoli nel Giro ‘22), quello cioè della cavalcata solitaria da lontano, scattando a 111 km dalla fine e guadagnando ben presto un minuto sugli altri fuggitivi. Lungo il Puerto de Benifallim la situazione in fuga viene ribaltata: nel G2 iniziano gli scatti e controscatti e si muovono anche i grossi nomi come Caruso e Bardet, controllati però da tutti gli altri. Prendono quindi il largo, dopo il passaggio al GPM con De Gendt che fa il pieno di punti, Tiberi, Rui Costa, Lazkano, Rodríguez e Romo; il belga, raggiunto ai -78, non riesce a tenere il passo causa crampi. Ad una ventina di secondi, ai -70, ci sono Elissonde, Kron e Prodhomme. A 55" gli altri fuggitivi, ancor più staccati Mollema e Van den Berg, entrambi dei Paesi Bassi, mentre il gruppo maglia rossa paga quasi 4' alla testa virtuale della corsa.

I tre contrattaccanti, Elissonde, Kron e Prodhomme, rientrano sulla testa lungo le prime pendici del Puerto de la Carrasqueta ai -63. Poco più tardi però tornano sotto anche tutti gli altri, azzerando così la situazione che si era venuta a creare sulla salita precedente. Caruso sembra particolarmente in palla: attacca una volta e Bardet risponde; alla seconda invece il francese, non brillantissimo, deve cedere il passo. Solamente Berhe e Moniquet seguono il ragusano, raggiunti in prossimità del GPM anche da Lazkano, Rui Costa e nuovamente da Rodríguez. Anche gli inseguitori, non troppo lontani, possono però sperare di rientrare nel segmento in discesa, falsopiano e pianura vera e propria che precede il muro di Xorret de Catí. Il plotone, sempre guidato da un encomiabile Gesink, transita a 3'20". Se ci fosse la volontà, i big della generale potrebbero anche giocarsi la vittoria parziale.

E l'intenzione, almeno da parte della Jumbo, sembra esserci eccome, tanto che ai -45 Dylan van Baarle arriva in testa a dar man forte a Gesink. Davanti a tutti intanto si forma un quartetto: Caruso, Kron, Lazkano e Rui Costa allungano nel tratto di falsopiano sugli altri fuggitivi, collaborando con decisione per difendersi dal ritorno dei soliti gialloneri. La restante parte dei trenta uomini che si erano uniti inizialmente per andare a caccia della vittoria si sciolgono per mancanza di gambe e ai -25 su di loro balza il gruppo. A questo punto il quadro dello gara è il seguente: guidano Caruso, Kron, Lazkano e Rui Costa, a 45" si trovano Camargo e Van Eetvelt e a 1'25" il gruppo maglia rossa.

Ripresi Camargo e Van Eetvelt ai -11, alla Jumbo restano da rimontare esclusivamente i quattro battistrada, i quali però a cinque chilometri dall'inizio del muro hanno solo 50" di vantaggio, un margine decisamente troppo esiguo affinché possano sperare di sopravvivere al ritorno dei big, anche perché al vero e proprio inizio dell'ascesa possono contare solamente su 30". 

Jan Tratnik e Attila Valter (Jumbo) tengono alto il ritmo all'inizio del muro, prima che giungano davanti i lupacchiotti del Wolfpack per Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step). Louis Vervaeke e Mattia Cattaneo lanciano il loro capitano, mentre la fuga viene ripresa e la maglia rossa Martinez perde terreno e viene aiutato da Michael Storer (Groupama) a non affondare, mantenendo comunque un buon passo. Quando il campione belga inizia nella propria progressione a due chilometri dal GPM solamente Primoz Roglic, Jonas Vingegaard e Sepp Kuss (Jumbo), Juan Ayuso e Marc Soler (UAE) ed Enric Mas (Movistar) gli tengono la ruota, mentre Almeida è un po' staccato ma al suo solito sale di giri con il passare dei metri, rientrando poco più tardi nel drappello dei big, da cui nel frattempo è uscito Kuss. Lo statunitense, secondo nella graduatoria generale, ha il via libera dei propri capitani, che possono così rimanere a ruota di Evenepoel per tutta la salita. Anche una volta che Sepp è ripreso, Remco decide comunque di rimanere davanti cercando di staccare tutti con il suo solito devastante ritmo sul passo, ma Roglic, Vingegaard, Ayuso e Mas rispondono presente, mentre Soler, Kuss e Almeida mollano qualcosina prima di rientrare in discesa.

Gli ultimi 500 metri tendono nuovamente leggermente all'insù, ma a Evenepoel poco importa: l'iridato a cronometro non lascia la prima posizione e ai 300 metri lancia una volata infinita. Roglic lo affianca ai 150 metri e va a prendersi la vittoria, voluta e conquistata con grandissima forza di volontà ed enorme sforzo da parte della squadra. Il segno che anche lo sloveno è in linea per la conquista della sua quarta Vuelta. Alle sue spalle concludono Evenepoel secondo e Ayuso terzo, mentre Mas, Vingegaard, Almeida, Kuss e Soler si prendono un buco di 2". Martinez chiude con un gap di 1'10" dal vincitore. La nuova generale vede in rosso Kuss, con Soler a 43" e Martinez a 1'00". Evenepoel è sesto a 2'31", Roglic settimo a 2'38" e Vingegaard ottavo a 2'42", con lo stesso tempo di Mas. Ayuso paga 2'52" dall'americano, Almeida invece 3'09".

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Domani altro arrivo in salita, ma la frazione nel complesso è meno dura e sembra perfetta per la fuga: da Cartagena a Caravaca de la Cruz per 180.9 chilometri e due soli GPM, uno di prima categoria da affrontare nella prima parte e poi appunto l'ascesa conclusiva verso l'Alto Caravaca de la Cruz (8 km al 6%, ma a 3km dalla fine inizia un tratto lungo 1.8 km con pendenze proibitive che potrebbe decidere il vincitore di tappa).

 

 

 

 

 

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