Vuelta, innovazione a piccole dosi
Presentato il percorso dell'edizione 2019 con salite inedite, sterrato, una bella crono ma i soliti difetti spagnoli
Negli ultimi anni la Vuelta a España è stata una corsa a tappe in versione edulcorata: frazioni corte, salite non lunghe ma con pendenze eccessive, trasferimenti monstre, con il risultato di uno spettacolo talvolta effimero. Per l'edizione 2019, la settantaquattresima per il più giovane dei grandi giri, l'andamento non pare discostarsi completamente, purtroppo.
Una delle poche note positive è data dall'aspetto logistico: finalmente aboliti i maxi trasferimenti, se si eccettua quello in occasione del secondo giorno di riposo. Come spesso capita, date le dimensioni del paese, diverse zone vengono saltate a piè pari: stavolta tocca all'Andalusia, baciata nel 2018 con una settimana intera di tappe e ora tralasciata. Piace questa Vuelta per la volontà di innovare con raziocinio, con l'ultima frazione chiave per la generale che lascia però l'amaro in bocca.
Quello che non continua andare è la lunghezza complessiva (3272 km, contro i 3518 del Giro e i 3460 del Tour) e quella delle singole tappe: nessuna supera i 200 km, peggiorando il già misero elenco del 2018, quando la sola tappa intermedia di Luintra oltrepassò la soglia con 208.5 km. Anche in questo caso il confronto con le avversarie è imbarazzante: il Giro 2019 avrà ben otto tappe sopra i 200 km (tre sopra i 230), il Tour sette (una sopra i 230).
Paiono ancora troppi gli otto arrivi in salita. Vuol dire più un terzo delle tappe, fra un paio rampe improbabili e traguardi più seri come quelli di Puerto del Acebo e di Alto de la Cubilla. La frazione migliore pare l'unica di montagna con arrivo in discesa, ossia quella di Becerril de la Sierra. C'è il tappino, come d'abitudine, ma se il tracciato ci sta, qualche dubbio lo lascia il posizionamento nella prima settimana, con una classifica verosimilmente molto corta. Insomma, anche quest'anno nulla che attiri veramente l'attenzione. E il Giro ringrazia.
Primi giorni più morbidi del solito
Come noto da tempo, la partenza di sabato 24 agosto sarà con una cronometro a squadre a Torrevieja, ridente località nella Costa Blanca. Tracciato cittadino di 18 km, pianeggiante e molto veloce, in cui le squadre dei favoriti potranno fare la differenza. Domenica 25, diversamente dall'ultima edizione, a battagliare per il successo saranno i velocisti capaci di tenere sulle salitelle: la Benidorm-Calpe di 193 km ha un paio di gpm all'inizio e una a 25 km dal termine, prima di un successivo dentello. Tappa da Sagan più che da sprinter puri.
La conclusione del trittico inaugurale è, questo sì, per le ruote veloci: lunedì 26 la Ibi-Alicante di 186 km è cosa per loro. E stranamente anche martedì 27 tocca agli sprinter: la Cullera-El Puig di 177 km è ancora più agevole rispetto a quella precedente, nonostante il Puerto del Oronet a 45 km dal traguardo. Un inizio soft mancava dall'edizione 2015, con vittorie di Bouhanni, Matthews e Degenkolb (due volte) dopo l'apertura con la cronosquadre.
Javalambre come prima fatica, ritorna la rampa di Mas de la Costa
Il primo arrivo in salita arriva mercoledì 28: dopo il via valenciano di l'Eliana la carovana si sposta in Aragona con dolci saliscendi prima di affrontare l'ascesa finale, quella che porta all'osservatorio astrofisico di Javalambre. L'ascesa misura 11.6 km e presenta una pendenza media attorno al 7.5%. Giornata (di 165.6 km) sicuramente interessante e tutto sommato una buona scelta come prima tappa di salita.
Giovedì 29 si torna nella Comunidad Valenciana con una frazione scorbutica e che, verosimilmente, vedrà una fuga in porto. Dopo il via da Mora de Rubielos subito due salitelle utili a far partire gli attaccanti; le ondulazioni tornano nel finale, ivi compresa lo strappetto irregolare di 10 km che porta al traguardo di Ares del Maestrat, in una fatica da 196.6 km.
Venerdì 30 ecco il temuto ritorno di quella patologia che colpisce da tempo Guillén e soci, vale a dire il garagismo. La Onda-Mas de la Costa di 182.4 km può essere suddivisa in due parti: pianeggiante a bordocosta la prima, mossa la seconda con cinque gpm compreso quello conclusivo. La rampa misura 4400 metri per una pendenza media dell'11.5% e con punte verso la fine del 22%. La fantasia degli organizzatori ha partorito una gemma: questo è sostanzialmente il medesimo arrivo che, nel 2016, era stato definito come Lucena Camins del Penyglosa, con vittoria di Mathias Fränk. Arrivo in salita numero due.
Il tappino andorrano è interessante ma rischia di essere prematuro
Tappa di trasferimento quella catalana di sabato 31: la Valls-Igualada di 168 km è da fughe e non da velocisti per la presenza del Puerto del Montserrat a 27 km dalla fine. Non sarebbe comunque da escludere che qualche sprinter con doti di resistenza decida di tenere chiusa la corsa, ma ci permettiamo di essere dubbiosi.
La tappa più attesa arriva già al nono giorno di corsa: troppo presto? Verosimilmente sì. La Andorra la Vella-Cortals d'Encamp di domenica 1 ha tutto quel che piace in casa ASO/Unipublic: distanza ridotta (96.6 km), salite in successione e, en passant, tentativo di innovare. Si sale subito dopo la partenza con la Collada de Ordino, quasi 20 km di salita pressoché ininterrotta. Veloce discesa e spazio ad un classico, la Collada de la Gallina, prima salita di categoria especial di questa edizione: 12 km all'8.3% medio, con la seconda metà al 10%. Discesa, un paio di km pianeggianti e nuova salita, la meno impervia Alto de la Comella, che precede l'inedito Alto de Engolasters. Dalla cima l'interessante ingresso di un tratto sterrato pianeggiante di ben 4 km, il Camí de les Pardines, che consente di arrivare all'imbocco dell'ascesa conclusiva di 6.6 km al 7%, la stessa che vide Mikel Landa vincere nel 2015. Va detto, questa è una bella tappa, nonostante la brevità.
Crono all'estero a Pau, Paesi Baschi per fuggitivi
Giornata di riposo all'estero e ripresa, martedì 3, sempre fuori dai confini nazionali. Da Andorra si passa in Francia con il ritorno di quello che, al Tour, è un incubo ricorrente: ebbene sì, Pau è riuscita a conquistare anche un secondo grande giro. Non sarà, però, né una tappa pirenaica né una per velocisti: la decima frazione è infatti l'unica cronometro individuale, con partenza da Jurançon. Ben 36.5 i km totalmente pianeggianti, perfetti per gli specialisti: verosimilmente cambierà più la generale questa tappa che quella andorrana.
Mercoledì 4 nuova occasione per i fuggitivi con la frazione franco-spagnola (o meglio, la frazione fra i Paesi Baschi francesi e quelli spagnoli) da Saint Palais a Urdax-Dantxarinea di 169 km. Decisamente mossa e un finale che tanto ricorda quello del 2016, dove Valerio Conti colse il successo più importante della sua ancor breve carriera. Il banchetto per gli attaccanti prosegue anche giovedì 5 con la Circuito de Navarra-Bilbao di 175 km: le tre salitelle finali, con l'Alto de Arraiz a 7 km dal traguardo, escludono gli sprinter.
Torna Los Machucos, piacciono le tappe asturiane
Gli uomini di classifica torneranno a mettersi in luce venerdì 6 con una frazione dal finale cantabrico. Ben sette le salite nella Bilbao-Los Machucos di 167.3 km; il clou è tutto per l'ascesa conclusiva, la stessa che nell'edizione 2017 vide Chris Froome arrancare e perdere quasi 1'30" da uno scatenato Alberto Contador. Nei 7.3 km che portano al traguardo le pendenze variano costantemente, toccando in due occasioni diverse il 25%. Seconda rampa di garage in una tappa che, potenzialmente, può essere terreno d'attacco anche dalla distanza.
Sabato 7 gli sprinter tornano a respirare, per la prima volta nella settimana, con la San Vicente de la Barquera-Oviedo di 189 km. Guai, dunque, a farsi scappare una simile occasione. Il Principato delle Asturie ospita anche le due seguenti frazioni, ben più attese: domenica 8 quattro le salite nella Tineo-Puerto del Acebo di 159 km. Si parte subito con il Puerto del Acebo, deviando ai meno 2.5 km rispetto all'arrivo del pomeriggio; l'impegnativo Puerto del Connio e il macabro Puerto del Pozo de las Mujeras Muertas sono entrambe salite di prima categoria, ma il piatto forte è l'ascesa finale di 9 km all'8% di pendenza media e punte al 16%. Questa tappa rischia, dunque, di fare una selezione significativa.
Ancor più la gemella di lunedì 9: il via da Pravia dà il là ai fuggitivi, gli uomini di classifica inizieranno a far lavorare i gregari da metà tappa sul Puerto del Marabio e sul notissimo Alto de la Cobertoria, salita davvero infida. Ma il traguardo non sarà qui; gli organizzatori hanno deciso di inserire per la prima volta l'Alto de la Cubilla, fatica di 20 km tondi con pendenza media sì non complicata (poco più del 5%) ma che, accumulata alle fatiche precedenti, è tosta. Il panorama si annuncia spettacolare, ci si augura che anche i 155 km di gara siano della medesima gradevolezza.
Aru, Dumoulin e i ricordi sul Puerto de la Morcuera. Il finale non impressiona positivamente
Il secondo giorno di riposo porta la carovana in Castilla La Mancha, dove mercoledì 11 si riparte per la tappa più lunga (sic) della Vuelta 2019. La Aranda de Duero-Guadalajara misura 199.7 ed è riservata ai velocisti. Agli uomini di classifica o ai fuggitivi della prima ora è, invece, la Colmenar Viejo-Becerril de la Sierra di 180.9 km. Questa tappa provoca sensazioni contrastanti a Fabio Aru e Tom Dumoulin: il primo sorride, il secondo si incupisce. È infatti su un tracciato pressoché speculare che il sardo strappò la Vuelta 2015 al neerlandese: identico il posizionamento del Puerto de Navacerrada, dei due versanti del Puerto de la Morcuera e del Puerto de Cotos. Cambiano solo le località di partenza e arrivo; era stata una gran bella tappa, ha tutto per esserlo ancora.
Venerdì 12 giorno di riposo attivo nella Ávila-Toledo di 163.4 km, penultima occasione per gli sprinter; da menzionare però l'ultimo km in pavé e con una dolce pendenza sino alla linea bianca. Sabato 13, invece, la sfida finale per gli scalatori in una versione che lascia qualche punto di domanda: da Arenas de San Pedro ci si immerge nella sierra madrilena, con la lunga ma soave accoppiata Puerto de Pedro Bernardo e Puerto de Serranillos come antipasto. Continuo su e giù nella parte centrale fino ad una salita abituale della Vuelta, il Puerto de Peña Negra, lungo 15 km ma con pendenza di circa il 6%. Breve discesa, un paio di zampellotti prima dell'arrivo sull'Alto de Gredos: gli ultimi 4 km al 7% scarso determineranno, se non ancora stabilito, il conquistatore della maglia rossa. Questo perché la Fuenlabrada-Madrid di 105.6 km di domenica 15 è l'abituale passerella che farà calare il sipario.