Quando dare l'esempio vale più di una vittoria: alla scoperta di Fariba Hashimi
L’atleta afghana, insieme a sua sorella Yulduz, ha dovuto affrontare l'ostilità dei suoi concittadini prima di arrivare al successo
“Quando i talebani hanno ripreso il potere nel mio paese, ero in Afghanistan: dopo tre o quattro giorni avevano preso il controllo di tutto l'Afghanistan. Non ero preoccupata solo per me stessa, ero preoccupata per la mia gente, ero preoccupata per tutto. Perché la prima volta che si sono trasferiti nel mio paese hanno bloccato tutto per le donne, tutto: la scuola, lo sport. Cosa è rimasto per le donne? Hanno chiuso tutto”.
Così si è espressa Fariba Hashimi ai microfoni dell’emittente televisiva France 24, in seguito alla presa del potere da parte dei fondamentalisti islamici, il 15 agosto 2021. Un clima di terrore aumentato con il passare del tempo, che ha costretto Fariba e sua sorella Yulduz a prendere una decisione drastica, ovvero lasciare la propria terra natale per poter coronare il sogno di diventare cicliste professioniste.
Da allora ne è passata acqua sotto ai ponti, come ha dimostrato la recente vittoria della 21enne ciclista afghana alla penultima tappa del Tour Ardèche. Ma procediamo con ordine e prendiamo coscienza del percorso che ha dovuto fare Fariba, insieme a sua sorella, prima di vedere ricompensati i suoi sacrifici.
Una passione più forte dei divieti religiosi quella delle sorelle Hashimi
La lotta delle sorelle Hashimi per essere accettate come cicliste professioniste parte da lontano. Cresciute nella provincia di Faryab al confine con il Turkmenistan, Fariba e Yuldez sono salite per la prima volta su una bicicletta nel 2017, rispettivamente all’età di 14 e 17 anni.
La loro avventura è iniziata nel momento in cui un annuncio pubblicitario per una gara ciclistica attirò la loro attenzione. Per l'occasione, le due sorelle si fecero prestare delle biciclette e parteciparono alla corsa, vestite da uomini e utilizzando nomi falsi. Il risultato fu che conclusero la gara posizionandosi al primo e secondo posto.
Da allora in avanti, le due donne dovettero tenere segreta la loro passione, all’inizio, persino alle loro stesse famiglie, ma non rinunciarono a gareggiare. Come affermato da Fariba, le due cicliste afghane si presentavano di fatto alle gare con indosso abiti larghi, delle sciarpe e un paio di occhiali da sole per non essere scoperte.
Solo dopo che alcuni giornalisti riuscirono a scattare una foto del volto delle atlete, si alzò un polverone mediatico intorno al loro caso, dato che era vietato alle donne praticare ciclismo. Quanto basta per generare in molti afghani una certa avversione verso le sorelle Hashimi, ad incominciare dalla loro stessa famiglia che temeva per la loro incolumità.
Gradualmente, ottennero il sostegno dei propri genitori, ma non ebbero mai quello della maggior parte della popolazione afghana. Nonostante l'Afghanistan non fosse ancora governato dai talebani, non era raro, infatti, che le sorelle Hashimi ricevessero insulti, minacce e, a volte, subissero lancio di pietre, durante gli allenamenti.
Una situazione che con il passare del tempo degenerò a tal punto, da dover indurre le atlete afghane a stare attente che le macchine non le investissero di proposito. Come quando un conducente cercò di investire Yulduz durante un allenamento, facendole rompere il polso.
E questo perché “alcune persone hanno affermato che andare in bicicletta non è adatto alle ragazze e ci hanno accusato di incoraggiare donne e ragazze a compiere attività immorali”, ha dichiarato Yulduz alla Thomson Reuters Foundation.
Dal ritorno dei talebani in Afghanistan al contratto con il WCC Team
Nonostante i numerosi ostacoli, ben presto le sorelle Hashimi si fecero notare e vennero convocate in nazionale nel 2020. Poco dopo, però, i talebani hanno preso il controllo del Paese e le sorelle hanno dovuto affrontare un dilemma. Restare a casa, con la famiglia e in condizioni non sicure, o andarsene per un'opportunità di continuare a pedalare.
Alla fine, le due cicliste afghane decisero di lasciare tutto per continuare a seguire il loro sogno di diventare cicliste professioniste. Così, con l'aiuto dell’associazione Road to Equality dell'ex campionessa del mondo di ciclismo italiana, Alessandra Capppellotto, si trasferirono a vivere nel nord Italia.
Cappellotto riuscì a vedere in loro doti umane e sportive che le avrebbero portate lontano. Motivo per cui le mise sotto la sua ala protettiva, incominciando a farle adattare al nuovo ambiente italiano fino a permettere loro di diventare delle atlete professioniste, capaci di ottenere buoni risultati a livello agonistico.
Nel 2022, diventarono così tirocinanti nel team italiano della Valcar-Travel & Service, maglia con la quale Fariba divenne campionessa nazionale afghana, superando la sorella, in una competizione tenutasi in Svizzera per i 50 ciclisti afghani che vivono in esilio.
Una prestazione che attirò l'attenzione della Free Palestine, squadra dell'UCI Women's World che decise di puntare su di loro. Una soddisfazione immensa quella delle sorelle Hashimi, che però non le fece distogliere l'attenzione dal loro obbiettivo: “Non me lo aspettavo nemmeno nei miei sogni più sfrenati. Correrò per tutte le donne afghane!”, furono le parole di Fariba al momento della firma del contratto.
In ogni caso, il matrimonio tra il team e le sorelle Hashimi durò poco. Nonostante l'entusiasmo iniziale dello sponsor, Sylvan Adams, e del proprietario della squadra, Ruben Contreras, le due atlete afghane corsero con quella divisa solamente una gara professionistica nel 2023, il Tour de Berlin Feminin.
Dal 2024, Fariba Hashimi corre per il WCC Team, la squadra continentale femminile del World Cycling Center. Con la maglia bianco e azzurra è entrata a far parte della top ten in due tappe del Giro Mediterraneo Rosa, mentre ai Campionati asiatici di ciclismo su strada è arrivata quarta nella cronometro individuale U23.
Dopo la partecipazione alle Olimpiadi, arriva la vittoria alla penultima tappa del Tour Ardèche
Ad agosto la partecipazione alle Olimpiadi di Parigi, palcoscenico ideale per accendere i riflettori sulle condizioni delle donne afghane. Un evento importante, al quale Fariba ha preso parte come portabandiera del proprio Paese, insieme a sua sorella Yulduz, e gareggiato con il tricolore nero, rosso e verde che sventolava su Kabul prima che la città cadesse nelle mani delle forze talebane.
“Mi hanno detto di andare e portare la vittoria sotto la bandiera dell'Afghanistan”, ha dichiarato con orgoglio Fariba. “Mia sorella e io potremmo essere tra le prime ragazze ad andare alle Olimpiadi, ma spero che apriremo la strada ad altre ragazze afghane”. Dimostrando così di non dare troppo peso al risultato sportivo, che l'ha vista arrivare in 75esima posizione alla corsa su strada femminile.
Poi arriva il 7 settembre, giorno in cui Fariba ottiene un successo inaspettato. L'atleta afghana, infatti, trionfa nella tappa regina del Tour Ardèche, la Canourgue-Mont Lozère, lasciandosi alle spalle di 5″ la polacca Dominika Włodarczyk (UAE Development Team). Una splendida vittoria che ha permesso alla ciclista di diventare la prima donna afgana a vincere in una corsa UCI.
Un risultato che, però, è inteso da Fariba come qualcosa in più di un successo personale. Nonostante abbia scritto la storia, la ciclista ha voluto mostrare al mondo che, malgrado le complicazioni, le donne afghane possono fare qualsiasi cosa. Non solo andare in bicicletta, ma anche raggiungere grandi traguardi.
Motivo per cui, quella di Fariba va intesa come una vittoria simbolica, in un momento in cui i diritti delle donne nel suo Paese sono sempre più repressi. Con la speranza che continuare a fare pressione sul governo dei talebani, possa portare a cambiamenti positivi.