Jumbo, un ciclismo oltre Laporte della percezione
Quinta tappa per i gialloneri, a Cahors vince Christophe inventando un finale perfetto. Anticipati gli sprinter, a podio Jasper Philipsen e un bravissimo Alberto Dainese. Breve attacco di Tadej Pogacar (ma forse scherzava), domani crono
La notizia di oggi è che i velocisti chiuderanno il Tour de France forse con il minimo di successi in volata che la storia (almeno quella moderna) ricordi. Faremo delle ricerche in tal senso, ma se riescono a sprintare ai Campi Elisi (e a questo punto non lo daremmo per scontato...) saranno quattro volate in 21 tappe. Gli scarpini di un Cipollini o di un Petacchi si staranno rivoltando intorno al chiodo, ma tra le varie novità del ciclismo anni '20 quest'ultima è una di quelle da non disdegnare: sappiamo tutti quanto possa essere barbosa una tappa per velocisti, per cui - non ce ne vogliano i coraggiosissimi sprinter - quattro o cinque in un grande giro ci paiono un numero più che sufficiente, giusto per rilassarsi un attimo dopo tot giorni.
Che poi, in questo Tour, nemmeno quell'attimo si son concessi, dato che praticamente tutti i giorni c'è stata maretta; prendiamo oggi: una fuga di extraqualità a tenere sotto torchio il gruppo per tre quarti di tappa, poi un contrattacco altrettanto qualitativo negli ultimi trenta chilometri, e un'azione da puncheur per assegnare un successo che - si fosse corso in maniera più lineare, senza tanti colpi di testa - avrebbe arriso di sicuro a un velocista resistente (il primo dei quali, Jasper Philipsen, s'è dovuto accontentare della piazza d'onore; il secondo dei quali, Alberto Dainese, festeggia a 24 anni il primo podio alla Grande Boucle dopo avere, nella stessa stagione, messo a referto un successo al Giro d'Italia). Ma a noi che seguiamo appassionatamente, sono proprio i colpi di testa quelli che piacciono.
Come quello di Christophe Laporte, 29enne che fino a poco fa era piuttosto in cerca di una collocazione nel gruppo (ma del tipo: "Chi sono? Che corse voglio vincere? Quale sarà il mio destino in bici?"), poi quest'anno col passaggio alla Jumbo-Visma ha fatto un salto di qualità, esibito già prima della primavera alla Parigi-Nizza, confermato dalle classiche (un paio di secondi posti a Gand-Wevelgem e Harelbeke) e culminato in un Tour in cui il provenzale ha contribuito alla clamorosa affermazione di squadra (nel capolavoro del Granon c'è pure la sua firma) e ha infine ottenuto la massima soddisfazione personale, di sicuro il successo più bello in una carriera in cui le vittorie erano sin qui venute più che altro in corse di secondo piano. Del team olandese poi che dire? Quinta vittoria parziale in questa edizione della Boucle dopo le due di Wout Van Aert e Jonas Vingegaard, un dominio esagerato in corsa, l'obiettivo a lungo inseguito che si sta finalmente concretizzando: una squadra fenomenale.
Il colpo di testa di Laporte, il colpo di teatro di Tadej Pogacar, e scusate se parliamo ogni giorno di lui anche se il Tour lo vincerà Jonas Vingegaard, ma oggi lo sloveno in maglia bianca s'è inventato una specie di attacco a 33 km dalla fine, nessuno ha capito se facesse sul serio o scherzasse, ma di sicuro il ragazzo non perde occasione per regalare pezzetti di show ogni volta che gli è possibile. Ora che va incontro a questa inattesa, pesante, bellissima sconfitta in terra di Francia, si sta togliendo pure l'aura di imbattibilità che tanta antipatia porta con sé solitamente: insomma sta diventando proprio il corridore perfetto...
Come sono andate le cose oggi? Da Castelnau-Magnoac a Cahors (188.5 km) la 19esima tappa del Tour de France 2022 era una ghiotta occasione per i velocisti, piuttosto trascurati dal percorso della Grande Boucle quest'anno. Si è partiti con la notizia della positività al covid di Enric Mas (Movistar), 11esimo della generale: lo stillicidio da coronavirus continua fino alla fine della corsa, praticamente. Son dovuti passare ben 4 km perché qualcuno attaccasse (il riferimento agli start al fulmicotone che hanno caratterizzato la corsa è volutamente ironico), ma il primo tentativo è stato già buono: l'hanno prodotto Mikkel Honoré (Quick-Step Alpha Vinyl), Quinn Simmons (Trek-Segafredo) e Taco Van der Hoorn (Intermarché-Wanty), poi a loro si sono subito aggiunti Matej Mohoric (Bahrain-Victorious) e Nils Politt (Bora-Hansgrohe). Un quintetto a cui lasciare i minuti, proprio.
E infatti il gruppo, spaventato dalla qualità degli attaccanti, ha lavorato sin dall'inizio per tenere la fuga entro limiti accettabili, con le squadre dei velocisti, BikeExchange-Jayco (Dylan Groenewegen), Alpecin-Deceuninck (Jasper Philipsen) e Lotto Soudal (Caleb Ewan) a darci dentro. Il risultato è stata una media di 51.8 km/h nella prima ora. Il vantaggio, va da sé, è stato sempre moderato, 1'30" al massimo toccato al traguardo volante di Auch ai -150. Poco prima una protesta ambientalista (la terza di questo Tour) ha fermato la corsa per qualche minuto; stavolta la regia televisiva, a differenza dei due precedenti, non ha concesso nemmeno un'inquadratura a chi protestava.
Tirando tirando il gruppo, senza rendersene quasi conto, ha rimesso nel mirino la fuga a 125 km dalla fine: i cinque erano praticamente ripresi, ma così tanto che Politt s'è rialzato; invece Honoré ha rilanciato con decisione un attimo prima che l'azione venisse annullata e ha ridato fiato all'attacco. Dato che i battistrada erano vicini, ai -120 Cyril Barthe (B&B Hotels-KTM) è uscito dal plotone provando a riportarsi sui primi, ma quelli erano in piena accelerazione per cui il francese ha dovuto desistere dopo essere arrivato fino a 5" da Mohoric e gli altri. Un rimbalzone di rara bellezza
I quattro al comando hanno proseguito per un bel po' con un margine comunque sempre inferiore al minuto, poi si sono divisi sulla Côte de la Cité Médiévale de Lauzerte a 53 km dalla fine, allorquando Simmons ha accelerato portandosi via Mohoric, mentre Honoré e Van der Hoorn son rimasti piantati, scollinando a 20"; il gruppo è passato a 40" un po' sfilacciato, e un attimo dopo si è spezzato in due a causa di un po' di vento trasversale; dietro son rimasti corridori come Fabio Jakobsen (Quick-Step), uno dei favoriti per lo sprint, ma anche l'intera UAE Emirates (Marc Hirschi, Mikkel Bjerg e Brandon McNulty), in pratica Tadej Pogacar era da solo nel gruppo maglia gialla. Negli stessi frangenti Filippo Ganna (INEOS Grenadiers) era vittima di una foratura, mentre davanti (ai -48) Simmons piantava in asso Mohoric per involarsi tutto solo.
A 43 km dalla fine anche Pogacar ha forato, non nel momento migliore, tra ritmo sostenuto, vento e squadra un po' sparpagliata (i suoi tre gregari stavano rientrando davanti proprio in quel momento). Rapidamente il quartetto UAE si è formato in mezzo alle ammiraglie, con lo stesso Tadej a tirare gli altri... Comunque nel giro di un paio di chilometri l'emergenza è rientrata, insieme al trenino UAE in gruppo.
Ai 35 km è stato ripreso Simmons, e subito in contropiede è partito Alexis Gougeard (B&B), inseguito (invano) da Pierre-Luc Périchon (Cofidis); dal gruppo si sono mossi pure Hugo Houle (Israel-Premier Tech) e Maximilian Schachmann (Bora), ma la cosa clamorosa è che dietro ai due è andato... Pogacar. Lo sloveno ha pure rilanciato, il bel gioco è durato poco perché poi Wout Van Aert (Jumbo-Visma) è andato a chiudere ai -33, comunque un intermezzo divertente per il quale ringraziamo il solito ispirato Tadej.
Comunque Gougeard era sempre al comando da solo e altri corridori hanno tentato l'evasione, tra tutti Fred Wright (Bahrain) e Jasper Stuyven (Trek) sono stati i più convinti e ai -31 hanno raggiunto il francese. Il terzetto ha guadagnato un mezzo minuto al massimo e ha tenuto bene fino ai 12 km, ma poi è intervenuta nella disputa la Quick-Step (intanto Jakobsen era rientrato) e con una megatrenata di Matteo Cattaneo l'azione dei tre è stata rapidamente annacquata. Restavano però sempre quegli ultimi 10" e non c'era verso di toglierli allo scatenato trio al comando.
I gregari, dopo la trenata di Cattaneo, erano dispersi qua e là e son dovuti intervenire alcuni pezzi grossi per dare una chance all'inseguimento, da Michael Matthews (BikeExchange) a Van Aert, che di fatto ha tirato dai -8 ai -4 prima di spostarsi. Tra le curve di Cahors i battistrada avevano la possibilità di ritardare il rientro del gruppo, e in effetti ci è voluta un'azione di forza, personale, per annullare la fuga. L'ha proposta ai 1500 metri Christophe Laporte (Jumbo), che nel giro di 200 metri si è messo in scia ai primi (la strada tirava all'insù); Wright dalla prima posizione ha insistito, Gougeard gli ha fatto un involontario buco all'ultimo chilometro e Stuyven è rimasto più indietro con Laporte, incaricandosi peraltro di chiudere quel piccolo gap rispetto al britannico.
L'hanno ripreso ai 600 metri, e ai 500 dalla terza ruota Laporte è scattato per andare a prendersi la prima vittoria in carriera al Tour de France. A 1" dal vincitore, in fortissima rimonta (ma insufficiente per la vittoria) Philipsen, un encomiabile Alberto Dainese (DSM), al miglior piazzamento proprio sul finire del Tour, lui che ha già fatto (vincendo una tappa) pure il Giro, e poi Florian Sénéchal (Quick-Step), Pogacar, Amaury Capiot (Arkéa Samsic), Groenewegen, Hugo Hofstetter (Arkéa), Luka Mezgec (BikeExchange) e Caleb Ewan (Lotto); 11esimo posto per Alberto Bettiol (EF Education-EasyPost), non son mancati dei buchi e per esempio Luis León Sánchez (Bahrain), Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan), Adam Yates (INEOS) e Patrick Konrad (Bora) hanno pagato 21", Thibaut Pinot (Groupama-FDJ), Neilson Powless (EF) e Bob Jungels 25", Stuyven (che un attimo prima stava per sprintare!) 31"; Tom Pidcock (INEOS), staccatosi in precedenza, è arrivato con 1'53" di ritardo, Van Aert sgambettando e ridendo col compagno Nathan Van Hooydonck ha chiuso in un gruppettone a 2'26".
Questi assestamenti non spostano praticamente nulla in classifica, tali sono le distanze tra le varie posizioni. Jonas Vingegaard (Jumbo) è la maglia gialla e alle sue spalle vede Pogacar a 3'26", Geraint Thomas (INEOS) a 8', David Gaudu (Groupama) a 11'05", Nairo Quintana (Arkéa) a 13'35", Louis Meintjes (Intermarché-Wanty) a 13'43", Aleksandr Vlasov (Bora) a 14'10", Romain Bardet (DSM) a 16'11", Lutsenko a 20'29", Yates a 20'37" e poi, fuori dai 10 (e tutti scalanti una posizione per il ritiro di Mas), Valentin Madouas (Groupama) a 33'34", Jungels a 42'47", Powless a 45'22", Pinot a 46'33", Sánchez a 47'27", Konrad a 51'58", Pidcock a 54'52", Sepp Kuss (Jumbo) a 58'55", Dylan Teuns (Bahrain) a 1h08'26" e McNulty a 1h26'05" a chiudere la top20.
Domani qualche posizione nella generale potrebbe cambiare perché la 20esima tappa del Tour 2022 sarà la cronometro di 40.7 km da Lacapelle-Marival a Rocamadour, su un percorso apparentemente facile e senza grossi strappi, ma decisamente tortuoso e ondulato. Un'impegnativa sfida finale tra i big prima della passerella parigina di domenica.