La settima edizione della Verona Resia Verona © Sport Verona
Cicloturismo

Verona Resia Verona: la randonnée di 600 chilometri lungo le ciclabili dell’Adige

200 ciclisti al via per un percorso di 600 chilometri, che dalla città scaligera porta ai 1504 metri del passo di Resia e ritorno. Un’esperienza impegnativa tra le ciclabili dell’Adige e le difficoltà della notte scendendo la Val Venosta

08.09.2024 18:38

Si è appena conclusa la settima edizione della Verona Resia Verona, una randonnée di 600 chilometri tra le più partecipate del calendario italiano. Questa edizione, infatti, ha visto la presenza di quasi 200 iscritti, un numero decisamente elevato per un evento così impegnativo. Il percorso, quasi interamente su pista ciclabile, si è sviluppato attorno a un dislivello complessivo di circa 4000 metri. Partendo da Villa Guerrina di Montorio, una frazione nel nord della città di Verona, i partecipanti sono stati chiamati a risalire la valle dell’Adige fino al Passo di Resia (1504 metri sul livello del mare) a pochi chilometri dal confine con l’Austria, per poi rientrare nella città scaligera, attraverso un percorso simile, ma mai del tutto identico. Otto i punti di controllo: Loppio (TN), Faedo (TN) e Silandro (BZ), quest’ultimi da incrociare in entrambi i sensi di marcia, Curon (BZ), Avio (TN) e l’arrivo di Montorio (VR). Un’avventura a pedali da percorre in un tempo massimo di quaranta ore, che oltre alla difficoltà data dalla lunghezza del percorso, ha messo a dura prova i randonneur anche per via della pioggia, che a partire dal primo pomeriggio di domenica, si è abbattuta lungo il percorso. 

Né forte né piano, ma sempre lontano 

Quello delle randonnée è un modo di intendere il ciclismo amatoriale piuttosto particolare. Si tratta, infatti, di manifestazioni cicloturistiche generalmente di lunga distanza - con chilometraggi che vanno dai 200 agli over 1000 chilometri - da percorrere senza l’aiuto di mezzi esterni, avvalendosi esclusivamente dei servizi proposti dall’organizzazione o da quanto offerto dal territorio circostante. Il partecipante viene dotato di una traccia da seguire e di una carta di viaggio (oggi sempre più sostituita da strumenti elettronici) da far timbrare nei diversi punti di controllo scelti dall’organizzazione. L’obiettivo è quello di concludere il percorso entro un tempo massimo, che nelle randonnée da 600 chilometri come la Verona Resia Verona è di 40 ore, raggiunto il quale si ottiene un “Brevetto” che sancisce la riuscita della prova. 

A tal proposito il motto di ARI, l’associazione Audax Randonneur Italia che organizza e regola il circuito di queste manifestazioni è proprio “Né forte né piano, ma sempre lontano”, un chiaro riferimento al fatto che si trattata di un mondo in cui l’elemento competitivo, pur presente, è orientato principalmente nella sfida contro sé stessi, il tempo massimo e le fatiche relative alla lunga distanza, piuttosto che contro un avversario. 

Verona Resia Verona: un percorso quasi interamente su pista ciclabile

La settima edizione della Verona Resia Verona ha preso il via sabato 7 settembre, dalla Villa Guerrina di Montorio, alle ore 5.00, ben prima del sorgere del sole. Luci abbaglianti e giubbotti catarifrangenti hanno dato luogo a un lungo serpentone colorato che si è snodato lungo le vie cittadine per poi sgranarsi lentamente lungo la strada che costeggia il Lago di Garda, deviare verso Mori e immettersi nelle ciclabili che costeggiano l’Adige.

Verona Resia Verona, un percorso quasi interamente su pista ciclabile © Verona Sport
Verona Resia Verona, un percorso quasi interamente su pista ciclabile © Sport Verona

Come ci ha raccontato Ivan Folli, un esperto randonneur lombardo, “la particolarità di questa randonnée è che per il 90% del percorso si snoda su ciclabili ampie e tranquillamente percorribili in bici da corsa, separate dal traffico e perciò in totale sicurezza. Per me questo è il vero valore aggiunto perché mi permette di vivere un’esperienza in forte contrasto con quella che vivo quotidianamente nel traffico urbano della Lombardia. Un’esperienza a metà strada tra il viaggio e il cicloturismo, in cui posso godermi i panorami, senza dover badare alle macchine”.

L’arrivo al Passo di Resia e la lunga notte da superare

Dopo aver raggiunto il fiume Adige, i randonneur, ormai sparpagliati lungo il percorso, hanno poi potuto procede a buon ritmo, complice una giornata caratterizzata dal vento a favore, lungo un percorso ciclabile che attraversa le città di Trento e di Bolzano, per poi immettersi nella Val Venosta e iniziare la lunga salita che porta al Passo di Resia, dove ad attenderli c'era il campanile sommerso e l’affascinante lago che lo circonda. 

Il campanile di Curon attende lo scollinamento dei partecipanti della VRV © Verona Sport
Il campanile di Curon attende lo scollinamento dei partecipanti della VRV © Sport Verona

Per la gran parte dei partecipanti, l’arrivo in quota ha coinciso anche con il sopraggiungere della notte. A tal proposito, fino alla scorsa edizione, lungo le sponde del lago di Curon, era previsto un punto di appoggio in cui i partecipanti potevano fare la doccia e fermarsi a dormire all’interno di alcune tensostrutture. Quest’anno, tuttavia, l’organizzazione ha deciso di non rinnovare tale servizio, perché, come ci ha spiegato Stefania Segna, vicepresidente di Sport Verona e organizzatrice di questa randonnée, “l'aumento spropositato dei costi per l'affitto degli spazi nei quali avremmo allestito il dormitorio è stato talmente elevato da impedirci di garantire la nostra politica dei prezzi popolari”.  Anche per ovviare a questo problema, l'organizzazione ha comunque allestito un servizio di bag drop per consentire ai partecipanti di cambiarsi, in vista della lunga discesa e delle possibili temperature rigide connesse alla notte in quota. 

Senza un luogo fisso per il riposo, il passaggio al giro di boa è diventato un momento cruciale per tutti i ranodonneur presenti. Come ci ha raccontato Ivan Folli: “a Resia è il luogo in cui ognuno prende la sua strada. C’è chi decide di tirare dritto senza fermarsi, chi ha dietro un sacco a pelo e cercherà un riparo di fortuna e chi, come noi, proverà a dormire qualche ora in qualche struttura ricettiva”. In una randonnée così lunga trovare il giusto riposo è spesso l’arma fondamentale per riuscire a recuperare le forze necessarie a completare il percorso. Tuttavia, la minaccia della pioggia, che secondo le previsioni avrebbe dovuto abbattersi nel pomeriggio di domenica, non ha permesso ai partecipanti di dormire sonni tranquilli. “Dopo sole tre ore e mezza di sonno, alle 3.45 di mattina abbiamo deciso di ripartire” - ci ha raccontato sempre Ivan Folli. Una scelta certamente non facile, ma “alla fine il grosso del dislivello era stato già affrontato e, nonostante la stanchezza per le poche ore di sonno e per i chilometri ormai percorsi, il morale veniva alimentato dall'osservare come la distanza al traguardo si assottigliava rapidamente”. 

Un’esperienza che mette a dura prova anche gli organizzatori

Alcuni dei volontari prima della partenza © Verona Sport
Alcuni dei volontari prima della partenza © Sport Verona

Se percorrere 600 chilometri in bicicletta in appena quaranta ore può sembrare un’esperienza decisamente estrema, anche organizzare tali eventi è tutt’altro che banale. Come ci ha raccontato Giorgio Murari, presidente di Sport Verona ed esperto ultraciclista, “è decisamente meno faticoso pedalare che organizzare una randonnée del genere”. Raggiunto telefonicamente, dopo una notte in bianco a seguire tutte le fasi organizzative, infatti, la prima cosa che ci ha tenuto è dire è stata: “perdonatemi se vi risponderò in maniera poco lucida, ma non dormo da quasi 36 ore”.

Dopo tutto, il mestiere dell’organizzatore non deve essere affatto facile. Sempre secondo Murari, infatti, “15 giorni prima della data stabilita, si pedala tutto l’evento per fare la traccia precisa e verificare che non ci siano passaggi chiusi o problemi lungo il percorso”. C’è poi il tema dei volontari e di tutte le persone che rendono possibile l’evento, che nella Verona Resia Verona sono circa 50 e c’è, infine, il tema dei ristori e dei punti di controllo da presidiare. Da questo punto di vista, l’organizzazione di Sport Verona ha optato per costruire una partnership con il territorio attraversato. “A tutti gli esercizi commerciali che abbiamo individuato come punto di controllo lungo il percorso non sono state chieste risorse, ma solo la garanzia di tenere il loro locale aperto e a disposizione dei partecipanti in qualsiasi momento e la possibilità di distribuire cibo a prezzi calmierati”. 

Gli ultimi chilometri interamente sotto la pioggia e la soddisfazione del traguardo raggiunto

Se buona parte dei randonneur che ha deciso di passare la notte in bicicletta è riuscita a raggiungere il traguardo di Verona senza incontrale la temuta pioggia, per la gran parte dei partecipanti, gli ultimi chilometri sono stati caratterizzati da un meteo decisamente avverso. Come ci ha raccontato Ivan Folli, infatti, “noi che abbiamo tagliato il traguardo verso le 15.30 siamo stati tutto sommato fortunati, perchè abbiamo incontrato la pioggia solo negli ultimi 40 chilometri. Per i tanti randonner più attardati, invece, la situazione è stata molto più complicata. Ci hanno, infatti, raccontato che la pioggia si è intensificata e ha allagato gran parte delle piste ciclabili e delle strade che caratterizzano gli ultimi chilometri del percorso creando non poche complicazioni ai partecipanti”. 

Nonostante queste ulteriori difficoltà, al pasta party che ha accolto i randonneur al termine delle loro fatiche, i veri protagonisti sono stati i sorrisi e le espressioni di soddisfazione. Completare una randonnée di 600 chilometri, infatti, è motivo di grande orgoglio in quanto rappresenta una sfida vinta con sé stessi. Un traguardo che necessita di allenamento, ma ancor di più di una spiccata capacità mentale per gestire lo sforzo e superare gli immancabili imprevisti che si verificano quando si rimane in sella per così tante ore. 

Come si racconta nell'ambiente del ciclismo delle ultra distanze, infatti, se si guardasse a una randonnée nella sua interezza, la tentazione di girare la bici e ritornare a casa sarebbe fortissima. L'unico modo per superarla è quindi quello di dividerla mentalmente in tanti piccoli sotto traguardi. Detta in altre parole, per usare il proverbio con il quale Ivan Folli ci ha congedato “Come mangiare un elefante: semplicemente un boccone alla volta”.

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Umberto Bettarini
Milanese di nascita, calabrese per vocazione. Dopo la sua prima randonnée, ha assaggiato la famosa “pillola rossa” per scoprire quanto è profonda la tana del Bianconiglio. Da allora è intrappolato in una grave forma di dannazione ciclistica