Tim Merlier urla la propria gioia per l'Europeo vinto © Soudal Quick-Step - GettySport
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L'Italia fa un grande Europeo ma al dunque si perde. Tim Merlier straordinario a Hasselt

Volata clamorosa del belga che batte... i suoi compagni. Olav Kooij e Madis Mihkels sul podio, delusi Jasper Philipsen e soprattutto Jonathan Milan

15.09.2024 18:15

Tim Merlier e un capolavoro di volata per assegnare il titolo europeo numero 9: che spettacolo gli ultimi 300 metri del 31enne nato a Wortegem-Petegem, o possiamo anche dire “nato sui campi di cross”, in ogni caso una carriera su strada che parla di quasi cinquanta vittorie (48 con oggi, per la precisione), tappe vinte al Giro e al Tour, alcune belle semiclassiche, dallo Scheldeprijs a Fourmies, da Brussels a Koksijde, da De Panne a Nokere (tre volte).

Un palmarès che non fa tremare i polsi, mancano le monumento, mancano evidenze in corse più dure dei più classici piattoni fiamminghi; ma comunque consistente, e animato da una capacità di sprintare in maniera furibonda, quando trova i cinque minuti giusti (andate a cercarvi la descrizione dello sprint di oggi, qui sotto).

Aveva spento i fari nell'avvicinamento a questo Europeo, Tim, dopo una stagione in cui aveva vinto tanto e bene: le ultime due corse non le aveva portate a termine (Renewi Tour e BEMER Cyclassics), ma aveva in serbo questo colpo di coda che è una ciliegina su un 2024 che rappresenta l'apice della sua carriera, per quantità (14 successi) e qualità (Nokere, Schelde, tre tappe al Giro, oggi questa perla). Se a Hasselt doveva vincere uno veloce, di sicuro ha vinto un velocista sopraffino. Meritatissimo titolo.

L'Italia di Bennati riempie gli occhi ma non l'ordine d'arrivo

Una prestazione gagliarda, vigorosa, che ha riempito gli schermi di tutto il ciclismo, quella dell'Italia di Daniele Bennati. Una nazionale che ha trovato con l'Europeo un feeling incomprimibile, del resto quattro vittorie in fila dal 2018 al 2021, circondate da altri piazzamenti interessanti nelle restanti edizioni della prova continentale, la dicono lunga su quanto la Squadra (come viene internazionalmente [ri]conosciuta) prenda sul serio un appuntamento che qualcun altro magari tende a snobbare un po'.

Ma non per mancanza di avversari ha brillato oggi la formazione schierata dal ct aretino: ognuno ha fatto il proprio, e alla fine il capitano è stato messo proprio nella posizione in cui doveva essere messo: dietro a due compagni che gli lanciavano la volata ai 500 metri. Dopodiché, il risultato è legato a una somma di tante casualità: scegli una traiettoria anziché un'altra, sbagli la ruota, magari ti ritrovi intruppato e ciao patria. A volte si vince, a volte si resta con un pugno di mosche in mano, tipo il dodicesimo posto di Jonathan Milan oggi. Non è un dramma.

Più che altro il superboy friulano ha scontato quello che solitamente sconta, ovvero una non spiccata capacità di districarsi nei finali: son più le volte che parte da lontanissimo, o che si ritrova chiuso da qualcuno alla cui ruota non avrebbe dovuto trovarsi, delle pur tante che vince. Oggi è stata una giornata di quelle in cui il posizionamento l'ha fregato.

Diciamo infine che l'attitudine di alcuni generosi attaccanti, da Mathieu van der Poel a Mads Pedersen, passando per Matteo Trentin (un terzetto che ci ha riportati al Mondiale 2019), avrebbe meritato ben altro percorso che non questa continua frustrazione di strappetti brevi brevi seguiti da strade che favorivano smaccatamente il compito di chi doveva o voleva ricucire. Aveva ragione il Campione del Mondo: “Questo percorso è troppo facile per me”. Più che troppo facile, lo definiremmo piuttosto insulso, e diremmo lo stesso anche se Milan avesse vinto quella volata.

Campionato Europeo 2024, la cronaca della gara

222.9 km da Heusden-Zolder a Hasselt per l'ultimo atto della rassegna continentale 2024, il Campionato Europeo maschile élite è cominciato con una decina di chilometri di battaglia per andare in fuga culminati con un attacco a cinque attivato da Mathis Le Berre (Francia), Nils Brun (Svizzera), Jonas Rutsch (Germania), Felix Ritzinger (Austria) e Ivo Oliveira (Portogallo). La Francia, magie del ct Thomas Voeckler, era in fuga ma tirava pure dietro, con Rémi Cavagna piuttosto impegnato.

Anche l'Italia ha partecipato al controllo della situazione, dato che quello era il ruolo naturalmente spettante di default alla nazionale che schiera il forse-miglior-velocista-attualmente-sulla-piazza, al secolo Jonathan Milan. L'attivismo del gruppo - mettiamoci anche che l'Olanda non ha fatto mancare qualche pedalata davanti - ha portato il medesimo a portarsi praticamente sulla fuga all'ingresso del circuito del Limburgo, a 120 km dalla fine: troppo presto!

Intanto i battistrada perdevano un pezzo sul muro di Op de Kriezel, out Ritzinger che veniva raggiunto dal danese Mads Würtz Schmidt e dal lussemburghese Arthur Kluckers, usciti dal plotone nel quale gli stress test continuavano, con gli azzurri di Daniele Bennati a ben presidiare le prime posizioni, pronti a infilarsi in qualsivoglia contropiede fosse andato a partire in un qualunque momento ics.

“Qualsivoglia contropiede” non l'avresti definito però quello scattato a 113 km dalla fine, innescato da un omone in maglia iridata: ipse, Mathieu van der Poel. Ai -112 il terzetto intercalato si è riportato sui quattro rimasti al comando, il margine sul gruppo era di 50"; poco prima era stato di soli 20", al massimo aveva toccato il minuto e quarantacinque, insomma tutto il contrario di una fuga con una minima chance di riuscita. La corsa si svolgeva dietro, indubitabilmente.

Dicevamo dell'omone iridato. A lui si sono accodati alcuni avversari di notevole qualità: i danesi Mads Pedersen e Søren Kragh Andersen, il belga Jordi Meeus, l'italiano Matteo Trentin, anche, correttamente posizionato sulle ruote dei suoi vecchi amici di Harrogate. Mike Teunissen ad aiutare Mathieu; un paio di seconde linee (con rispetto parlando) come il polacco Michal Paluta e l'ungherese Erik Fetter.

Un drappello troppo ben assortito perché il gruppo non reagisse, e segnatamente Francia e Svizzera, che hanno riportato tutti sotto tutti, conducendo a un raggruppamento generale a 106 km dalla conclusione: i contrattaccanti avevano praticamente raggiunto i primi, ma contemporaneamente si consumava il ricongiungimento da dietro.

Una fase centrale fatta di un attacco dietro l'altro

Una nuova azione è partita ai -104 sullo Zammelenberg, l'ultimo dei quattro strappetti ufficiali del circuito limburghese, una decina di uomini tra i quali ancora Trentin e Mirco Maestri; il controllo del plotone si esprimeva ferreo nei confronti di qualunque possibile pericolo, e nemmeno tentativi di corridori meno in vista trovavano agio.

Il secondo giro del circuito ha visto un certo attivismo dei tedeschi in testa, ma quando si è trattato di pavé è stato di nuovo Mathieu a muoversi, sul muro di Manshoven ai -92: i tentativi del Campione del Mondo erano la certificazione dell'insulsaggine del circuito: se neanche lui riusciva a scavare buchi superiori ai 5"…

Il secondo passaggio da Op de Kriezel, ai -88, ha visto il tentativo di evasione del francese Hugo Page, ma subito ai -87 è arrivata la nuova sgasata di Mathieu, seguito da un attentissimo Trentin e dal danese Mikkel Bjerg; il fuoriclasse nato a Kapellen aveva capito che se c'era un tratto su cui provare l'affondo era proprio quello di Op de Kriezel. Fatto sta che stavolta un piccolo margine è stato scavato, misurabile nell'immediato sui 20-25".

Ma di nuovo la Francia si è incaricata di ricucire, supportata dalla Germania ma anche dal Belgio , e il percorso permetteva più cose agli inseguitori che agli attaccanti, sicché il terzetto è stato ripreso ai -79 da un'avanguardia del gruppo che si era sganciata dal resto e che è andata a chiudere: una ventina di corridori al comando con Maestri e Jacopo Mosca entrati a supportare Trentin.

Neanche il tempo di fare l'appello dei presenti, che l'azione è stata pressocché annullata, ma intanto eravamo giunti sullo Zammelerberg ai -73 e qui l'olandese Mike Teunissen è scattato con Pedersen a ruota, e sui due è rientrato anche un generosissimo Trentin. La diversione è durata poco, ma giusto il tempo per rianimare la reazione degli altri del drappellone, che hanno così riallungato sul peloton.

Ci ha provato per un attimo Rui Oliveira, francobollato dall'oranje Danny van Poppel, quindi ai -67 nuovo allungo di Pedersen marcato da Mosca, e la ventina al comando si è riunificata in vista della chiusura del secondo giro del circuito. Dentro c'erano gli olandesi Van der Poel, Teunissen, Van Poppel e Pascal Eenkhoorn; Hugo Page con l'altro francese Eddy Le Huitouze; i belgi Laurenz Rex, Jonas Rickaert ed Edward Theuns; i danesi Bjerg e Kasper Asgreen con Pedersen; il norvegese Alexander Kristoff, il tedesco Jannik Steimle, gli estoni Madis Mihkels e Norman Vahtra, lo spagnolo Francisco Galván; ovviamente il tris italico Trentin-Mosca-Maestri.

Il vantaggio dei venti è arrivato a mezzo minuto ma ai -62 tutto è stato annullato. L'andazzo era questo e si era capito, ma ciò non fiaccava l'attitudine di quelli che volevano a tutti i costi anticipare la volatona. Sicché ai -59, sull'ultimo Manshoven, un clamoroso Kluckers ha riaperto la contesa, contenuto da Theuns e Davide Ballerini; quindi sono rientrati Laporte, Kragh Andesen e Van der Poel, e poi gli altri da dietro. Tutto da rifare l'abbiamo già detto?

L'ultimo assalto delle forze contrarie al volatone

Le speranze degli attaccanti erano riposte sul terzo passaggio da Op de Kriezel, che si era capito essere l'unico muretto che garantiva un minimo di vera selezione, e qui ai -55 è scattato un super Pedersen, seguito da Van Poppel e ancora Kluckers nella giornata della vita; poi è rientrato Laporte, poi sono arrivati il solito Mathieu e Jonas Rutsch, che era già stato nella fuga del mattino.

L'azione è arrivata ad avere un vantaggio di 20-25", l'Italia - che stavolta ha mancato il gruppettino - aveva ancora sufficienti energie per dare impulso all'inseguimento del plotone, di concerto col Belgio di uno Jasper Philipsen fin qui molto coperto. Ai -42, sull'ultimo Kolmontberg, il ceco Pavel Bittner è uscito tutto solo per provare a riportarsi sul sestetto, un'azione tutto sommato con poco senno, data la velocità del corridore, che avrebbe potuto comodamente aspettare di essere portato allo sprint per giocarsi un bel piazzamento. Invece in questo modo Bittner è rimbalzato, venendo ripreso ai -36 dal gruppo sempre tirato dall'Italia (in questa fase con Edoardo Affini in particolare).

All'uscita dal circuito del Limburgo i battistrada avevano 20" di vantaggio e mancavano 35 km alla conclusione: l'inerzia era tutta dalla parte degli inseguitori. Ai -29 si è segnalata una caduta del danese Mathias Norsgaard (finito di faccia in una siepe a bordo strad[in]a) con lo spagnolo Jon Aberasturi, il belga Laurenz Rex e l'austriaco Emanuel Zangerle. Nessuna seria conseguenza per fortuna.

La fuga di Van der Poel, Pedersen e gli altri quattro è stata infine annullata a 25 km dalla fine. Sempre treno azzurro in testa, sempre Edo Affini (e Mirco Maestri) a guidare la carovana. Ai -22 lo svizzero Simon Pellaud ha accennato un allunghetto, giusto per far vedere a casa che stava bene, aveva mangiato e indossato la canottiera.

All'ingresso nel giro finale di Hasselt la Danimarca ha tentato ancora di sparigliare, con Kragh Andersen ai -13 e poi ancora con Asgreen più avanti, ma ormai più nessuno sarebbe potuto sfuggire al ferreo controllo italiano. Il vincitore del Fiandre 2021 è stato raggiunto ai -6, e allora in contropiede si è mosso di nuovo SKA, durato un chilometro e poi ripreso secondo le leggi di natura.

La superba volata di Tim Merlier

L'Italia era pienamente in linea. Ai 1200 metri quattro maglie azzurre davanti, e dietro tutti quanti. Trentin, infaticabile davvero, ha tirato fino alla flamme rouge dell'ultimo chilometro. Poi è passato Ballerini, che per trecento metri è andato alla grande, poi ha un po' rallentato la propria azione o forse è stato il Belgio a entrare in modalità superbia, perché da dietro questi sono arrivati come furie, trainati da Jonas Rickaert, alle cui spalle c'erano Jordi Meeus e Jasper Philipsen.

Non bastasse, ecco che dall'esterno Bert van Lerberghe ha riportato sotto Tim Merlier, andando a congiungersi col resto del treno di casa, proprio mentre Ballerini ai 500 metri si spostava, lasciando a Simone Consonni il compito di completare il lancio, però con gli avversari che avevano a questo punto già messo il muso davanti.

Il bergamasco non aveva probabilmente più la velocità necessaria per fare la differenza in quel momento, e non ha trovato lo spunto per rimettere tutti in fila, intanto che il Belgio sopraffaceva la concorrenza. A ruota di Philipsen avevamo il trenino olandese con Danny van Poppel, Olav Kooij e Mathieu van der Poel a proteggere da dietro; alle spalle di Milan invece il minitreno francese di Arnaud Démare destinato - come Jonathan - al naufragio: come a dire, scegliere la ruota sbagliata.

Quelli che venivano dalla ruota di Merlier hanno avuto un tale slancio da azzardare l'anticipo dei 300 metri (Alexander Kristoff lanciato da Søren Wærenskjold) e dei 200 (Pavel Bittner), mentre Tim era andato ad accucciarsi alle spalle di Philipsen a centro gruppo. Meeus stava già più che lanciando il vincitore della Sanremo, e ai 250 metri - ancor prima dello spunto di Bittner - Merlier ha pensato: “Perché non tentare una mia personale via al successo?”, e ha mollato la ruota di Jasper per cercare fortuna all'esterno (l'arrivo era posto in una semicurva a sinistra).

Ai 200 metri, mentre Bittner lanciato a centro strada subito esauriva la mezza cartuccia che gli era rimasta, Philipsen è partito a sinistra. Merlier contemporaneamente circumnavigava il globo a destra, facendo più strada (era all'esterno come detto) e dribblando tre o quattro avversari, mentre il compagno aveva chiaramente strada libera.

In tutto ciò l'Italia, fagocitata: Consonni, rimasto senza spunto, è presto rimasto senza compagno da lanciare, perché Milan ha cercato di accodarsi al trenino belga ma è stato schiacciato da questo e da quello, da Wærenskjold e da Bittner che rinculavano, e insomma intruppamento regale mentre la vicenda andava a consuntivo pochi metri più avanti.

Philipsen se la sentiva in tasca ai 100 metri, ma l'uragano Tim stava soffiando sull'altro lato e nessuno l'avrebbe più fermato. Addirittura Kooij, che aveva perso la ruota di Philipsen ritrovandosi addirittura dietro ai francesi, ha avuto la lucidità di capire che mettersi al mozzo di Merlier poteva ancora significare medaglia, e infatti con spunto feroce ha proprio preso la ruota di Tim e l'aire di quello l'ha portato al secondo posto, davanti allo stesso Jasper, mentre Merlier vinceva con nettezza sfolgorante.

No, nemmeno terzo Philipsen: quarto, perché l'estone Madis Mihkels era un altro che si era accodato bene (a Kooij, proprio negli ultimissimi metri), e ciò la condotto a spuntarla di uno zinzinello sul blasonato belga, lasciato così giù dal podio, da favorito o quantomeno cofavorito che era; l'altro cofavorito, Milan, solo tredicesimo. Kristoff ha fatto in tempo a prendersiil quinto posto davanti a Pedersen e Bittner, il polacco Stanislaw Aniolkowski, Laporte e il lussemburghese Alex Kirsch hanno completato la top ten, da cui sono rimasti appena fuori Démare e il tedesco Max Walscheid.

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Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!