In tanti ci provano, ma a riusHirschi è solo Marc
Vittoria in solitaria per l'elvetico della UAE Emirates nella terza tappa del Tour de Hongrie. Tanti gli attacchi, anche da parte di Bernal, settimo al traguardo. Davanti a lui un buon Matteo Fabbro.
La Ineos ci ha provato, riprovato e provato ancora, rischiando anche di ipotecare la corsa, ma alla fine a prendersi tutto il malloppo, nella terza tappa del Tour de Hongrie, è stato Marc Hirschi. Lo svizzero, escluso da tutti i grandi giri dalla propria squadra per ottenere risultati nelle altre corse, risponde presente e conquista la prima vittoria stagionale, prendendosi anche la maglia gialla, alla vigilia del secondo e ultimo arrivo in salita della corsa. Prima dell’epilogo, la tappa di Pécs ha regalato mille emozione, soprattutto – ma non solo – grazie alla Ineos Grenadiers di un pimpante Egan Bernal: nel secondo dei tre passaggi sul muro di Bárány utca, il colombiano ha forzato il ritmo per lanciare Narvaez, per poi provare a tenere il ritmo dei migliori nella scalata decisiva, arrivando all’ultimo posto nel gruppetto alle spalle del compagno Tulett e di Poole. Un bel segnale, dopo la caduta nel finale della prima tappa.
La cronaca
Già dall’inizio, i protagonisti hanno fatto capire che sarebbe stata una giornata divertente. Dopo qualche tentativo a vuoto, in cinque hanno composto la fuga di giornata: Dries De Bondt, Cameron Scott, Jarrad Drizners, Matúš Štoček e il nostro Filippo Ridolfo. Il 21enne friulano del Team Novo Nordisk, a caccia di punti per la classifica del gran premi della montagna, è riuscito a centrare l’obiettivo di vestire la maglia rossa, svestendola dalle spalle di Štoček, ora leader della classifica a punti. Sul primo passaggio sul muro decisivo, Sebastian Schönberger, Silvan Dillier e Casper Pedersen si sono lanciati all’attacco: i primi due, di lì a poco, si sono riportati sul gruppo di testa, mentre il danese della Soudal-QuickStep è stato frenato da un’improvvida foratura. Nel frattempo, il suo compagno di squadra Fabio Jakobsen, maglia gialla dopo la vittoria di ieri, si staccava insieme a quasi tutti gli altri protagonisti delle prime due tappe.
La corsa è entrata nel vivo a 50 km dalla conclusione, quando Bernal, come raccontato in precedenza, ha attaccato in testa il durissimo muro di via Bárány, mettendo alla frustra tutto il gruppo. Superate le pendenze più aspre, il colombiano è stato rilevato da Narvaez, che in pochi metri ha fatto il vuoto, portando con sé Oscar Onley, co-capitano in casa Dsm, e Finn Fisher-Black, entrato nell’azione più per sabotarla, in favore di Hirschi, che per alimentarla. Tra i tre attaccanti e i superstiti della fuga, è andato a comporsi un gruppo di testa a sei – a comporlo oltre ai tre attaccanti fuoriusciti dal gruppo, De Bondt, Drizners e Schönberger – che ha toccato il minuto e mezzo di vantaggio.
Per un attimo è parso che la sporca mezza dozzina avesse la corsa in pugno, ma in testa al gruppo, dopo un momento di impasse, si sono portate diverse squadre, in particolare la Q36.5 che, anche grazie alla mancanza di accordo in testa alla corsa, ha chiuso sul pericoloso gruppo di testa, quando al traguardo mancavano 17 km. Da qui all’arrivo, il gruppo ha proseguito compatto fino a Pécs, anche grazie al lavoro, tra gli altri, di Caleb Ewan, tra i pochissimi sprinter a cavarsela egregiamente in salita.
È stata ancora una volta la Ineos ad attaccare in testa lo strappo decisivo. Questa volta con Narvaez, a servizio dei compagni dopo averci provato in prima persona, con Bernal e Tulett a ruota. Il colombiano, dopo un paio di centinaia di metri, ha fatto il buco al compagno; buco chiuso da Max Poole, seguito a ruota dal connazionale Ben Tulett. È stato proprio il giovane britannico della Ineos a lanciare, a 1700 metri dal traguardo, il primo, vero attacco sullo strappo conclusivo. Se Poole ha dovuto concedergli una ventina di metri, Hirschi è riuscito a rimanere alla sua ruota, dando l’impressione di non soffrire troppo le progressioni dell’avversario.
Pochi metri alle spalle di Poole, Narvaez faceva il ritmo per Bernal, in compagnia di Onley, Sylvain Moniquet e del corridore di casa Márton Dina. Davanti, Tulett finiva con il pagare la sua esuberanza, lasciando la scena a Hirschi. Lo svizzero, di fatto, non aveva nemmeno bisogno di sferrare un attacco vero e proprio, viste le difficoltà del britannico che, quantomeno, riusciva a rimanere con Poole, sfruttando l’ammorbidimento delle pendenze. La corsa, di fatto, era decisa: l’ultimo chilometro, meno esigente rispetto al resto della salita, vedeva il capitano della UAE Emirates involarsi verso il traguardo, dove è arrivato con 8” di vantaggio su Tulett, che a ruota di Poole aveva recuperato le energie, e 10” sullo stesso 20enne della Dsm; ancora due secondi più indietro, un quartetto composto, nell’ordine, da Moniquet, Onley, Fabbro e Bernal. Matteo, molto bravo a gestirsi, era riuscito a riprendere la coda del gruppetto del colombiano, per andare a centrare il miglior risultato della stagione. A 23” dal vincitore, Voisard, Badilatti e Dina completavano la top ten, con la coppia Israel-Premier Tech degli immarcescibili Fuglsang e Hermans a seguire.
La classifica generale ricalca l’ordine di arrivo, con Hirschi al comando con 10” di vantaggio su Tulett, 12” su Poole e 22” su Onley, Moniquet, Fabbro e Bernal. «Domani sarà un' altra giornata molto dura, è ancora tutto aperto, vediamo come andrà», ha commentato sorridente Hirschi. «È stata veramente dura – ha proseguito il vincitore della Freccia Vallone 2020. Siamo andati forte anche prima del muro nella lotta per le posizioni, poi la Ineos è partita immediatamente a tutta velocità e Tulett ha attaccato molto presto. Ho faticato per rimanergli a ruota, poi quando sono arrivato in cima da solo sapevo che avrei dovuto dare tutto ciò che rimaneva, perché anche gli altri, come me, erano al limite. Sono molto felice, questa vittoria significa molto per me, come ogni prima vittoria del resto». La salita di Dobogókő sarà l’ultimo dei cinque gpm in programma domani, quella su cui si deciderà il vincitore della 44a edizione del Tour de Hongrie.