I team 2018: Team Dimension Data
La squadra africana ha sempre Boasson Hagen e Cavendish come capitani. Il cavallo di ritorno Meintjes ha in mente il Giro, Slagter punta le classiche
Il 2017 è stato un anno con poche luci e molte ombre per il Team Dimension Data. Sfortunato a livello di infortuni, i sudafricani sono comunque riusciti a vincere sia al Giro che al Tour, risultate però le uniche affermazioni, oltre a una tappa all'Abu Dhabi Tour, nel World Tour. Sono sei gli acquisti effettuati dalla dirigenza diretta da Douglas Ryder, il quale sta aprendo sempre più il progetto a una dimensione globale piuttosto che a quella iniziale incentrata quasi esclusivamente sul ciclismo africano. La speranza per il 2018 è di consolidare il rendimento anche nelle prove di medio livello del massimo circuito, ossia quelle in cui i bianco-verdi-neri risultano meno efficaci.
ROSA
Igor Antón (Spa, 1983), Natnael Berhane (Eri, 1991), Edvald Boasson Hagen (Nor, 1987), Mark Cavendish (Gbr, 1985), Stephen Cummings (Gbr, 1981), Scott Davies (Gbr, 1995), Mekseb Debesay (Eri, 1991), Nicholas Dlamini (Rsa, 1995), Nick Dougall (Rsa, 1992), Berhard Eisel (Aut, 1981), Amanuel Gebreigzabhier (Eri, 1994), Ryan Gibbons (Rsa, 1994), Jacques Janse van Rensburg (Rsa, 1987), Reinardt Janse van Rensburg (Rsa, 1989), Benjamin King (Usa, 1989), Merhawi Kudus (Eri, 1994), Louis Meintjes (Rsa, 1992), Lachlan Morton (Aus, 1992), Ben O’Connor (Aus, 1995), Serge Pauwels (Bel, 1983), Mark Renshaw (Aus, 1982), Tom Jelte Slagter (Ned, 1989), Jay Robert Thomson (Rsa, 1986), Scott Thwaites (Gbr, 1990), Johann Van Zyl (Rsa, 1991), Jaco Venter (Rsa, 1987), Julien Vermote (Bel, 1989)
L'ANALISI
CORSE A TAPPE: Le due stagioni trascorse con la Lampre/UAE Team Emirates hanno permesso a Louis Meintjes di effettuare un nuovo salto di qualità, confermandosi in entrambe le occasioni all'ottavo al posto del Tour de France. Il minuto scalatore cambierà il suo programma di gare nel 2018, prendendo parte per la prima volta in carriera al Giro d'Italia. L'obiettivo della vigilia è quello di essere in lotta per le prime cinque posizioni, traguardo che può essere suo a patto di un deciso salto prestazionale nelle cronometro. E sarebbe piacevole vederlo finalmente più arrembante e meno conservativo: una carriera alla Zubeldia, senza alcuna offesa per il basco, può e deve essere evitata. L'atavico problema del livello medio nelle frazioni di montagna rimane: Meintjes, infatti, non potrà contare su carte allettanti a supporto, se si eccettua il veterano belga Serge Pauwels, ormai trasformatosi in gregario da grandi giri. L'esperto spagnolo Igor Antón appare a fine corsa mentre gli eritrei Natnael Berhane, Mekseb Debesay e Merhawi Kudus rimangono dei grossi punti di domanda: gli ultimi due hanno mostrato a sprazzi buoni numeri. Appunto, a sprazzi. Discorso che vale anche per l'australiano Lachlan Morton, che riesce a essere competitivo solamente nelle corse a tappe di una settimana fuori dall'Europa. Il suo giovane connazionale Ben O'Connor ha vissuto un approccio al professionismo non semplice: i numeri per crescere ci sono. Curiosità attorno al rendimento del britannico Scott Davies, reduce dal quarto posto al Giro Baby e capace di ben comportarsi a cronometro, ma che avrà bisogno del periodo di ambientamento con i grandi.
VOLATE: Un'annata completamente da buttare. Questo il riassunto del 2017 di Mark Cavendish, sempre a inseguire la forma migliore dopo svariati problemi fisici. Il britannico, vincitore solamente in un'occasione nella stagione appena trascorsa, ha nel Tour de France il suo principale obiettivo da finalizzare, con la volontà di avvicinarsi sempre più al record di tappe di Eddy Merckx, che lo precede 34 a 30. Gli ultimi due vagoni del treno sono gli amici di sempre Bernhard Eisel e Mark Renshaw, a cui si aggiunge Reinardt Janse Van Rensburg: il sudafricano potrà giocarsi le proprie opportunità nelle prove di minor cabotaggio. Promosso a tutti gli effetti a seconda ruota veloce è Ryan Gibbons, sorprendentissimo neopro' messosi in luce soprattutto al Giro e bravo a tenere anche nei percorsi accidentati.
PAVÉ: Mancare gli obiettivi di inizio anno e centrare sostanzialmente tutti gli altri. Edvald Boasson Hagen ha stentato nella primavera 2018 per poi maturare con l'avanzare della bella stagione. Ma il talentuoso norvegese insegue sempre un risultato di prestigio, leggasi podio, nelle corse sulle pietre, suo desiderio recondito ma sin da quando era uno sbarbatello campioncino col Team Columbia. L'impressione è che il livello medio si stia alzando e lui, giunto, pare, finalmente a maturazione caratteriale e agonistica, abbia ancora qualcosa in meno rispetto ai rivali. Alla voce mancanze vi è anche il gruppo di assistenti: il britannico Scott Thwaites è l'unico elemento che possa garantire aiuto nelle fasi calde fra muri e tratti di pavé. Importante valutare l'impatto del belga Julien Vermote, desideroso di avere maggiori opportunità rispetto al precedente posto di lavoro, alquanto affollato nel settore classiche fiamminghe.
CLASSICHE: Uno dei grandi misteri del ciclismo degli anni '10 è il rendimento di una serie di corridori neerlandesi formati nel vivaio Rabobank, tutti altalenanti fra pochi picchi e troppi fiaschi. L'emblema di tale incontrollata altalena di prestazioni è Tom Jelte Slagter: il ventottenne è giunto nel team con il ruolo di prima punta nelle classiche vallonate e in alcune prove di una settimana. Le gare delle Ardenne, quelle a lui più care, sembrano fuori portata mentre più affini alle sue corde paiono quelle di fine stagione, lui che può contare anche su un discreto spunto veloce. Il talento e l'intelligenza per fare bene nelle prove in linea, anche se la sua specializzazione oltre al tic tac sono ormai le frazioni delle corse a tappe, sono doti pienamente proprie di Stephen Cummings, highlander britannico che non ha voglia di fermarsi. C'è interesse per vedere le risposte tra i grandi del sudafricano Nicholas Dlamini e soprattutto dell'eritreo Amanuel Gebreigzabhier, buoni protagonisti nelle gare giovanili, in particolar modo quelle italiane.