Passi da gigante
Il viaggio ciclistico dell'eritreo Nahom Zeray è una inerpicata ascesa verso la scoperta di sé stessi: scalatore ci nasci, e poi vedi lo Stelvio...
"...My dream
Is to fly
Over the rainbow
So high..."
La strada s'inerpica decisa, lasciando ormai alle spalle Bormio e i primi chilometri alberati. La strada s'inerpica perché non può fare diversamente, verso quel selvaggio spettacolo chiamato Stelvio che sa essere compendio di timore e di onirica materia anche quando non lo si affronta attraverso le diaboliche e affascinanti serpentine che si susseguono dopo Trafoi. Venti chilometri abbondanti di supplizio o di lezioni di volo, giacché è difficile trovare un posto migliore per diventare aquile, ciclisticamente parlando. Ci s'innalza sui pedali esattamente come quella strada che inesorabile sale. Infinita, estenuante ma estremamente seducente per chi si sente grimpeur già nell'anima.
Nahom segue di buon passo l'andatura che si fa sempre più perentoria di quei ragazzi che, proprio come lui, vivono la giornata con l'eccitazione e i fremiti di chi può andare a vestire l'agognata maglia rosa. Non ancora quella dei più grandi ma pur sempre maglia rosa è, quella del Giro Next Gen. Segue i colombiani Gomez e Umba, pronti a dare battaglia sul loro terreno prediletto; non perde di vista Staune-Mittet, il predestinato che proprio in questa occasione dovrebbe mostrare la sua forza; osserva la verve di Faure-Prost, Rafferty e Martinelli che come lui qualcosa hanno da dire in un simile giorno. Il giorno in cui Nahom Zeray scala lo Stelvio e, pedalando in quell'infernale incanto, non si capacita probabilmente di come possa esistere un'ascesa simile e con uno scenario che non aveva mai neanche lontanamente immaginato. Ha solo vent'anni lui e il ricordo delle polverose strade della natia Eritrea è ancora ben fresco, in quel pedalare che da passione attraente e improvvisa proietta in un'avventura, in una sorta di missione attorno al mondo in cui finalmente trovare la parte migliore di sé.
Nemmeno lo immaginava magari di diventare scalatore, né che fuori dal proprio paese avrebbe potuto trovarsi subito a suo agio. Il Tour de Rwanda del 2021 invece è stata una sorprendente rivelazione: quei percorsi insidiosi, complicati invece d'intimidirlo lo gasavano ogni giorno di più, tanto da fargli terminare al terzo posto l'ultima tappa col duro muro di Kigali e al nono posto la classifica generale. Un'occasione ben sfruttata per chi non si conosceva ancora del tutto in sella alla propria bici e che a diciotto anni poteva avere la possibilità di svoltare, attirando su di sé l'interesse di formazioni ben più altisonanti. Come il Team Qhubeka, con cui sarebbe potuto passare allo step successivo e coronare un altro sogno: andare alla scoperta del ciclismo europeo. Gli inizi non sono stati facili, giacché adattarsi in strade e contesti completamente diversi a quelli a cui si era abituati è un passo che richiede i dovuti tempi. Già al Medio Brenta, concluso al settimo posto, era chiaro che Nahom non fosse esattamente uno sprovveduto, dotato di una grinta in grado di fargli superare anche qualche brutta caduta, come quelle occorsegli in estate (al Tour de l'Avenir ad esempio). Il nuovo anno però avrebbe portato ulteriori esperienze nella formazione che intanto aveva mutato nome in Q36.5, squadra nelle cui fila il ragazzo si è abituato a gareggiare maggiormente anche coi professionisti.
Con l'arrivo della primavera Nahom Zeray è tornato in Europa ed ha mostrato un piglio già decisamente diverso a quello di dodici mesi fa, apprezzando particolarmente le strade italiane: prestazioni contrassegnate da una buona regolarità ed un'ottima prestazione nella prima edizione della "Sulle Strade di Marco Pantani", conclusa con uno splendido podio in una corsa che prevedeva la doppia scalata ad una salita tosta come il Carpegna. Da lì tutto è proseguito in funzione del Giro Under, approcciato anche attraverso l'impegnativa esperienza dell'Alpes Isère Tour in Francia e con la disputa del Giro dell'Appennino, concluso con un onorevolissimo ventunesimo posto. Per questo lo Stelvio non poteva che essere il giorno più atteso, in cui provare senza timore a far vedere la propria pasta. Ed è lì che si è visto Nahom che tiene botta coi primi, per cedere solamente negli ultimi tre chilometri e terminare ottimamente al sesto posto. Pazienza se verso Pian del Cansiglio la giornata sia stata poi ben più complicata e sia sfumata la top ten (il suo Giro si è concluso con la dodicesima posizione), quelli di Zeray sono stati comunque passi da gigante. Mossi proprio su quello Stelvio che nell'immaginario di ogni ciclista continua a stagliarsi lì, meraviglioso gigante tra i giganti.