Hanno sbagliato! No, non potevano fare altrimenti!
Le avversarie di Van Vleuten a Wollongong hanno commesso un errore nel non prendere contromisure per un'azione prevedibile o non avevano scelta? Ospitiamo un confronto tra "accusa" e "difesa". Il dibattito è aperto!
La parola all'accusa (Francesco Dani)
La mossa di Annemiek van Vleuten è stata da manuale del ciclismo: non soltanto lo scatto in sé, ma il modo in cui ha corso per tutto il giorno, rincorrendo con regolarità e tenendosi un'unica cartuccia a disposizione da usare nel momento giusto. Dopodiché questa strategia ha funzionato anche - e oserei dire soprattutto - perché il resto del gruppo le ha permesso di giocarsi esattamente quella cartuccia, esattamente nel momento in cui sarebbe stata decisiva.
Proprio perché una sparata da dietro è da manuale del ciclismo, tutte avrebbero teoricamente dovuto aspettarsi che in caso di rallentamento manifesto a meno di un km dal traguardo qualcuna - indipendentemente da chi sarebbe stata - avrebbe tentato l'inforcata. Quindi già ragionando in modo prettamente statistico si può dire che di 12 atlete soltanto una sia riuscita a compiere questa previsione, fatto abbastanza clamoroso che sicuramente ha consegnato ad Annemiek, evidentemente la più lucida, un successo insperato. È da sempre la mossa al contempo più pronosticabile ed efficace e già soltanto il fatto che soltanto una delle 12 ragazze l'abbia pensata è più che sufficiente per consentire ai commissari tecnici delle altre 11 di dire qualche parolina "dolce", come si suol dire in questi casi per evitare espressioni poco eleganti.
A tutto questo si aggiunge un ulteriore elemento: oggi è stato un caso più unico che raro di Mondiale femminile non dominato dalla nazionale olandese, un'occasione che nessuna delle altre nazionali doveva farsi sfuggire. Per la piega che aveva assunto la corsa, finire per perdere lo stesso dalle ragazze "orange" e per di più da una Van Vleuten con gomito fratturato che ha corso tutto il giorno di rimessa è una beffa clamorosa, un'occasione persa malamente da tutte; persa concedendo deliberatamente alla geniale - questo è innegabile - campionissima olandese l'occasione per fregarle. Infine ad aggravare la statistica precedentemente citata rimane il fatto che la più lucida delle 12 era quella probabilmente meno brillante da un punto di vista fisico, cosa che amplia ulteriormente il divario tra Annemiek e le altre 11 in una valutazione di intelligenza tattica.
Cosa avrebbero dovuto fare? Innanzitutto, era praticamente fisiologico che in quel momento (ricongiungimento tra fuggitive ed inseguitrici) ci sarebbe stato un rallentamento. E proprio perché fisiologico, quell'evento era prevedibile, quindi evitabile. Ovviamente c'è un fatto lampante, ovvero che a parte le due azzurre, nessuna nazionale era presente con più di un'unità e di conseguenza nessuna di coloro che aspettavano la volata poteva far tirare una compagna. Però in quel momento è stato abbastanza clamoroso che:
- nessuna a parte Van Vleuten abbia pensato di sfruttare l'occasione; possiamo dirlo perché son rimaste tutte a cincischiare, mentre se qualcun'altra avesse voluto provare sarebbe stata pronta a mettersi sulla ruota di Annemiek, considerando che ha colto l'attimo ma non ha toccato punte di velocità irresistibili, tant'è che ha allungato da seduta (a tal proposito, vale la pena di sottolineare la scarsa lungimiranza di Labous e Fisher-Black che erano a ruota dell'olandese ed hanno deciso consciamente di non seguirla)
- nessuna si aspettasse un'attacco da dietro, fatto evidente visto che erano tutte con la testa rivolta in avanti in quel momento; bastava accorgersi per tempo che stesse tentando il sorpasso per avere il tempo di mettersi a ruota senza dover necessariamente compiere sforzi irreparabili (per intenderci, non era Saronni a Goodwood, ma nemmeno Ballan a Varese)
Poi è chiaro che una volta perso l'attimo, nessuna volesse tirare sapendo di perdere la volata. Ma era già troppo tardi. Di solito si spiega nelle categorie giovanili che le corse si decidono in pochi momenti cruciali, che a volte durano anche meno di un secondo: oggi ci sono stati almeno 5 secondi di tempo - tantissimi - per tamponare il problema. In quei 5 secondi hanno dormito in 9, mentre 2 sono addirittura scese dal treno in corsa.
La parola alla difesa (Marco Grassi)
Annemiek ha vinto, viva Annemiek. Ma questo basta per gettare la croce addosso alle ragazze che si son trovate a condividere con la fuoriclasse olandese il finale del Mondiale di Wollongong? Deve per forza esserci un errore che spieghi le dinamiche di corsa, o a volte si determinano delle situazioni per cui ciò che avviene è inevitabile? La seconda che ho detto, Vostro Onore.
Dice un vecchio adagio che quanto più una corsa si fa dura, tantopiù tenderà a emergere l'atleta più forte. Oggi, al termine di una gara resa a un certo punto difficilissima anche dalle condizioni meteo, è naturalmente emersa la più forte. Sic et simpliciter. Ultimo chilometro, il gruppetto inseguitore, tirato allo sfinimento da Marlen Reusser, raggiunge le battistrada. Si crea fisiologicamente un rallentamento, appena percettibile perché in testa c'è sempre Ashleigh Moolman che tira e che tiene più o meno in fila le altre. Sono tutte al lumicino, il dispendio è stato enorme e ci sono poche gambe sia tra quelle che erano in testa che tra quelle che le hanno raggiunte.
Kopecky, Persico, Lippert, Ludwig e Sierra sperano legittimamente di ottenere un piazzamento importante (o magari proprio la vittoria) nella volata ristretta, le altre hanno speso praticamente tutto: chi tra loro potrebbe trovare la motivazione o la forza per una sparata da chilometrista? E chi tra loro sarebbe in grado di parare un colpo da ko come quello assestato da Van Vleuten? Risposta facile: nessuna. Non è che non se l'aspettassero, se l'aspettavano pure ma speravano che Annemiek fosse effettivamente troppo giù per estrarre dal cilindro un simile coniglio.
Per dirla tutta, in una situazione del genere chi dà le carte è proprio l'atleta in grado di fare un numero del genere: se non lo fa, pace; se lo fa, le altre sono in un cul de sac, perché la prima che reagisce è anche la prima che perde, superata dalle cicliste che si porta a ruota andando a chiudere sulla finisseur di turno. Lotte Kopecky guarda Annemiek che se ne va sulla destra, ma se la segue sa che Silvia Persico, che sta alla sua ruota, la uccellerà; idem Arlenis Sierra, che è davanti alla belga e pure lei non batte ciglio. Tutte sperano che Van Vleuten si imballi negli ultimi 200 metri, eventualità molte volte vista nel ciclismo, e di spuntarla quindi facendo comunque la propria volata: a quel punto è l'unica possibilità che ciascuna di loro ha per vincere il Mondiale, mentre fare il primo passo per tamponare l'azione di AVV le esporrebbe a sconfitta praticamente certa.
Il massimo che si possono concedere è impostare una volata lunga, e infatti lo fanno, Kopecky per prima. Ma Annemiek non demorde e non perdona, e vince. Le altre scontano non già una presunta insipienza tattica, ma la perfezione dell'atto dell'avversaria, oltre alla scarsità di energie a propria disposizione. In questi casi non c'è troppo di cui rammaricarsi, ma resta solo una cosa: fare i complimenti alla vincitrice, e darle appuntamento per provare a batterla l'anno successivo.