Elisa Longo Borghini e Katarzyna Niewiadoma sul Paterberg © Lidl-Trek
L'Artiglio di Gaviglio

Bella la Ronde femminile! Ma vuoi mettere la Sanre... ah, no

Mentre l’unico problema delle classiche del nord in rosa è decidere se sia meglio farle arrivare prima o dopo gli uomini, in Italia non le organizziamo nemmeno. Però facciamo 7 inutili ore di diretta integrale della Classicissima!

05.04.2024 21:30

Ma il Giro delle Fiandre femminile è meglio farlo arrivare subito prima o immediatamente dopo la corsa degli uomini? È giusto che a Roubaix le ragazze corrano il sabato anziché alla domenica? E qual è la collocazione temporale migliore per Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi in rosa?

Lasciamo pure a belgi e francesi certe questioni di lana caprina. Noi italiani siamo più avanti! Eh già perché noi, che siamo furbi, le varianti femminili delle nostre classiche monumento nemmeno le organizziamo: e così nell’anno domini 2024 Milano-Sanremo e Giro di Lombardia sono, di fatto, le uniche grandi classiche maschili a non avere un corrispettivo per l’altro sesso (cosa che, invece, ha da anni il Giro dell’Emilia organizzato dal ben più piccolo Adriano Amici). Ma a rimetterci non sono soltanto le ragazze, bensì la portata stessa di corse che si vorrebbero, appunto, monumentali e che invece alla lunga, stante l’andazzo di ignorare l’altra metà del cielo quando siamo ormai nel bel mezzo del XXI secolo, denotano tutt’al più il nostro provincialismo.

RCS Sport ha l'occasione di valorizzare l'intero pacchetto del ciclismo femminile in Italia

Il podio della Strade Bianche femminile 2024 © RCS Sport
Il podio della Strade Bianche femminile 2024 © RCS Sport

E non si capisce davvero cosa aspetti, RCS Sport, ad entrare nel Women's World Tour anche con la Classicissima di primavera e quella delle foglie morte, avendolo già fatto con la Strade Bianche ed apprestandosi, da quest’anno, ad organizzare per la prima volta pure il Giro d’Italia. Vale a dire quello che, in campo femminile, solo fino a pochissimi anni fa era l’unica grande gara a tappa esistente. Ma che nel volgere di una manciata di stagioni è già stata surclassata dal rinato Tour de France e, quel che è peggio, raggiunta se non superata anche dalla Vuelta, a sua volta organizzata da ASO con tutti i crismi a partire, naturalmente, da una produzione televisiva all’altezza della prova maschile.

Perché è inutile girarci intorno: il ciclismo femminile ha compiuto passi da gigante tanto nella sua professionalizzazione come nella sua globalizzazione e, se c’è riuscito, gran parte del merito passa proprio per l’introduzione in calendario delle stesse corse già note al grande pubblico per il loro originale maschile, disputandole nelle stesse giornate e davanti alla stessa platea di spettatori, tanto sulla strada come davanti allo schermo. 

E in Italia? Come al solito, siamo rimasti indietro anche su questo fronte, lasciando in particolare che proprio il Giro Rosa, fiore all’occhiello del movimento, perdesse appeal tra mancanza della diretta tv (cui si è ovviato, sì, ma troppo tardi) e continue incertezze della società organizzatrice. Al punto che, lo scorso anno, chi ancora ne deteneva i diritti si è trovato a metter su la corsa quasi controvoglia, giusto perché doveva, ma senza nessuno slancio, proprio nella consapevolezza che dal 2024 il giocattolo sarebbe passato in mano ad RCS Sport, in virtù di un bando che, se non pilotato, la Federazione aveva scritto avendo già bene in testa il profilo del probabile soggetto vincitore. E senza curarsi della tempistica di assegnazione.

Dopodiché intendiamoci, che l’organizzazione del Giro femminile competa a chi, praticamente da sempre, allestisce anche quello maschile, è di per sé un bene, perché si spera possa contribuire ad un rilancio del prodotto d’insieme. D’altra parte, è esattamente quanto avviene appunto in Francia e Spagna con ASO e in Belgio con Flanders Classic. Ma l’auspicio è che RCS non si fermi al Giro e che, anzi, l’acquisizione della massima gara a tappe italiana rappresenti il primo passo per arrivare, il prima possibile, a proporci quantomeno anche Milano-Sanremo e Giro di Lombardia.

Il rapporto televisivo tra corse maschili e femminili

A quel punto, e solo allora, potremo poi iniziare a sollazzarci anche noi su quando sia meglio organizzare tali corse, e cioè se prima, durante o dopo le omologhe gare al maschile. E qui veniamo all’altro punto che ci sta a cuore: ha davvero senso realizzare le dirette integrali degli uomini, quando si potrebbe dedicare almeno un paio di tutte quelle ore a dare adeguata visibilità alle fasi salienti delle corse delle ragazze? Pensiamo, in particolare, proprio alla Sanremo: ma nemmeno il più feticista degli appassionati di ciclismo può essere davvero interessato a sciropparsi sette ore di diretta, restando incollato alla tv durante l’attraversamento della bassa padana o appassionandosi all’attacco del Turchino!

Non prendiamoci in giro: certe dirette monstre vengono realizzate soltanto per tirare dentro quanti più passaggi pubblicitari possibile ma allora, a maggior ragione, non varrebbe la pena renderle più appetibili e sfruttarle per valorizzare l’intero pacchetto di gare di cui si dispone? Pensiamo a quanto sarebbe più interessante, una volta seguito il via della Classicissima (possibilmente dal Castello Sforzesco, ma ora non chiediamo troppo), ingannare il tempo riproponendo gli highlight delle corse di preparazione (Laigueglia, Tirreno-Adriatico, Strade Bianche e naturalmente, in questo caso, anche quante più corse femminili) che possono essere sfuggite allo spettatore meno attento, per poi passare al live degli ultimi 30-40 km della Milano-Sanremo femminile e, dulcis in fundo, gustarci anche il finale di quella maschile? E tutto questo senza che nessuno impedisca al regista, qualora la cronaca lo imponga, di tornare in qualsiasi momento sugli uomini.

Fantascienza? In fondo non si tratterebbe che di replicare, anche nel ciclismo, il racconto televisivo che da sempre si fa dell’atletica leggera, sport di cui siamo abituati a seguire, in contemporanea, anche quattro o cinque prove diverse, senza per questo perdere di interesse e, anzi, apprezzandone proprio il ritmo incalzante dato da quell’alternanza di emozioni che – diciamocelo – nel ciclismo abbiamo raramente, soprattutto quando non sono contemporaneamente della partita almeno due o tre tra i vari Pogačar e Vingegaard, Van Aert e Van der Poel, Roglič ed Evenepoel, e l’unico presente finisce con l’ammazzare lo spettacolo sul nascere. E nell’attesa di avere finalmente una Sanremo rosa per le mani, perché non anticipare dalla domenica al primo pomeriggio del sabato il Trofeo Binda di Cittiglio – cioè quella che è, ad oggi, la massima corsa di un giorno del calendario femminile italiano – proprio per darla in pasto al pubblico della Classicissima e magari organizzare, all’indomani, anche la prova maschile, sempre all’insegna della parità dei sessi?

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